<img height="1" width="1" style="display:none" src="https://www.facebook.com/tr?id=336576148106696&amp;ev=PageView&amp;noscript=1">

Emanuele Filiberto davanti a Buchenwald

Emanuele Filiberto di Savoia davanti al lager: è l’immagine creata dall’artista Maffeo d’Arcole
Emanuele Filiberto di Savoia davanti al lager: è l’immagine creata dall’artista Maffeo d’Arcole
Emanuele Filiberto di Savoia davanti al lager: è l’immagine creata dall’artista Maffeo d’Arcole
Emanuele Filiberto di Savoia davanti al lager: è l’immagine creata dall’artista Maffeo d’Arcole

Si chiama «Quei treni...» l'ultima opera elaborata da Maffeo d'Arcole, nella quale l'artista ha posto il principe Emanuele Filiberto di Savoia davanti all'ingresso del lager nazista di Buchenwald. L’auspicio è che questa visita possa effettivamente avvenire. Una sorta di gesto di riconciliazione anticipato tra la casa reale italiana e gli ebrei contro i quali anche l’Italia contribuì a scatenare la Shoah. L'idea a Maffeo è nata dopo aver letto la lettera che Emanuele Filiberto ha scritto alla comunità ebraica italiana, chiedendo perdono per le leggi razziali firmate dal nonno, il re Vittorio Emanuele III, nel 1938. Una firma che il nipote ha vissuto come un'onta incancellabile per la sua casata e che oggi ripudia pubblicamente. Maffeo ha tolto la mascherina dell'orgoglio e della vergogna al principe di casa Savoia, mettendolo a nudo sui binari di Buchenwald in Germania, di Auschwitz (Birkenau) in Polonia, di Mauthausen in Austria, della Risiera di San Sabba a Trieste e di tutti i campi di sterminio dove arrivavano treni bestiame carichi di ebrei, rom, sinti, omosessuali e oppositori politici. «Si tratta di un'opera artistica surreale», spiega Maffeo d'Arcole, “con la quale ho voluto rappresentare il mio Giorno della Memoria del 2021. Ho inteso immaginare se fossi stato io sopra quei treni, dove sarei finito. Ho inserito la dichiarazione di Emanuele Filiberto di Savoia, con la quale condanna le leggi razziali e chiede perdono agli ebrei e a tutti gli italiani. Cosa che a mio sentire, dovrebbe essere fatta anche da molte altre persone». Un gesto artistico dunque che cerca di riconciliare la storia di una dinastia con la nazione che ha riunito e governato, facendo un errore imperdonabile, tanto che al Tg 5 il principe di casa sabauda ha dichiarato di non pretendere e di non aspettarsi il perdono. Come un caro, vecchio adagio, Maffeo Burati di Arcole ha voluto scrivere anche due rime per il Giorno della Memoria e per accompagnare il dipinto «Quei treni...», reinventandosi poeta, dunque artista a tutto tondo, per la follia e la persecuzione nazista che l'artista arcolese ha sempre condannato, fin dai primordi della sua carriera, quando allestiva le sue installazioni davanti a un carro bestiame, come quelli usati dai nazisti per trasportare proprio gli ebrei, gay e zingari. La poesia si intitola «Senza voce»: «Immerso in quel campo, senza sorriso/Come una farfalla/Non potevo gridare/ non potevo volare/ non potevo vedere la luce della mia vita rubata». •

Zeno Martini

Suggerimenti