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Da Verona a Capo nord in bici «Spesso sotto l’acqua e da solo»

Eugenio Zenari, 65 anni, esulta per aver raggiunto la sua meta a Capo nord
Eugenio Zenari, 65 anni, esulta per aver raggiunto la sua meta a Capo nord
Eugenio Zenari, 65 anni, esulta per aver raggiunto la sua meta a Capo nord
Eugenio Zenari, 65 anni, esulta per aver raggiunto la sua meta a Capo nord

A Capo Nord ci è arrivato in bici a 65 anni e con 50 chilogrammi di peso sul velocipede fra indumenti e alimenti: 4.071 chilometri in totale, 27 giorni di tempo, di cui due di pausa per visitare un amico a Berlino e approfittarne per sistemare la bicicletta. Per Eugenio Zenari, cazzanese di origine, oggi residente al Chievo, ma ancora orgogliosamente iscritto al gruppo ciclistico Pedalò di Cazzano di Tramigna, questa era l’impresa dei sogni. «L’ho sempre pensata, anche se non so spiegarne la ragione», dice, «e l’avevo in testa ancor prima del giro d’Italia». Bisogna, infatti, ricordare che nel 2015 partì da casa per percorrere tutta l’Italia seguendo il periplo delle coste, da Mentone a Villa Opicina, un’impresa più lunga, di 4.673 chilometri in 39 giorni con un dislivello di quasi 24mila metri. Era il primo anno di pensione (dopo una vita da infermiere a Borgo Roma), ma soprattutto era la prima lunga escursione in bicicletta dopo la frattura di un ginocchio quattro mesi prima per un incidente sugli sci e 40 giorni di assoluta immobilità. «Ma arrivare a Capo Nord è stata più dura», ammette Zenari, «per il tempo, i guasti meccanici e la lingua». Riassume in una battuta un mese di tormenti sotto la pioggia, la rottura dei raggi della ruota posteriore della sua vecchia mountain bike trasformata in city bike e del cuscinetto della ruota anteriore, del computer di bordo che segnalava chilometri e dislivelli. «E poi sempre sotto l’acqua e sempre da solo, salvo gli ultimi quattro giorni, quando mi ha affiancato Stefano, un romano che però era arrivato in aereo fino a Stoccolma. La pioggia è stata la difficoltà maggiore perché ero costantemente bagnato: un giorno mi sono cambiato fino a sei volte e devo ammette che la voglia di mollare tutto mi ha tormentato più di una volta». In un tragitto dove i compagni di strada sono stati volpi, renne, scoiattoli, boschi e tanta acqua, mai una casa e quando c’era era chiusa, e mai un’anima viva, «ma le poche volte che appariva parlava una lingua per me incomprensibile», si giustifica Zenari, che però non ha perso il buon umore: «Coi locali ho avuto pochi contatti: ho socializzato di più con le loro birre». La fatica, però, non è stata compagna di strada: «In realtà no. Ho trovato più difficile il periplo della nostra Penisola e avrei fatto anche il ritorno in bicicletta fino a Verona se non avessi avuto tutti quei problemi meccanici», assicura. È arrivato a destinazione con una media di 160 km al giorno e di 242 km per la tappa più lunga in territorio svedese da Holmsund a Piteå, dopo 12 ore di pedalate. Nel ritorno, sosta in Finlandia dai consuoceri e rientro in aereo a Verona dove la moglie gli ha fatto la sorpresa di aver radunato un comitato di accoglienza con tutti gli amici e il regalo di una maglietta con serigrafata la foto della partenza da Cazzano e dell’arrivo a Capo Nord. Non anticipa nulla per il futuro, ma si sa che è la sua tecnica scaramantica, perché in testa avrà sicuramente qualcosa d’altro che i più pensano impossibile da raggiungere: «Per tanti giorni di vita solitaria mi è mancata la relazione, i familiari, gli amici, ma ammetto che sono stati anche lo stimolo per continuare ad andare avanti nei momenti di maggior sconforto. Adesso mi godo la soddisfazione di aver realizzato un sogno», conclude. •

V.Z.

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