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Il Covid chiude un’altra materna

La materna  Don Antonio Dalla Croce: dividere in bimbi in  quattro «bolle» non è bastato contro il Covid FOTO PECORA
La materna Don Antonio Dalla Croce: dividere in bimbi in quattro «bolle» non è bastato contro il Covid FOTO PECORA
La materna  Don Antonio Dalla Croce: dividere in bimbi in  quattro «bolle» non è bastato contro il Covid FOTO PECORA
La materna Don Antonio Dalla Croce: dividere in bimbi in quattro «bolle» non è bastato contro il Covid FOTO PECORA

Domenica la positività anche nell’ultima delle quattro «bolle» e da ieri la scuola dell’infanzia Don Antonio Dalla Croce è chiusa. Giovedì la verifica della prima positività aveva fatto scattare la chiusura della prima «bolla» (si chiamano così i quattro gruppi classe in cui i 130 bambini complessivi della scuola erano stati suddivisi), venerdì stesso copione per la seconda, sabato per la terza e domenica mattina è toccato anche all’ultima. Da giovedì è chiusa anche la scuola dell’infanzia San Giuseppe di Costalunga (55 iscritti) mentre resistono i 66 bambini presenti dal primo giorno e gli insegnanti della Santo Stefano di Brognoligo, la terza paritaria di Monteforte. Sul fronte dei numeri aumentano le quarantene ma cala il numero di positivi: ieri i casi complessivi in paese erano 457, 393 dei quali positivi, 6 in meno del giorno prima. Alla Don Antonio Dalla Croce sarebbero complessivamente una decina i casi attualmente positivi: la scelta che qualora fosse tornato il Covid si sarebbe parlato di casi senza distinzione tra adulti e bambini era stata assunta prima della riapertura a gennaio per evitare che si scatenassero gogne o accuse circa la condotta delle persone: il riferimento riguarda prevalentemente gli adulti, tanto i lavoratori della scuola quanto i genitori di bambini che in qualche caso, anche nella difficilissima fase di contagio prima delle vacanze di Natale, sarebbero stati mandati a scuola sebbene non perfettamente in salute. «Siamo i primi a voler garantire il servizio e a volerlo fare all’insegna della massima sicurezza e proprio per questo la scuola aveva pagato il tampone per tutti i lavoratori domenica 9 gennaio: partire con la certezza di essere tutti negativi», spiega la coordinatrice Elena Tosi, «era il massimo della tutela che potevamo garantire». Le diverse chat Whatsapp, la App attivata ormai sei anni fa dalla scuola, sono stati gli altri alleati nell’approntamento di una via di comunicazione diretta tra le famiglie e la scuola: «Proprio grazie a questi strumenti siamo stati in grado di dare informazioni immediate, anche domenica pomeriggio quando, registrata una positività nell’ultima bolla ancora attiva, abbiamo avvisato le famiglie che l’indomani la scuola sarebbe rimasta chiusa». La notizia, però, ha scatenato la protesta di molte famiglie: basta solo ricordare che delle 130, 86 avevano affrontato quarantene o riorganizzazioni famigliari imposte da Covid e gastroenteriti prima di Natale. E così più di qualcuno, lamentando di pagare per un servizio che non c’è, ha minacciato di ritirare i bambini: problema nel problema, la contrarietà di molti ad avvalersi della collaborazione dei nonni per bambini che, come i piccoli dell’infanzia e della primavera, sono fuori dalla vaccinazione e non usano mascherine ma anche i tempi lunghi di certificazione da parte del Servizio di igiene e sanità pubblica (Sisp). «Il ricontatto dopo la prima segnalazione di giovedì, è stato solo sabato», dice Tosi. L’alternativa, per i genitori impossibilitati a raggiungere il posto di lavoro, passa per permessi e ferie. «Capisco benissimo le difficoltà, sono le stesse che viviamo anche noi e che molti di noi hanno vissuto anche in famiglia per le positività diffuse», conclude Tosi, «e sappiamo anche di essere continuamente esposti al rischio perché a questa età i bambini manifestano grande fisicità, molta oralità e naturali limiti nell’autonomia dell’igiene personale. Ma se un bambino ha bisogno non stai a guardare e lo soccorri». •.

Paola Dalli Cani

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