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Olio e vino, meglio insieme che rivali

La pagina de«L’Arena» del 22 febbraio dedicata al cambiamento del paesaggio nell’Est veronese dove i vigneti soppiantano gli olivi 
Il sindaco Paolo Tertulli
La pagina de«L’Arena» del 22 febbraio dedicata al cambiamento del paesaggio nell’Est veronese dove i vigneti soppiantano gli olivi Il sindaco Paolo Tertulli
La pagina de«L’Arena» del 22 febbraio dedicata al cambiamento del paesaggio nell’Est veronese dove i vigneti soppiantano gli olivi 
Il sindaco Paolo Tertulli
La pagina de«L’Arena» del 22 febbraio dedicata al cambiamento del paesaggio nell’Est veronese dove i vigneti soppiantano gli olivi Il sindaco Paolo Tertulli

La trasformazione del paesaggio legata alle pratiche agricole sempre più orientate nell’Est Veronese verso la monocoltura della vite, che qualche settimana fa aveva preso ad esempio l’espianto di 79 olivi poco lontano dall’eremo di San Pietro in Briano per un nuovo insediamento di viti, ha portato a qualche riflessione e alla richiesta di approfondimenti. Se ne è fatto promotore il sindaco di Illasi Paolo Tertulli, che ha coordinato un incontro con l'assessore comunale all'agricoltura Cesarino Venturini, il referente locale di Coldiretti Filippo Carrarini, l’olivicoltore e frantoiano, Maurizio Tamellini, dell'azienda La Contarina, la coordinatrice del Veneto delle Città dell'Olio e assessore del Comune di Asolo Rosy Silvestrini, il maestro e cultore della materia, Carlo Cambi, toscano, giornalista, autore di numerose pubblicazioni di viaggi e turismo, di programmazioni televisive e tra i fondatori del Movimento turismo del vino. «Siamo tutti appassionati di questo territorio e dei nostri territori, come intreccio di opera dell'uomo e di comunità viventi», ha esordito il sindaco Tertulli, «e tutti conosciamo la fatica di produzioni che devono competere con attività di maggior reddito, ma le trasformazioni, anche dello spazio agricolo, vanno capite, accompagnate, spiegate e, per quanto possibile, anche indirizzate. Serve però la reciproca comprensione e il reciproco contatto, anche per far sentire la propria voce nelle sedi opportune». «Il nostro vino potrà essere prodotto anche altrove, ma il nostro paesaggio non è riproducibile ed è l'elemento da cui dobbiamo partire», è stato lo spunto di Tertulli, a cui Tamellini ha risposto con con un cambio di prospettiva: «Siamo noi che ci viviamo ad essere chiamati a salvare il nostro territorio. Purtroppo chi vive qui sceglie di comprare l’olio al supermercato, ma se il milione di residenti della nostra provincia si assumesse la responsabilità di consumare anche solo un litro e mezzo di olio extravergine d’oliva nostrano all’anno, a un prezzo equo di 25-30 euro, avremmo risolto il nostro problema, perché l’ambiente non è del contadino che lo lavora, ma di tutti noi che dobbiamo finanziare il suo lavoro comperando le cose giuste, che ci fanno bene, al giusto prezzo», ha detto spezzando una lancia a favore di una ripartenza dal mercato interno. Per Carrarini l'aspetto economico pesa sulle scelte colturali delle aziende agricole. Lo ha detto citando una tesi di laurea che dimostra come un ettaro coltivato a olivi comporti per il titolare una perdita annua di 2mila euro: «Se consideriamo che sul nostro territorio le estensioni medie delle aziende sono di circa 2,5 ettari, si capisce come questa bassa redditività dell’olivo detragga vantaggi economici e la globalizzazione ci faccia perdere anche quel minimo margine di guadagno». «Distruggere il paesaggio per ricavare dalla vigna il fatturato perduto è una concezione miope del marketing territoriale dei prossimi 10-15 anni», ha osservato Cambi. «Non basta fare vino, bisogna anche essere capaci di venderlo e il vero affare, in prospettiva, è proprio l’olio, perché cresce il bisogno di nutrirsi con elementi sani e naturali». Cambi ha messo sul tavolo degli interrogativi che portano a riflettere: «Siamo sicuri che piantar vigne sia un affare anche per i prossimi anni? Difendere il territorio e la biodiversità è solo un'operazione culturale o anche economica e turistica in prospettiva? Siamo sicuri che l’abbandono degli oliveti non produca un danno geologico e ambientale irrecuperabile?». L’unica strada percorribile, secondo Cambi, «è produrre a valore, non a prezzo, vendere sul mercato del valore e per farlo dobbiamo metterci in rete tutti». Rosy Silvestrini, in rappresentanza delle Città dell’olio, ha citato il Patto di Spello che ha unito i movimenti dell’olio e del vino in una rete enogastronomica e turistica che con la tutela del paesaggio promuove insieme vino e olio: «L’olio caratterizza la nostra economia come il vino, ma la vera opportunità si crea in linea con un’economia sostenibile, partendo da lontano, anche con progetti di educazione ambientale, sensibilizzazione ed educazione alimentare fin dalle scuole e se è vero che il nostro oro sta nel turismo, occorre anche sapere che il 45 per cento degli italiani e il 53 per cento degli stranieri si muovono spinti dall’interesse per il cibo, l’olio e il vino». •

Vittorio Zambaldo

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