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San Bonifacio

Tampone rifiutato alla ragazza disabile: arrivano le scuse dell'Ulss

Francesca davanti all’ingresso della residenza, a Soave
Francesca davanti all’ingresso della residenza, a Soave
Francesca davanti all’ingresso della residenza, a Soave
Francesca davanti all’ingresso della residenza, a Soave

Le verifiche, le scuse, ma anche il dispiacere: in queste tre parole Loreta Benin racchiude la lunga telefonata con cui ieri l’Ulss 9 Scaligera ha voluto raggiungerla dopo lo spiacevole episodio, accaduto giovedì pomeriggio al punto tamponi dell’ospedale «Fracastoro» di San Bonifacio. La signora è la mamma di Francesca Zeba, diciannovenne disabile, che non aveva potuto sottoporsi al tampone prenotato, secondo le previste procedure per gli utenti delle strutture residenziali, delle quali gli operatori presenti in quel momento non erano informati.

Benin domenica aveva inviato il formale reclamo per quanto accaduto e ieri l’Ulss, verificata la rispondenza dei fatti alla segnalazione, ha affidato la sua voce ad Alessandro Ortombina, responsabile dei punti tampone della Scaligera. «Non siamo riusciti a parlarci al mattino, perché ero al lavoro e mi è dispiaciuto perché, come mi è stato detto, al mattino sarebbero stati gli operatori di quel giorno a scusarsi. L’ho molto apprezzato», dice Benin, «perché non ho mai chiesto la testa di nessuno, né ho mai posto l’accento su questioni come l’inclusione. Noi eravamo utenti che seguivano una procedura e hanno subìto un disservizio e un comportamento come minimo scortese: Francesca ha me», dice la donna, «ma chi deve farcela da solo? Io ho cercato una soluzione alternativa, perché non era accettabile che a Francesca fosse tolto il diritto di accedere alle terapie residenziali per le quali era necessario quel tampone, ma un altra persona al posto mio?».

La mamma di Francesca è stata messa a conoscenza delle grandissime difficoltà con cui si stanno erogando i servizi, tra positività che non risparmiano l’ambito sanitario, in un quadro di scarsità cronica di operatori: «Lo comprendo e un cartello, giovedì, spiegava la situazione. Nessuno, nella fila che ho fatto, ha infatti detto mezza parola in più o si è lamentato ma sentir definire «sta roba» una documentata richiesta di prestazione non va. Apprezzo e ringrazio l’Ulss per essersi attivato e ritengo giusto rendere pubblico che si sono scusati, esattamente come ho fatto raccontando ciò che non ha funzionato».

Paola Dalli Cani

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