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Il 38enne direttore d’orchestra Rizzi al «Rossini Opera Festival» di Pesaro

Giancarlo Rizzi
Giancarlo Rizzi
Giancarlo Rizzi
Giancarlo Rizzi

Un colpo di bacchetta che è più forte della paura. Non si agita tra le formule magiche ma tra le sette note quella di Giancarlo Rizzi, il direttore d’orchestra sambonifacese che a soli 38 anni, martedì, dirigerà «Il viaggio a Reims» al Rossini Opera Festival di Pesaro. Per un musicista questo palcoscenico è prestigioso come quello dell’Arena di Verona o della Scala e l’approdo di Rizzi al festival rossiniano è un traguardo che vale triplo, perché il Festival è uno di quelli che hanno traballato a causa del Covid-19, perché si tratta dell’edizione del quarantesimo e infine perché la direzione arriva un anno dopo quello che era stato il punto più alto della carriera di Giancarlo Rizzi. Esattamente un anno fa, infatti, il maestro sambonifacese si era praticamente trasferito a Vienna per lavorare al «Faust» di Gounod, al Theater an der Wien, che era stato poi messo in scena in autunno. «Da vent’anni il palcoscenico del Rossini Opera Festival, che quest’anno ospita anche il tenore Juan Diego Florez, è quello di debutto per artisti che poi esplodono a livello internazionale», esordisce Rizzi, «e dirigere proprio quest’anno e proprio quest’opera ha un sapore molto particolare. Il viaggio a Reims è un’opera senza trama che racconta di un gruppo di viaggiatori di diverse culture, storie e lingue, che si ritrovano bloccati nelle Alpi svizzere e vivono l’isolamento mentre attendono il via libera che li porterà alla cerimonia di incoronazione di re Carlo X». «Suona come il paradigma dell’esperienza che noi tutti abbiamo vissuto», riflette riferendosi al lockdown, «sebbene, ed è questo l’aspetto più bello, in un’esplosione di musica piena di gioia». Tornato in Italia negli ultimi tre anni, dopo gli studi di direzione prima a Milano e poi alla Sibelius Academy di Helsinki, gli anni di formazione con Lorin Maazel negli Stati Uniti e poi in Austria, Rizzi è diventato anche l’anima del Festival verdiano a San Bonifacio. Per la terza edizione, quella del 2020, era in calendario un doppio appuntamento con la Traviata, l’opera verdiana in cui Violetta muore di malattia respiratoria: «Strana, triste analogia», nota Rizzi, «che fa pensare. Ad ogni modo San Bonifacio non poteva rinunciare all’opera, ragion per cui stiamo lavorando a un evento per la serata del 5 settembre». «Sarà una piccola cosa», annuncia il maestro, «io al pianoforte ad accompagnare la magnifica voce della soprano Paola Pinna, anche lei di San Bonifacio, che proporrà un breve viaggio tra le donne di Verdi compresa Giuseppina Strepponi, la soprano che fu la seconda moglie di Giuseppe Verdi». Decisamente piena, dunque, l’agenda del maestro che scherza se lo definisci un enfant prodige: «Ci sta solo se torniamo a quando ero bambino e volevo a tutti i costi diventare un compositore», ride. Cresciuto alla scuola del maestro sambonifacese Silvano Perlini, ha fatto capolino al Conservatorio dall’Abaco di Verona finché era studente al Guarino Veronese, formandosi in pianoforte e composizione. Poi ha iniziato a fare e disfare valigie in giro per l’Italia prima e in Finlandia poi, quindi i concorsi internazionali, i concerti e questo ultimo biennio di consacrazione. •

P.D.C.

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