Un malore, una distrazione, chissà cos’altro: cosa ci sia stato a monte della caduta di Thomas Cavazza nella piccola roggia che passa sotto via Palazzo, a San Giovanni Ilarione, al momento resta un mistero.
Certo è, per tutti, il dolore per una disgrazia incomprensibile e, per questo, inaccettabile: perché nella roggia Thomas c’è volato disarcionato dalla moto atterrata sulle sponde, perché è caduto giusto per un paio di metri e in una scolina dove di acqua al massimo ce ne sarà stata trenta centimetri, perché quell’uscita di strada risulta incomprensibile quando avviene su stradine percorse da quando eri un bambino, a qualche centinaio di metri da casa e quando la passione che hai si chiama enduro e di occasioni per farti davvero male, volando, ne hai avute sin troppe. Lui in sella ad una minimoto c'era saltato ancora prima di mettere il grembiulino della prima elementare: passione enorme e cresciuta nel tempo, quella per i motori e la meccanica, tanto da indirizzarne gli studi prima e la scelta professionale in un'officina poi.
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San Giovanni Ilarione oggi si è svegliato attonito, incredulo, stranito: quell’allarme dato da un passante che ha visto nella roggia un ragazzo che non rispondeva e non si muoveva, un ragazzo che i genitori avevano a più riprese chiamato al telefono senza avere risposta e che stavano cercando di capire dove fosse finito. Destino è l’unica parola che passava oggi di bocca in bocca, e non solo tra i suoi amici e i coetanei: l’unica parola quando di parole non ce ne sono.
Ci sono gli abbracci, quelli fisici e quelli ideali, come quello dei bimbi che stamattina, chiudendo la messa della loro prima Comunione nella chiesa di San Giovanni Battista a Castello, la parrocchia di Thomas, su invito del parroco don Maurizio Gobbo hanno unito le voci in un’Ave Maria tutta dedicata a Thomas, che a giugno avrebbe compiuto vent'anni, alla sua mamma e al suo papà.