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SOAVE

Davide è tornato a vivere grazie al rene della sorella: l'operazione in piena pandemia

La sfida è stata resa difficilissima dall’infuriare dei contagi: per mesi è rimasto ricoverato in totale isolamento
Fratelli Davide Baltieri con la sorella Serenella che gli ha donato un rene FOTO PECORA
Fratelli Davide Baltieri con la sorella Serenella che gli ha donato un rene FOTO PECORA
Fratelli Davide Baltieri con la sorella Serenella che gli ha donato un rene FOTO PECORA
Fratelli Davide Baltieri con la sorella Serenella che gli ha donato un rene FOTO PECORA

L'emergenza sanitaria era appena scoppiata quando Davide Baltieri, allora trentasettenne, si era sentito male ed era stato ricoverato all'ospedale San Bortolo di Vicenza. Il soavese era in cura dal 2017: aveva due reni policistici, che non svolgevano la loro regolare funzione.  Il rene policistico è una patologia genetica degenerativa, che porta al collasso dei reni e quindi del sistema cardiocircolatorio, causato dall'aumento della pressione sanguigna. Il nefrologo che lo ha in cura gli dice che ciascuno dei due reni pesano tre chili e sono spessi 19 centimetri, un'enormità. 

Le cisti che si erano formate a partire dal 2005, anno in cui gli venne diagnosticata la malattia genetica, a seguito dei controlli sanitari periodici a cui si sottoponeva giocando a calcio, erano diventate talmente grandi da bloccare la funzionalità dei reni. L'unica alternativa all'entrare in dialisi e mettersi in lista d'attesa per il trapianto di un rene, era trovare un donatore tra i suoi congiunti.
Davide si è rivolto alle sorelle, chiedendo se fossero disponibili a donargli un rene per poter sopravvivere. La maggiore dei tre fratelli non è risultata idonea alla donazione. La sorella Serenella Baltieri, all'epoca di 47 anni, ha detto immediatamente sì.

Ma se ricordiamo in quei mesi di piena pandemia la situazione degli ospedali, i sanitari erano presi dall'emergenza sanitaria per il contagio, mentre Serenella doveva essere sottoposta a tutta una serie di controlli e di esami. Sarebbe bastato un piccolo calcolo nel rene a compromettere tutto. Dopo mesi su e giù da Soave a Vicenza, finalmente l'esito positivo: Serenella era sanissima e il suo rene era compatibile con quelli del fratello, questo il dato emerso dal raffronto dei due Dna. 

Espianto. Il 4 agosto del 2020 Serenella viene sottoposta all'espianto del rene in un reparto dell'ospedale e suo fratello Davide, in un altro settore del nosocomio, viene operato per l'impianto del rene della sorella, mentre i suoi due reni malati, pieni di cisti, venivano espiantati. Per Serenella non ci sono state conseguenze: «Il rene che mi è rimasto sta lavorando ottimamente anche per l'altro», assicura la donatrice. 

In salita.  Per Davide le cose subito si sono presentate in salita per il rischio del rigetto dell'organo. «A ferragosto, dalla mia stanza, guardavo fuori dalla finestra e vedevo le lunghe code, persone in fila per farsi il tampone, mentre io non sapevo se il mio corpo sarebbe riuscito ad accettare il rene di mia sorella». 

Davide era dibattuto tra la paura che il grande gesto d'altruismo della sorella fosse stato inutile e il dover attendere anni per riuscire a trovare un altro donatore compatibile. Il trapiantato ha vissuto nell'assoluta solitudine dell'ospedale appena operato, in isolamento fino al 28 di agosto del 2020, il giorno della sua dimissione. 

I medici e gli infermieri venivano in stanza con scafandro e casco. Non aveva più potuto vedere nemmeno la sorella per il rischio di essere contagiato. «L'ultimo giorno di ricovero, sono venuti con uno scafandro e mi hanno detto di indossarlo per andare a salutare Davide», racconta Serenella, «E' stata la prima volta che ci siamo rivisti dopo il duplice intervento chirurgico, con tutte le precauzioni e i dispositivi di protezione del caso». 

Bella notizia. La bella notizia per Davide è arrivata a fine agosto: non c'era stato rigetto del filtro naturale donato e, nonostante Davide fosse invaso ancora da mille drenaggi, il suo sistema urinario stava tornando a funzionare. Un'avventura che ha legato maggiormente i due fratelli Baltieri, che non l’hanno raccontata subito, anche perchè capitata in un periodo di emergenza generale per il Covid.

Adesso Davide, dopo un anno e dieci mesi dal duplice intervento, sta bene. «Dovrò prendere la pastiglia anti rigetto per il resto della vita», assicura il trapiantato soavese, «ma adesso non ho più dolori, mi sento rinato». Davide ha patito dolori sempre più lancinanti ai reni per 12 anni: non riusciva più nemmeno a stare sdraiato a letto e si era gonfiato a causa della ritenzione idrica. 
«Mi sembra impossibile dopo tanti anni di essere tornato a una vita normale», conclude Davide, «ora sono una persona sana e lo devo solo a mia sorella».

L’appello «Abbiamo voluto raccontare alla stampa la nostra vicenda», precisa Serenella, «perchè ci sono centinaia, anzi migliaia di situazioni analoghe alla nostra e sono tanti i fratelli che dicono di no ad un espianto per il timore comprensibile di rimanere con un solo rene». « Vorrei convincerli a donare un rene», conclude, «non ci sono conseguenze nella vita di chi rimane con un solo rene, basta tenersi controllati. Assicuro che la gioia di rivedere un fratello rinato, ripaga di tutte le ansie e delle fatiche e ti da la forza di vivere più intensamente di prima». 

Zeno Martini

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