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Le testimonianze degli ucraini

«Ho visto crollare la mia casa, sono morte 40 persone. Ma fermeremo i russi»

La manifestazione degli Ucraini in piazza Bra (Foto Marchiori)
La manifestazione degli Ucraini in piazza Bra (Foto Marchiori)
La manifestazione degli Ucraini in piazza Bra (Foto Marchiori)
La manifestazione degli Ucraini in piazza Bra (Foto Marchiori)

Sono tante, troppe, le storie di famiglie che non riescono più a mettersi in contatto con i parenti finiti sotto i bombardamenti. Sono le storie di chi adesso è qui, con la consapevolezza di non avere più una casa in cui fare ritorno, perché resa cenere dalle bombe russe. 
Le storie di chi sta attendendo l’arrivo dall’Ucraina di amici e persino sconosciuti a cui spalancare la porta di casa, quanto meno per una prima accoglienza. E ancora quelle di chi si è sentito chiedere dai fratelli in guerra di farsi carico dei nipotini nel caso in cui loro, padri, dovessero essere uccisi.

 

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Tra gli ucraini che si sono ritrovati ieri mattina in piazza Bra, per partecipare alla manifestazione per la pace promossa dalle Malve di Ucraina, prevale però la certezza della vittoria. Alle loro voci determinate e fiere, introdotte in mattinata dalla solidarietà dei 98 sindaci di tutta la provincia, si sono unite quelle di afghani, moldavi, georgiani, oltre che di rappresentanti del mondo dello spettacolo. Le ginnaste della Ritmic Art Verona e i ballerini della scuola di ballo Arthur Murray Verona (che il 21 marzo proporrà uno spettacolo al Camploy per raccogliere fondi per le Malve), hanno introdotto le testimonianze di chi ha lasciato l'Ucraina.

 

Manifestazione per l'Ucraina in Bra (video Bazzanella)


Tra queste anche la testimonianza di cinque giovani dell'Accademia delle arti circensi di Kiev, messe al riparo dal regista teatrale di San Giovanni Lupatoto, Matteo Spiazzi. Il loro canto ha commosso narrando della bacca di Kalina, simbolo di pace in Ucraina. Ma è anche testimonianza amara come le lacrime delle donne che dicono addio ai mariti che vanno in guerra. 
La minuta Anna, arrivata nella nostra provincia con la nuora e la nipote, è invece ospite da quattro giorni della nipote Kseniia. Un'intera generazione costretta ad andarsene dalla sua terra. Anna ha visto crollare la sua casa a Borodianka, una piccola località vicino a Kiev. 
«Ho vissuto a Parma fino a 13 anni fa», racconta. «Ho lavorato una vita per riuscire a comprare un alloggio che ora è interamente crollato, insieme al palazzo in cui sono morte 40 persone. Non ho un posto in cui tornare». 
Il figlio è rimasto a combattere, e di lui si hanno poche notizie. Kseniia parla con la voce rotta dalla disperazione. «Mia sorella, i miei nipoti di 9 mesi, 4 e 5 anni sono sotto i bombardamenti a Ivankiv, vicino a Chernobyl. Non riesco a mettermi in contatto con loro», dice. 
«Hanno colpito la linea telefonica e il cibo sta finendo. Lontana da loro non ho più nulla. Vorrei partire per combattere subito, non ho niente da perdere». Una delle figlie di Oksana ha rinunciato a mettersi in salvo, e pure alle cure per l'artrite. «Resta in Ucraina a cucinare il pane per il suo popolo», dice la madre. Natalia sta attendendo 14 persone da Kiev. «A dicembre è morta un'amica che lavorava qui con me a Verona. Ho deciso di accogliere sua figlia e la nipote di sette anni che stanno cercando di passare il confine con la Polonia ormai da quattro giorni. Viaggiano in una carovana di due auto insieme ad altre 12 persone. Sto cercando di capire come potranno essere sistemati tutti perché nella mia casa non c'è spazio per accogliere con dignità così tanta gente».
La figlia di Natalia è invece bloccata a Cracovia. «Stava tornando da Dubai insieme ai colleghi, quando è scoppiata la guerra e il cielo ucraino è stato chiuso. Non vuole venire in Italia, vuole tornare ad aiutare i suoi amici e sta realizzando una rete mimetica per i militari. I russi hanno lasciato crescere la dittatura e ora devono pagare per tutto questo».

 

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Il sentimento di rivalsa è forte. Tania ha scelto, non parlerà più russo. «Sono rientrata da Kiev tre mesi fa. Ora ripartirei subito, ma è difficile e sarei di intralcio. Aiuto da qui in tutti i modi possibili». La giovane Yana è a Verona per studiare, ma è formata all'accademia militare ucraina come sottotenente. «Se fossi a casa starei combattendo a Odessa insieme a mio fratello. Mi ha detto: “prenditi cura di mio figlio se non ce la facessi”, ma sono sicura che vinceremo. Per noi l'indipendenza è tutto». 

Chiara Bazzanella

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