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Il racconto di Oleg Mandic

L'ultimo bambino uscito vivo da Auschwitz: «Il fumo dei camini copriva il sole»

Oleg Mandic con Ennio Trivellin
Oleg Mandic con Ennio Trivellin
L'ultimo bambino uscito vivo da Auschwitz (Dalli Cani)

L'ultimo bambino uscito vivo da Auschwitz: «La mia terapia antidepressiva: fare il pieno all'auto e guidare fino al campo».

È un frammento di ciò che Oleg Mandic ha condiviso, venerdì, con le centinaia di persone che hanno gremito l'auditorium dell'ospedale "Fracastoro" di San Bonifacio in occasione di un incontro voluto dal Rotary club Veroba-Soave e aperto anche alla testimonianza del veronese Ennio Trivellin.

Mandic, che venne arrestato ad 11 anni a Fiume perché nipote di un nonno che aveva fondato un Comitato di liberazione nazionale, questa mattina a Torino, nel giorno della memoria, ha raccontato la sua storia di deportazione a quattromila studenti riuniti al Palaruffini.

 

Una storia tragica, quella del superstite fiumano, capace però di regalargli "una vita meravigliosa: solo così può essere la vita dopo Auschwitz", dice definendosi "un ottimista nato". Ci è tornato 13 volte al campo di sterminio tedesco nazista che proprio oggi, 75 anni fa, fu il primo ad essere liberato: l'orrore finiva grazie all'Armata russa mentre il suo compagno di testimonianza, l'allora sedicenne Trivellin, dovette attendere a Mauthausen gli americani, il 5 maggio. Auschwitz 13 volte, la prima delle quali nei 1969 per mantenere la promessa fatta sul letto di morte della mamma: era uscita viva dalla deportazione anche lei, come la nonna, e il destino la portò via troppo presto dopo un incidente stradale.

 

"Per cinque volte, quando la mia vita ha attraversato dei bassi, sono andato ad Auschwitz a scopo terapeutico. Due pieni di benzina per fare i 900 chilometri da Fiume, l'entrata quando il campo chiudeva facendo vedere il lasciapassare tatuato sull'avambraccio sinistro, le mie lunghe ore in meditazione seduto lungo gli 880 metri della rampa di Birkenau": li visse lì, nella sezione femminile del campo, i suoi tragici mesi al campo di sterminio. "Non vidi mai il sole perché il cielo era sempre coperto da una coltre di denso, nefando ed oleoso fumo dai camini ma in quel panorama riusciva a vivere un albero. C'è sempre stato fino al mio ultimo viaggio, pochi mesi fa", quando ha guidato una delegazione della quale ha fatto parte anche il ministro dell'istruzione Lucia Azzolina, "era un mio amico e quelle foglie erano parti di chi era passato da lì. Mi sedevo vicino a lui, a parlare con le anime di chi non ce l'ha fatta".

Oleg ed Ennio, due vite scampate dall'inferno, due voci che continuano a raccontare per essere le voce di chi non è mai tornato: "Hanno tentato di ucciderci tutti", dice Ennio (che da presidente dell'Associazione nazionale degli ex deportati di Verona (Aned) oggi guida la commemorazione in città, "ma ce l'abbiamo fatta lo stesso!".

Paola Dalli Cani

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