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L’Ulss9 chiama volontari a raccolta

Operatori sanitari con tute, visiere e mascherine
Operatori sanitari con tute, visiere e mascherine
Operatori sanitari con tute, visiere e mascherine
Operatori sanitari con tute, visiere e mascherine

Tamponi a tappeto per il personale sanitario e per ospiti ed operatori delle case di riposo, ma ad impensierire è il dato che oggi è un’incognita, e cioè quanti saranno, alla fine dello screening, i positivi. E anche per questo l’Ulss 9 Scaligera corre ai ripari, perché un operatore positivo finisce in quarantena, abbandona il posto di lavoro ma non può tradursi nell’interruzione della essenziale continuità assistenziale. Stando ai dati di Nursing Up, una delle due sigle degli infermieri, la Scaligera con l’emergenza ha assunto 18 infermieri, 24 operatori socio-sanitari, 3 assistenti sanitari e 9 medici a potenziamento, sono sempre dati di Nursing Up, di un comparto che conta 5.500 persone, esclusi i medici, 2100 dei quali sono infermieri o ostetriche. L’effettuazione e, soprattutto, la refertazione dei tamponi, come ha riconosciuto anche il presidente della Regione Veneto Luca Zaia, accusa un forte ritardo, ma l’apertura di punti di refertazione con metodiche di biologia molecolare aggiuntivi in breve si dovrebbe arrivare a regime svuotando, anche, alcuni posti letto negli ospedali. Un esempio è l’ospedale Fracastoro di San Bonifacio, dove in area Covid molti posti di degenza sono attualmente occupati da pazienti con sintomatologia riconducibile al virus Sars-Cov-2 che, sottoposti a tampone, attendono però anche per giorni il referto, e che è una tempistica di attesa in linea con quella che ha riguardato anche alcuni operatori sanitari. «Le analisi sono già partite», spiegano all’Ulss 9, «a cominciare dal recupero dei tamponi rimasti in arretrato per permettere di liberare posti in degenza. Attualmente la capacità è di circa 60 tamponi giornalieri e la previsione è di arrivare a processarne più di un centinaio». È il dato che potrebbe emergere a preoccupare e l’Ulss 9, guardando con particolare attenzione al pianeta case di riposo drammaticamente colpito dal virus, ha deciso di correre ai ripari, chiedendo ai dipendenti tutti della sanità la disponibilità volontaria per correre in supporto delle 73 strutture per anziani della nostra provincia, le stesse per le quali i sindaci hanno richiesto il supporto di medici e operatori dell’Esercito anche per l’isolamento dei positivi. Sino ad ora nelle strutture ospedaliere i «dirottamenti» sulle aree Covid sono stati fatti sulla base di mobilità d’emergenza, in questo caso invece, entro domani, la direzione generale conta di avere sotto agli occhi il contingente di operatori disponibili a cambiare sede di lavoro, mettendosi a disposizione per nuove prestazioni assistenziali nelle strutture per anziani. Non cambia lo status nè l’inquadramento giuridico, almeno stando alla specifica richiesta di manifestazione di disponibilità inviata ai dipendenti dal direttore generale Pietro Girardi, ma la dipendenza funzionale, a quel punto in capo alle case di riposo. Riguardo la destinazione, infine, laddove possibile, sarà frutto di concertazione tra le parti, cioè struttura e operatore, in relazione alle esigenze che si manifesteranno. Fin qui la situazione sulla carta mentre proprio dal Comune di San Bonifacio, ieri sera, si è levato un nuovo appello del sindaco Giampaolo Provoli: «Il personale sanitario dell’ospedale è sotto pressione e, nonostante i solleciti che arrivano da più parti, non vengono effettuati i tamponi proprio a loro, che sono in prima linea a tutelare la nostra salute». « Sono preoccupato», conclude il sindaco Provoli, «anche per il personale sanitario che lavora presso le nostre case di riposo: non ricevono dispositivi di sicurezza a sufficienza per la gestione dei pazienti e sono in difficoltà anche come numero di assistenti per le loro attività giornaliere». •

Paola Dalli Cani

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