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seconda predazione a roncà

I lupi tornano e uccidono la pecora sopravvissuta: «Rinforzato il box, ma non è servito a salvare Cioccolato»

Scampata alla predazione delle sorelle, Cioccolato era atterrita e aveva cercato protezione: «Non c’è stato verso di farla entrare nella sua casetta e un box più solido non è servito»
La pecora Cioccolato con la sua padroncina
La pecora Cioccolato con la sua padroncina
La pecora Cioccolato

Non sono tornati sul luogo del misfatto ma a crescere, se non il bottino di caccia, è la paura dei lupi: già qualche ora dopo il passaparola col quale si è diffusa la notizia dell’attacco predatorio che in località Agugliana (tra Montorso, Montebello Vicentino e Gambellara e sul confine con la frazione di Santa Margherita di Roncà) ha fatto scempio di tre pecore, è cresciuto l’allarme.

Si teme per gli animali da compagnia

A essere preoccupati sono soprattutto i proprietari di abitazioni e casolari nelle contrade più isolate, le stesse in cui gli animali da compagnia possono essere lasciati liberi di stare all’aperto: i gatti di Roberta Longo, proprietaria delle tre pecore predate tra giovedì e sabato, l’hanno scampata solo perché le pecore, per lupi affamati al punto da lambire zone abitate, costituivano indubbiamente prede più interessanti.

C’è paura e preoccupazione perché felini e cani sono animali da compagnia e quindi a tutti gli effetti, membri della famiglia che li accoglie. Era stato così, otto anni fa, anche per Macchia, Cappuccino e Cioccolato, tre pecore di razza Brogna alle quali Roberta Longo aveva affidato il compito di tenere puliti i 20 mila metri quadrati del bosco della proprietà di famiglia, lungo via San Nicolò, all’Agugliana di Montorso.

Le tre pecore (Cioccolato è quella con il muso scuro) della famiglia Biasin, che le trattava come se fossero cagnolini
Le tre pecore (Cioccolato è quella con il muso scuro) della famiglia Biasin, che le trattava come se fossero cagnolini

Il racconto della proprietaria delle tre pecore uccise

Un paio di case, poi verde e boschi a 300 metri di altitudine. «I nomi li avevano scelti Alice, Giorgia e Giacomo, i miei figli. Le tre pecore stavano sempre insieme e interagivano con noi come fossero state cagnolini», racconta Roberta.

Tutto bene fino alla mattina di giovedì. La sveglia suona, alle 7.30 suo marito Giovanni Biasin esce di casa per portar da mangiare alle pecore ma ne trova una sola: allarmato, anche perché la notizia dei recenti avvistamenti all’Albaro Matto e sul Monte Calvarina è arrivata fin lì, corre nel bosco e trova la carcassa di Macchia. «La segnalazione parte subito e in poco tempo diventa materia dei carabinieri forestali di Arzignano, del servizio veterinario dell’Ulss 8 Berica e poi della Polizia provinciale di Vicenza. Le tracce lasciano pochi dubbi ma si fa l’autopsia: predazione da lupi», racconta la donna.

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L’indomani è il figlio Giacomo a ritrovare Cappuccino: il predatore ha fatto scempio della pecora ingoiando anche il marchio auricolare. «Speriamo tutti di ritrovare quell’orecchino perché sarebbe un elemento importante a capire la traiettoria tenuta dai lupi», aggiunge Longo.

La notte tra venerdì e sabato scorre via senza sorprese fino alle 4 del mattino. Roberta è sveglia: «Cioccolato era stata testimone di ciò che era accaduto ed era molto impaurita. Verso il tramonto mi ha fatto capire che non voleva star fuori, non c’è stato verso di farla entrare nella sua casetta e così le avevo lasciato il recinto aperto per permetterle di uscire dalla sua casetta e stare vicino a casa. Era inquieta, ha battuto più volte sul vetro della porta di casa, voleva entrare anche lei ma come potevo fare? Così con mio marito abbiamo approntato un box più solido, rinforzato, sperando che così fosse più protetta».

Il ritorno dei lupi

Complici questi pensieri il sonno è disturbato, Roberta decide di alzarsi ed esce nella corte capendo subito che qualcosa non va, anche solo dal fortissimo odore di urina con la quale i lupi hanno segnato il territorio.

Cioccolato non c’è: «Recinto e cancello abbattuto, i lupi erano tornati a completare il lavoro. D’istinto sono corsa giù per il bosco in camicia da notte e ciabatte, poi sono rientrata e siamo ripartiti con mio marito e mio figlio. Due chilometri più giù, seguendo le tracce, l’abbiamo trovata: un colpo secco alla giugulare, lei ancora calda e il rumore di animali che stavano correndo via». 

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Paola Dalli Cani

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