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«L’equipe ora è una famiglia»

Il dottor Andrea Tenci ai funerali del figlio Bruno a Marchesino di Buttapietra, dove la famiglia abita
Il dottor Andrea Tenci ai funerali del figlio Bruno a Marchesino di Buttapietra, dove la famiglia abita
Il dottor Andrea Tenci ai funerali del figlio Bruno a Marchesino di Buttapietra, dove la famiglia abita
Il dottor Andrea Tenci ai funerali del figlio Bruno a Marchesino di Buttapietra, dove la famiglia abita

«Adesso bisogna andare avanti, adesso tocca a noi»: c'è uno zaino pesante da portare, come avevano voluto scrivere nella partecipazione al terribile lutto che ha colpito il dottor Andrea Tenci, e oggi quella che in origine era un'equipe, che poi è diventata una squadra e si è ritrovata a essere una famiglia, cioè quella del pronto soccorso dell'ospedale Fracastoro di San Bonifacio, vuole essere il motore della ripartenza. «Perché ce lo ha insegnato lui, anche in questi terribili giorni dalla tragica scomparsa di suo figlio Bruno: non ha mai interrotto il collegamento con noi e con i pazienti», dicono colleghi, infermieri e operatori socio sanitari del pronto soccorso, «perché il non mollare un attimo lo dobbiamo ad Andrea». Non l'hanno voluto durante la durissima esperienza della fase critica del Covid-19 e nemmeno oggi vogliono sentirsi chiamare eroi: eppure non hanno mollato mai, anche se il dolore era grandissimo, anche se la famiglia del pronto soccorso, proprio questa settimana, ha registrato un altro pesante e dolorosissimo lutto con la scomparsa prematura del marito di una di loro. Erano in moltissimi giovedì pomeriggio a Buttapietra a stringersi attorno al «capo», quello che smesso il camice ha indossato bermuda, calzettoni e fazzolettone per mostrare con fierezza i suoi valori, gli stessi con cui ha «impastato» la crescita di Bruno, suo figlio: un dolore immenso, che ha accompagnato anche le ore di lavoro di chi in quei momenti e nei giorni più difficili stava in pronto soccorso. «Abbiamo scelto il nostro mestiere, ci piace prenderci cura delle persone... anche se è dura, dura, dura». Lo ha fatto anche lui, il primario, il primo a correre in aiuto di una giovanissima scout finita a terra per un piccolo malore: è passato a fianco del legno chiaro abbracciato dai fiori in cui riposa Bruno, nello sguardo solo il suo obiettivo. «Lo sapevamo che Andrea è il perno protettivo di quel reparto ma giovedì abbiamo scoperto che è lui così, non è il suo ruolo», dice una delle colleghe del Fracastoro. E aggiunge: «Sono una madre e giovedì, grazie a suo padre e ai suoi amici ho conosciuto Bruno. Mi è sembrato di vederlo accendere il fuoco per la grigliata in attesa di una cena casinista come deve essere a quella età. Ho sentito davvero la sua energia, i suoi buoni propositi, la sua carica positiva il suo non star fermo con la testa e con le mani... e ho pensato all'orgoglio dei suoi genitori. Credo ci sia stato un passaggio di testimone e che più di qualche genitore abbia deciso giovedì di iscrivere i figli agli scout». Ci sono i valori, ci sono stati i segni giovedì: «Andrea ha incarnato i segni, col dolore che strazia, che viene contenuto con dignità per diventare un ricordo pieno di amore, un grido che implora ma che fa scomparire quel feretro chiaro perché restino i valori che sono stati prima i suoi e poi quelli di Bruno», dice un altro collega. DIFFICILE PARLARE, tanta anche la paura di essere fraintesi: su tutti un'ombra cupa, quella che accompagna sempre quando un paziente diventa una perdita, quella che strazia ancora di più l'anima perché diventi medico per salvare vite ma poi, da genitore, la storia può anche essere un'altra. Ed anche per questo la famiglia di chi ogni giorno ribadisce il suo sì ad Ippocrate oggi parla, «non c'è da santificare nessuno, caso mai da trasformare in coraggio questa tremenda prova: ci riguarda tutti ma uniti possiamo cambiare il dolore in forza». C'è un compito da portare avanti, c'è da onorare quel «fate del bene ogni giorno» che giovedì, nella voce del padre, ha fatto risuonare quella del figlio: ci vuole impegno e sacrificio, quel che ogni giorno papà Andrea, mamma Antonella e tutti i loro colleghi portano avanti. C'è da farlo «come lo insegna Andrea», si congeda una sua collega, «scure che taglia grosso e scalpellino che affina alla perfezione, adulto maturo con l'entusiasmo frizzante di un adolescente... una stella alpina, ruvida sì ma con la quale non ti pungi mai». •

Paola Dalli Cani

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