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Tamponi, bimbi in coda per due ore

Mamme con i loro figli in braccio all’Unità speciale di continuità assistenziale (Usca) dell'ospedale Fracastoro  FOTO DIENNELa coda per sottoporsi al test del tampone
Mamme con i loro figli in braccio all’Unità speciale di continuità assistenziale (Usca) dell'ospedale Fracastoro FOTO DIENNELa coda per sottoporsi al test del tampone
Mamme con i loro figli in braccio all’Unità speciale di continuità assistenziale (Usca) dell'ospedale Fracastoro  FOTO DIENNELa coda per sottoporsi al test del tampone
Mamme con i loro figli in braccio all’Unità speciale di continuità assistenziale (Usca) dell'ospedale Fracastoro FOTO DIENNELa coda per sottoporsi al test del tampone

Tamponi, ciak si rigira: dopo le proteste che nelle scorse settimane hanno accompagnato l'avvio dello screening Covid-19 sul personale della scuola, il copione delle lunghe code sotto il sole si è ripetuto all'Unità speciale di continuità assistenziale (Usca) dell'ospedale Fracastoro di San Bonifacio. Ad infuriarsi, stavolta, sono state le mamme e i papà di decine di bambini, anche molto piccoli, costretti ad attese anche oltre le due ore per sottoporre i figli al tampone. Qualcuno era in effetti al rientro dalle vacanze, ma altri, la maggior parte, erano bambini delle scuole dell'infanzia mandati a fare il tampone per un naso gocciolante, qualche linea di febbre, occasionali colpi di tosse. «Senza tampone a scuola non si torna, i pediatri ti spediscono qua ma è inaccettabile non prevedere una sorta di corsia riservata per i piccoli. C'è il disagio fisico delle lunghe attese sotto il sole», segnala una mamma che mercoledì è stata in fila due ore, « e il fatto che i bambini sono difficili da contenere. E con troppa gente in attesa c’è l'assoluta impossibilità di mantenere le distanze di sicurezza». Un caos perché l'Usca al piano terra dell'ospedale dell' Ulss 9 Scaligera è il punto di approdono anche di chi, destinato come scrutatore o presidente di seggio per l'appuntamento elettorale di domenica e lunedì, è tenuto al tampone. E in fila continuano ad esserci comunque anche i lavoratori della scuola, autisti degli scuolabus e degi autobus compresi. «Basta un niente per far scattare la procedura e mi domando», diceva ieri un papà in fila, «per quanto il sistema reggerà. Lo si fa per la salute di tutti, ne sono consapevole e, anzi, non posso che ringraziare ma credo che possano esserci anche altre modalità». La pensa così anche la mamma di due bimbi che frequentano, rispettivamente, nido e scuola dell'infanzia: «Qualche linea di febbre e raffreddore e si è bloccata tutta la famiglia: ogni minimo malessere viene trattato come sospetto Covid». «Va bene», aggiunge, «meglio qualche precauzione in più, ma è una questione di organizzazione. Perché non fare i tamponi nei distretti, o utilizzare per questo la stanza che ogni scuola deve mettere a disposizione per l'isolamento o mettere i pediatri in condizione di farli direttamente?». Più di qualcuno lamenta un certo disorientamento: «Arrivo al tampone dopo tre giorni dacchè è iniziata tutta la storia», aggiunge una mamma, «e in tre giorni mi sono sentita chiedere scusa più volte dal pediatra perché le procedure e le indicazioni date un giorno il giorno dopo erano già cambiate». Ieri, dal punto di vista climatico, la situazione era meno opprimente di mercoledì quando lo stesso personale in servizio all'Usca ha deciso di distribuire bottigliette d'acqua alle persone in fila. «È comunque una stuazione precaria perché siamo all'aperto e il disagio rappresentato oggi dalle attese al sole, domani potrebbe essere causato dal maltempo». L'Ulss 9 Scaligera, che sfortunatamente sta mettendo in fila segnalazioni sovrapponibili che arrivano da ognuno dei diversi presidi territoriali approntati, nel prendere atto delle criticità registrate anche a San Bonifacio, oltre ad esprimere le scuse, conferma che la macchina organizzativa accusa qualche difficoltà legata sostanzialmente al numero elevato di richieste. Le cose, già più spedite da quando è stato adottato il tampone rapido, potrebbero ulteriormente migliorare con la messa in campo di una diagnostica più «smart» capace di essere anche meno invasiva. •

Paola Dalli Cani

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