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Don Caceffo, il ricordo diventa opera d’arte

La tomba di don Caceffo
La tomba di don Caceffo
La tomba di don Caceffo
La tomba di don Caceffo

Cade oggi l’anniversario numero 32 della morte di don Arturo Caceffo, prete e insegnante di straordinaria intelligenza e grande umiltà, con una doppia laurea in Ingegneria e Lettere e per tutta la sua vita docente di italiano, latino e greco, per generazioni di seminaristi, compreso il vescovo monsignor Giuseppe Zenti. Era nato a Tregnago e prima di entrare in seminario aveva partecipato alla seconda guerra mondiale come ufficiale degli alpini. Oggi alle 18 sarà commemorato in una messa nella chiesa parrocchiale di Tregnago a cui sono stati invitati tutti gli Alpini dei diversi gruppi della Val d'Illasi. Figura straordinaria ma pur destinata a essere dimenticata, se non fosse stato per pochi devoti che casualmente videro la scorsa estate la sua tomba abbandonata nel cimitero del capoluogo, con un semplice paletto in legno a reggere il nome indicato su un post-it. Essendo passati trent’anni dalla morte e non avendo parenti diretti, le sue spoglie, assieme a quelle delle sorelle Pia e Ida e del fratello Carmelo, sono state esumate e poste a terra con un paletto e un semplice post-it giallo con il nome. La prima volontà fu quella di onorarne la sepoltura con una croce e un cappello d’alpino in ferro battuto creati dall’artista di Cogollo Gino Bonamini, aiutato nella sistemazione della tomba dall’alpino Carlo Dal Forno il cui padre era stato commilitone di don Caceffo. Lo scorso novembre era il centesimo anniversario della nascita di don Caceffo e anche in quell’occasione il sacerdote fu ricordato con una messa alla presenza di rappresentanze dei gruppi alpini della Val d’Illasi. Poi venne la decisione di Bonamini di assumersi l’impegno per un piccolo segno di riconoscimento che potesse caratterizzare la tomba del sacerdote. Si interessò per le autorizzazioni comunali e pagò di tasca propria gli oneri di concessione per il restauro della tomba. Nacque così l’idea di collocare sul tumolo un sasso sul quale fissare una croce in ferro battuto assieme al cappello da alpino con le date di nascita e morte, e una targa che riporta una strofa del canto di Bepi De Marzi «Signore delle cime» e un’immagine della Madonna, opere volutamente semplici per rispettare la semplicità e umiltà opere volutamente semplici, e anche perché la sepoltura, per regolamento comunale, è destinata a durare solo una decina d’anni prima dell’esumazione e la sistemazione dei resti in uno dei loculi riservati ai sacerdoti del paese, dove potrà essere traslato anche il piccolo monumento funerario, realizzato da Bonamini. «Un sacerdote che lasciava traccia della sua bontà ovunque passasse», lo ricordava Giovanni Poggiani, suo allievo in seminario, «e io non ricordo una persona di così alta capacità intellettuale e altrettanta apertura mentale e umiltà». •

V.Z.

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