<img height="1" width="1" style="display:none" src="https://www.facebook.com/tr?id=336576148106696&amp;ev=PageView&amp;noscript=1">

Docenti in coda per lo screening «Situazione da terzo mondo»

La coda di insegnanti e personale scolastico in attesa dello screening volontario al Fracastoro
La coda di insegnanti e personale scolastico in attesa dello screening volontario al Fracastoro
La coda di insegnanti e personale scolastico in attesa dello screening volontario al Fracastoro
La coda di insegnanti e personale scolastico in attesa dello screening volontario al Fracastoro

Il mondo della scuola boccia le modalità di screening Covid-19: «Assembrati a decine sotto il sole e senza nemmeno un tavolino dove potersi appoggiare per compilare le autocertificazioni: all'ospedale Fracastoro di San Bonifacio una situazione da terzo mondo». Ci sono le foto e un video che uno dei docenti ha girato a testimoniare la fila di persone che mercoledì pomeriggio ha lungamente stazionato sotto il sole in attesa di sottoporsi al test all'Unità speciale di continuità assistenziale (Usca), al piano terra e sul retro dell'ospedale. Ieri, tuttavia, il numero di persone in attesa era più che dimezzato e chi stava ad attendere, qualcuno con un ombrello aperto altri con fogli per proteggersi dal sole e dai 33 gradi, era distanziato. Quello che è successo mercoledì sta nel racconto di chi si è ritrovato in fila. «Già quando arrivi ti accorgi che l'organizzazione non c'è: c'è una sorta di pre-triage che serve per registrare le presenze e a te per compilare una autocertificazione. Come punti di appoggio abbiamo usato il marciapiede o la schiena di un collega, giusto per dare l'idea. Poi, tutti in fila. Mercoledì sotto il sole e sull'asfalto bollente ma venerdì (oggi, ndr), visto che è prevista pioggia, che si fa?», dicono. A farli imbestialire non c'è solo l'esperienza vissuta ma, soprattutto, aver scoperto che altrove le cose funzionano diversamente: «Abbiamo colleghi che insegnano nel Veronese ma risiedono in provincia di Vicenza. Lì l'Ulss 8 Berica lavora a chiamata: ha elaborato un planning con cui, in una giornata vengono convocati alcuni istituti, in un altro degli altri e così via. I test, poi, vengono fatti all'interno di scuole dove nell'attesa si può stare al coperto e ci si può sedere. Basta questo a dimostrare che si può fare diversamente”, rimarcano. L'imputato, dunque, si chiama Ulss 9 Scaligera, «e dispiace perché questo screening è su base volontaria e proprio questa modalità improvvisata rischia di scoraggiare qualche collega. A questa trafila siamo costretti», aggiungono, «perché anche per i medici di medicina generale l'adesione è su base volontaria e se il mio medico non la dà, questa è l'unica possibilità. Ad alcuni di noi è stato fissato un appuntamento, ad altri è stato semplicemente detto di presentarsi in qualsiasi giornata dalle 14.30 alle 15.30: facile immaginare le discussioni tra chi arriva e in buona fede passa avanti forte del suo appuntamento e chi è in attesa da tempo in queste condizioni». Un paradosso, secondo i docenti, “perchè allo screening aderiamo per senso di responsabilità. Molti di noi hanno una paura tremenda”, confessano, “il rientro a scuola, nell'incertezza, terrorizza. In molte scuole la situazione attuale è quella di febbraio, nessuna pulizia tantomeno sanificazione: è il nostro luogo di lavoro, pretendiamo che la sanificazione venga fatta da ditte autorizzate e certificate, come da protocollo, e che la documentazione venga resa nota». C'è spazio anche per la preoccupazione nella fila in attesa del test: «Lavorando con i bambini, soggetti alle sindromi influenzali, sono convinto che il 10 ottobre avrò già fatto il tampone: prima, però, sarò stato messo in isolamento a casa esattamente come i bambini di quella classe e di conseguenza la mia e le loro famiglie. Sarà in malattia non potrò lavorare. Cosa succederà a scuola per sostituirmi? E nelle classi dove non c'erano positivi ma dove comunque insegnavo?». •

P.D.C.

Suggerimenti