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In Val d’Alpone
nuotavano
anche gli squali

Il fossile di un gasteropode rinvenuto nell’area del Monte Duello
Il fossile di un gasteropode rinvenuto nell’area del Monte Duello
Il fossile di un gasteropode rinvenuto nell’area del Monte Duello
Il fossile di un gasteropode rinvenuto nell’area del Monte Duello

Cercano tracce del mastodontico Prototherium (il sirenide che venne ritrovato nel 1875), trovano invece un preziosissimo giacimento di fauna nana: termina all’insegna di questo curioso contrappasso la prima sessione degli scavi paleontologici promossi dal Comune di Roncà per il 2017. La campagna che si è appena conclusa ha interessato l’area del Monte Duello in territorio di Montecchia di Crosara.

LA SQUADRA di ricercatori guidata da Roberto Zorzin (geologo, conservatore al Museo civico di Storia naturale di Verona e responsabile scientifico degli scavi) è stata impegnata lungo la parete già oggetto di scavo negli anni scorsi ma anche, una cinquantina di metri più a monte, lungo quella che quattro anni fa rivelò uno straordinario giacimento a spicole di spugna. Il sito, un appezzamento sul cucuzzolo di via Carbognini, fa parte della proprietà di Gino Cavazza, un signore che da anni mette a disposizione della scienza i suoi campi, «perché se poi salta fuori qualcosa di interessante», dice, «sono grandi soddisfazioni».

E di cose interessanti, i 300 reperti recuperati nel corso degli scavi, ne raccontano eccome: «Approfondendo lo scavo nella zona delle spicole, è emerso uno strato ricchissimo di microfauna a gasteropodi. Fino a oggi», spiega Zorzin, «trovare esemplari molto piccoli poteva far pensare a esemplari giovani, mentre ora, data la densità di microgasteropodi, lo scenario cambia e si ragiona su nuove specie».

Zorzin spiega che normalmente vengono ritrovati esemplari che vanno da 1 a 10 centimetri, «mentre qui siamo in presenza di una ricca fauna che va da 1 millimetro a 1 centimetro, esemplari di cui sono apprezzabili tutte le costolature». Quale informazione veicoli un ritrovamento simile lo spiega lo stesso Zorzin: «Vien da pensare a un ambiente marino completamente diverso rispetto a quello che conoscevamo già, molto più tranquillo».

QUANDO SI PARLA di strati ci si riferisce a un «livello» di scavo ma il «livello» corrisponde a un preciso momento storico e agli eventi che in quel periodo di sono verificati fino a lasciare una traccia paleontologica: la «fotografia» recuperata oggi è una sorta di istantanea di ciò che doveva essere l’ambiente marino circa 40 milioni di anni fa. La microfauna messa in luce con gli scavi alimenta ora domande sia sull’attività vulcanica in essere in quella zona che sul sollevamento dei fondali marini. Oltre a regalare questo scenario inedito, gli scavi hanno permesso il rinvenimento di molti denti di squalo (anche piccoli), alcuni pregevoli coralli, un interessante echinide (riccio di mare), ostriche. Tutto il materiale verrà ora inventariato e porrà le basi per ulteriori approfondimenti. Accade, del resto, da dieci anni, da quando il sindaco di Roncà Roberto Turri per la prima volta ha chiesto al ministero di poter procedere con campagne di scavo geopaleontologico che sono diventate poi tra le ragioni della candidatura Unesco della Val d’Alpone. Quest’anno hanno fatto visita agli scavi Ermanno Quaggiotto, indiscusso esperto di molluschi, è tornato Guido Roghi (Cnr di Padova) e ha fatto tappa anche Luca Giusberti (dipartimento di Geoscienze dell’università di Padova, esperto di foraminiferi di ambiente marino molto profondo): «Questo è un sito storico, molti reperti sono oggi conservati al museo di Padova, e quindi la campagna era molto interessante. Ciò che di volta in volta emerge», dice Giusberti, «diventa un elemento importante per contestualizzare meglio l’ambiente e fornisce informazioni preziose all’interno della ricerca geologica più ampia. Iniziative come questa», conclude, «sono assolutamente meritorie».

Paola Dalli Cani

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