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Indagine sui danni provocati da Pfas Aumentano le patologie in gravidanza

Analisi in laboratorio su acqua contaminata da Pfas
Analisi in laboratorio su acqua contaminata da Pfas
Analisi in laboratorio su acqua contaminata da Pfas
Analisi in laboratorio su acqua contaminata da Pfas

Nell’area maggiormente esposta alla contaminazione da Pfas c’è un incremento di patologie in gravidanza (pre-eclampsia e diabete gravidico), di nati con basso peso alla nascita, di anomalie al sistema nervoso e di difetti congeniti al cuore. A dirlo è il completamento dello Studio sugli esiti materni e neonatali in relazione alla contaminazione da sostanze perfluoro-alchiliche che è stato diffuso ieri dalla Regione. Questa ricerca aggiorna un’indagine che era stata effettuata nel 2016 dal Registro nascite del Coordinamento malattie rare regionale. Essa non solo conferma che una serie di problemi è presente in forma ben più massiccia nei territori inquinati rispetto a quelli che non hanno a che fare con i Pfas, ma mette anche in luce un dato inaspettato. I casi di diabete risultano crescere in maniera rilevante a partire dal 2011. Se si considera che dal 2014 è stata progressivamente ridotta la presenza dei Pfas nell’acqua potabile, per mezzo di filtri, questo fatto risulta a prima vista incomprensibile. A meno che non siano stati usati metodi di screening o di diagnosi diversi nel tempo, resta infatti da capire quale è il fattore che fa aumentare, invece che diminuire, l’incidenza di una malattia che è correlabile all’esposizione alle sostanze perfluoro-alchiliche. «Per alcune di queste patologie sarà necessario effettuare maggiori approfondimenti, incrociando i dati con altri flussi informativi oppure allungando il periodo di osservazione», fa sapere la Regione che non nasconde che lo studio mette in evidenza una possibile associazione tra alcuni problemi relativi alla salute materno-infantile e la residenza in aree esposte, fornendo risultati compatibili con quanto già emerso dalla letteratura scientifica. Ma dice anche che «per approfondire l’esistenza di un nesso causa-effetto sarà necessario integrare i risultati ottenuti con i dati di biomonitoraggio che forniscono informazioni sull’esposizione dei singoli individui». D’altro canto, la possibilità di ottenere i dati da confrontare sembra non mancare. La Regione, nell’ambito del Piano di sorveglianza sanitaria in corso, ha finora invitato più di 20.000 donne in età riproduttiva (nate tra il 2002 e il 1970) a sottoporsi ad esami volti a stabilire quanti Pfas hanno nel sangue, a verificare vari parametri indicativi del loro stato di salute. Donne che si sono sottoposte anche a questionari relativi a gravidanze attuali e passate. Inoltre, lo screening è stato recentemente esteso anche ai bambini di età compresa fra 8 e 10 anni ed ai quattordicenni. Ad oggi sono stati invitati 1.270 bambini nati nel biennio 2008-2009 e 570 ragazzini nati nel 2003. Tornando all’aggiornamento della ricerca condotta dal Registro nascite, con il coordinamento della professoressa Paola Facchin, è interessante citare alcuni dati. Ad esempio quello del diabete in gravidanza, che risulta più alto fra le donne che abitano nella zona arancione, in cui l’esposizione ai Pfas è dovuta solo al fatto che i pozzi privati pescano dalla falda inquinata, rispetto a quelle della zona rossa, in cui anche l’acquedotto pesca dalla stessa falda. Per tutte le patologie, l’incidenza risulta maggiore, in alcuni casi è quasi doppia, rispetto a quella riscontrata in un territorio lontano dall’inquinamento. •

LU.FI.

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