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Inquinamento nell'Est Veronese

Pfas, aumentate alcune patologie: servono ulteriori analisi per 7 abitanti su 10

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Un laboratorio di analisi sui Pfas
Un laboratorio di analisi sui Pfas
Un laboratorio di analisi sui Pfas
Un laboratorio di analisi sui Pfas

Almeno 7 veronesi su 10, fra quelli esposti alla contaminazione da Pfas, hanno bisogno di controlli sanitari specifici. A dirlo sono i recenti risultati, parziali, dello screening promosso dalla Regione per verificare lo stato di salute della popolazione della zona rossa.

I campanelli d’allarme non mancano. Stando ai numeri diffusi dall’Ulss9 Scaligera, più di 16.500 delle 23.250 persone della Bassa e dell’Est veronese che hanno aderito al piano di sorveglianza, necessitano di verifiche mediche ulteriori. Si tratta di cittadini di Albaredo d’Adige, Arcole, Bevilacqua, Bonavigo, Boschi Sant’Anna, Cologna Veneta, Legnago, Minerbe, Pressana, Roveredo di Guà, Terrazzo, Veronella e Zimella. Secondo quanto è sinora stato verificato, il 28 per cento dei residenti nei 13 municipi deve effettuare controlli cardiologici, il 16 per cento necessita di verifiche endocrinologiche ed il 27 per cento si sottoporrà ad entrambi gli approfondimenti. Questa situazione non è ufficialmente correlabile con la contaminazione, ma va sottolineato che praticamente tutti gli esaminati risultano avere Pfas nel sangue.

Lo screening consiste in prelievi volti a far emergere la presenza delle sostanze perfluoro-alchiliche nell’organismo di coloro che vivono in territori in cui risultano inquinate le acque, sia di falda che superficiali, e l’ambiente, e l’esistenza di patologie che potrebbero essere dovute a tale situazione. Agli esami, poi, si aggiunge la compilazione di un questionario in cui saranno analizzati lo stile di vita degli esaminati ed i fattori di rischio per la loro salute. Negli ambulatori, nel Veronese, dove sono stati aperti ambulatori specifici, a San Bonifacio e a Legnago, queste operazioni sono andate più a rilento di quanto è avvenuto nei confinanti territori del Vicentino e del Padovano, anch’essi appartenenti alla zona rossa. Nella nostra provincia, rispetto alla previsione originale di controllare tutti gli appartenenti alle classi di nascita dal 2022 al 1951, a cui sono poi stati aggiunti bambini in età pediatrica, al momento si è arrivati, a San Bonifacio, all’anno di nascita 1960 e a Legnago al 1959. Sempre a San Bonifacio, ha risposto all’invito a presentarsi per le analisi il 56,3 per cento degli adulti ed il 64,8 per cento dei bambini mentra a Legnago, il 58,1 per cento egli adulti ed il 67,5 per cento dei bambini.

Nel 71 per cento dei soggetti controllati, le analisi presentano delle anomalie. I dati relativi alla presenza dei Pfas nel sangue sono sicuramente da tenere a mente. L’Ulss9 ora ha reso noti quelli relativi a due dei composti di più vecchia produzione. Per il Pfoa, a cui si deve per la maggior parte la contaminazione delle acque, la media è di 47 nanogrammi per millilitro, con punte di 1.413, mentre i valori di riferimento vanno da 0 a 8 nanogrammi per millilitro. Per il Pfos si parla di 4,25 nanogrammi per millilitro, con punte di 108,5, a fronte di parametri che vanno da 0 a 15.

La scorsa settimana, nella sua deposizione nel processo in corso in tribunale a Vicenza per l’inquinamento da Pfas, Francesca Russo, responsabile del dipartimento di Prevenzione della Regione, ha spiegato che in 2.623 residenti, non veronesi, della zona rossa era stato verificato un abbattimento del 50 per cento dei valori di Pfas nel sangue, in esami svolti a distanza di almeno due anni dai primi. La stessa Russo, però, aveva anche ricordato che, rispetto al resto del Veneto, la popolazione della zona rossa ha dimostrato, tra il 2007 e il 2014, un eccesso di mortalità per cardiopatia ischemica, del 21 per cento in più nei maschi e dell’11 per cento in più nelle femmine. Un aumento, nei maschi, di malattie cerebrovascolari del 19 per cento, un incremento di diabete mellito pari al 25 per cento e di demenza del 14. Le persone esposte alla contaminazione hanno un’incidenza superiore alla media regionale anche di ipertensione arteriosa (+22 per cento nei maschi e +20 nelle femmine), di dislipidemia (+15 per cento nei maschi e +12 nelle femmine) e di malattie tiroidee (+17 per cento nei maschi e +12 nelle femmine). Le gestanti in area rossa hanno evidenziato, tra il 2003 e il 2015, un aumento di casi di pre-eclampsia del 49 per cento, di diabete gestazionale del 69 e c’è stata una crescita del 30 per cento di bambini con basso peso alla nascita.

Luca Fiorin

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