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Il «fish and chips» rimane in centro

Turisti in centro a Lazise
Turisti in centro a Lazise
Turisti in centro a Lazise
Turisti in centro a Lazise

Il negozio di «fish and chips» da asporto vince la battaglia legale avviata contro il Comune di Lazise. La friggitoria specializzata nella preparazione di pesce, patatine, panzerotti e altre specialità fritte potrà rimanere in Corso Ospedale, nel centro storico del paese. Lo ha stabilito la sentenza del Tar del Veneto che ha dichiarato illegittima parte della delibera di Consiglio comunale numero 59 del 26 novembre 2019 con cui era stato introdotto un nuovo articolo (il 75-bis) nel «Regolamento unico arredo, decoro urbano, giardini d’inverno, utilizzo e concessione dei plateatici» per individuare alcune specifiche tipologie di attività giudicate potenzialmente lesive di «interessi generali quali la salute pubblica, la convivenza civile e il decoro urbano». Tra queste al primo posto c’erano «attività artigianali o commerciali di produzione, vendita ed asporto di prodotti fritti preparati sul posto quali friggitorie e panzerotterie» e «ogni altra attività di produzione o vendita di generi alimentari che producano fumi od odori che si diffondano sulla via pubblica» come «pesce fresco, cibi etnici quali kebab, sushi, cous cous», mentre nel comma successivo (non annullato dalla sentenza del Tar) il divieto era esteso anche a sexy shop, spazi per cambio valuta e trasferimento di denaro e compro-oro, impedendo l’apertura per tutte queste tipologie di negozi e prevedendo l’adeguamento per quelle esistenti entro 24 mesi dall’entrata in vigore del provvedimento. Misura che di fatto andava a colpire una sola realtà economica, la friggitoria in questione, obbligandola a cambiare prodotto oppure a spostarsi in una zona meno centrale del Comune. Fin dall’apertura, nel marzo 2018, la sua presenza ha creato malumore tra residenti e commercianti di Corso Ospedale e delle vie vicine a causa dei fumi e del forte odore di fritto che si propaga nonostante il locale sia dotato di una cappa a carboni attivi. Valutando il ricorso presentato dalla proprietà del negozio (Cent Srl), i giudici del Tribunale amministrativo regionale hanno rilevato diversi profili di illegittimità della delibera, alcuni dei quali erano stati evidenziati dai consiglieri di minoranza del gruppo I Volontari che avevano votato contro il provvedimento. La sentenza stabilisce innanzitutto che non è possibile «ravvisare la fonte normativa giustificativa del potere esercitato dal Comune». C’è poi il fatto che alla votazione hanno partecipato due consiglieri di maggioranza, Anna Rossi e Fulvio Ziviello, contravvenendo all’articolo 78 del Testo unico degli enti locali in base al quale non avrebbero potuto essendo entrambi, sottolinea il Tar, «in evidente posizione di conflitto di interessi» in quanto titolari di due distinti bar nel medesimo centro storico di Lazise, attività escluse dal provvedimento che specificava come i divieti introdotti non riguardassero gli esercizi di somministrazione alimenti e bevande (mentre la friggitoria è classificata come attività artigianale). Altro motivo di illegittimità è per i giudici la «mancanza di adeguata motivazione e istruttoria» da parte del Comune che giustificasse la necessità della misura adottata, considerata non solo sproporzionata rispetto alla finalità attesa, ma anche causante una «irragionevole e illogica disparità di trattamento». Infatti, riporta la sentenza, «tanto i bar che i ristoranti possono e spesso contemplano la produzione e vendita di alimenti fritti», e poi «l’inquinamento odorigeno non è prerogativa della sola produzione di alimenti fritti» potendo derivare da diversi cibi cotti. Infine, hanno osservato i giudici, i titolari della friggitoria sono in possesso di una legittima Scia (Segnalazione certificata di inizio attività) «non contestata dal Comune», per cui la restrizione introdotta nel regolamento comunale si tradurrebbe in una revoca amministrativa immotivata e «priva del necessario bilanciamento degli interessi» andando a ledere il diritto dei titolari di esercitare l’attività, senza peraltro prevedere alcuna forma di risarcimento per il danno subito. •

Katia Ferraro

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