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Colognola ai Colli

Un angelo con la mascherina. Beatrice e la battaglia con la fibrosi cistica

Colognola ai Colli
Beatrice con la mamma
Beatrice con la mamma
Beatrice con la mamma
Beatrice con la mamma

In molti non sanno ancora cos’è, com’era accaduto a lei, otto anni fa, quando nel reparto maternità, mentre stringeva al petto la sua piccola Beatrice, le comunicarono che era affetta da fibrosi cistica, la malattia genetica più diffusa ma tuttora poco nota.

«Improvvisamente vidi un tunnel nero davanti a me, perché ne sapevo poco, quel tanto che bastava nella consapevolezza di essere portatrice della malattia ma fiduciosa che, essendo il papà della piccola risultato negativo al test di primo livello, lei sarebbe stata sana», racconta Laura Lovato.

Da quel giorno, invece, si è trovata a crescere la figlia facendo i conti con la malattia, mentre il marito, sottoposto poi a esami più approfonditi, ha riscontrato la positività alla fibrosi. Impegnativo il suo impatto con la patologia: «Il giorno dopo la nascita, Beatrice è stata sottoposta a un intervento all’addome per Ileo da meconio, un’ostruzione che si presenta spesso nei bimbi con fibrosi cistica. Ero disorientata», spiega Laura, «e ne sapevo così poco che in ospedale ho subito chiesto se ci fossero altre mamme nella mia situazione, scoprendo che non ero sola. Ho iniziato a frequentare il Centro fibrosi cistica, acquisendo informazioni anche sulle cure che stanno permettendo a Beatrice di vivere nel modo più normale possibile, pur adottando accorgimenti, come l’evitarle luoghi chiusi e affollati dove possono esserci batteri che, se per gli altri bambini sono innocui, per lei potrebbero rappresentare un rischio».

Parla come chi oggi conosce a fondo la patologia, la mamma di Beatrice Ferrari, una bella bambina di Colognola ai Colli dagli occhietti vispi, molto serena ma anche consapevole, nonostante la giovanissima età, dei rischi e delle fatiche che la sua patologia comporta. «È bravissima: assume quotidianamente dai 15 ai 20 medicinali, inclusi gli integratori che le permettono di assimilare i grassi. Si gestisce coi farmaci anche a scuola e ogni giorno a casa si sottopone a un’ora di terapia: fa l’aerosol e esercizi soffiando, con una mascherina, per allenare i polmoni e disostruirli dal muco perché non si depositi causando infezioni», racconta Laura. C’è molta disinformazione; i bimbi malati devono stare lontani almeno un metro dagli altri e a volte mettono la mascherina per proteggere se stessi e non per evitare di trasmettere la malattia, come molti pensano, in quanto, essendo genetica, non è contagiosa». La mascherina di Bea è coloratissima e comunica tutta la gioia che la contraddistingue.

«Solo una cosa comincia a pesarle», dice la mamma: «non poter partecipare alle feste di compleanno in casa degli amici, dovendo evitare spazi ristretti con molta gente». La ricerca medica è fondamentale per il futuro di questi bimbi: «È significativo che, oltre ai reparti pediatrici, oggi ci siano anche quelli per gli adulti affetti da fibrosi cistica, segno che l’aspettativa di vita, ora sui 40 anni, si allunga». Di qui nasce la giornata di sensibilizzazione «Martino in festa», dal nome della mascotte della Lega fibrosi cistica Veneto, la stessa che, col Comune, oggi ha proposto in piazza a San Zeno di Colognola.

Monica Rama

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