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La piccola è arrivata nell'Est Veronese

Eva, 5 anni, strappata a papà nel giorno del suo compleanno: lui doveva combattere

Il raccoglimento di venerdì sera nella piazza di Cazzano di Tramigna,il paese dov’è giunta Eva
Il raccoglimento di venerdì sera nella piazza di Cazzano di Tramigna,il paese dov’è giunta Eva
Il raccoglimento di venerdì sera nella piazza di Cazzano di Tramigna,il paese dov’è giunta Eva
Il raccoglimento di venerdì sera nella piazza di Cazzano di Tramigna,il paese dov’è giunta Eva

 

Le lacrime di Alina, davanti al monumento ai Caduti di Cazzano di Tramigna, hanno dentro quelle delle madri, delle nonne, delle sorelle ucraine: nella piccola piazza di un paesino che conta 1.500 anime, venerdì sera c’erano una cinquantina di persone. A riunirle l’invito del sindaco Maria Luisa Guadin, delle penne nere, dei donatori di Avis e Aido, della Pro loco, a fare comunità, ad esprimere, col solo fatto di incontrarsi, un no senza se e senza ma all’aggressione all’Ucraina e un fortissimo, benché silenzioso, appello per la pace. C’è scritto così, pace, sulle bandiere che sventolano dal terrazzino del municipio e dalla ringhiera della scuola primaria e della scuola dell’infanzia: tre arcobaleni di stoffa che ha comprato il sindaco perché proprio questi luoghi parlassero di pace. 

 

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In piazza ci sono anche i bambini, alcuni di loro giusto in mattinata le hanno viste posizionare, le bandiere. Sono poco più grandi e poco più piccoli di Eva e Pavlo: un nome inventato, perché nonna Alina ha tutto chiuso nel suo cuore, i loro nomi, quelli di suo figlio e di sua nuora. Eva e Pavlo da domenica sono ospiti a casa sua, a Cazzano. Ci sono arrivati con la mamma Diana e basta: eppure, dalla loro casa a una trentina di chilometri dal confine dell’Ucrania con la Polonia, non lontana da Leopoli, c'erano partiti anche con papà Viktor. Tutti in auto, borsoni e zaini, ma con lo sguardo diverso da quello di una gita.

Perché? «Perché quell'uomo brutto e cattivo mi ha rovinato il compleanno». Eva il 24 febbraio aveva solo un pensiero, cioè la festa per i suoi cinque anni, con tanto di torta e giochi al parco al pomeriggio. Invece no, perché quella mattina Viktor ha svegliato di soprassalto la moglie dicendole solo due parole: è successo». 
Alina è in piazza, condivide tra le lacrime solo un pezzo della storia: «Non ce la faccio a raccontargliela, è tremendo. Forse più avanti», spiega quando, accanto al sindaco, se la senta di parlare. Sono i frammenti a dar dimensione alla storia: «Sono scappati subito, si sono infilati in una interminabile colonna di auto in coda. Il confine era lì, a vista ma ai controlli non c'è stato verso: mio figlio», piange Alina, «è stato fatto scendere dall'auto. Ha 29 anni, deve stare in patria, e difenderla. Tra le lacrime Diana si è messa alla guida».

 

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Sola, con il terrore nel cuore e senza potersi concedere il lusso di lasciarsi andare alla disperazione: ci sono da attraversare almeno tre Paesi e lei sa che deve farlo nel modo più lieve possibile, sorridendo se ci riesce perché Eva e Pavlo, i suoi figli, non le danno alternative. C'è il compleanno che l'aggressione russa ha negato a Eva da compensare soprattutto perché lì, in quel piccolo rifugio su ruote che è la loro auto, la piccola si scopre vice mamma del fratellino di un anno. 
Raccontano questo e molto di più quelle lacrime che raccolgono anche la commozione per la partecipazione che in questa sera, su questa microscopica piazza, si fa vedere e sentire. Poche parole, nonna Alina deve tornare a casa: magari, chissà, arriverà una telefonata. Magari, chissà, prima che il sonno la prenda potrà sentire ancora la voce di suo figlio anche se terrorizzata, anche se disturbata dai rumori della guerra. Magari, chissà, domani tutto ciò sarà solo un brutto ricordo che salterà fuori ogni 24 febbraio, quando Eva diventerà ragazza, poi madre e poi nonna e racconterà ai nipotini di quell’uomo brutto e cattivo che le rubò la festa dei suoi 5 anni ma anche il suo papà.

Paola Dalli Cani

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