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SAN BONIFACIO. L’infortunio del dipendente di un’azienda di Sarego è avvenuto nel capannone della «Mec Tronic srl». La Fiom: «È strage: ci sono già 80 morti nel 2020»

Autista muore travolto dal muletto

L’autista Stefano Percali, 50 anni, viveva a Lonigo nel Vicentino I carabinieri  stanno indagando per venire a capo della dinamica dell’incidente FOTOSERVIZIOPECORA
L’autista Stefano Percali, 50 anni, viveva a Lonigo nel Vicentino I carabinieri stanno indagando per venire a capo della dinamica dell’incidente FOTOSERVIZIOPECORA
L’autista Stefano Percali, 50 anni, viveva a Lonigo nel Vicentino I carabinieri  stanno indagando per venire a capo della dinamica dell’incidente FOTOSERVIZIOPECORA
L’autista Stefano Percali, 50 anni, viveva a Lonigo nel Vicentino I carabinieri stanno indagando per venire a capo della dinamica dell’incidente FOTOSERVIZIOPECORA

Paola Dalli Cani Schiacciato da un muletto in movimento. È la primissima ricostruzione dell’incidente che ieri a Colognola a Colli è costata la vita a Stefano Percali, operaio vicentino, 50 anni compiuti lo scorso dicembre. L’infortunio sul lavoro si è consumato alle 9 in uno dei tre capannoni della «Mec Tronic srl», azienda di automazioni industriali, trasportatori a nastro e rullerie ed impianti elettrici con la sede nella zona industriale di Colognola ai Colli che si affaccia sulla strada Regionale 11. È lì che ieri mattina era arrivato l’autista, residente con la famiglia a Lonigo nel Vicentino. È uno dei 1.750 dipendenti della Salvagnini, holding di Sarego nel Vicentino che progetta, produce e vende macchine e sistemi flessibili per la lavorazione della lamiera. Percali avrebbe dovuto effettuare un carico sul camion della ditta quando, per cause in corso d’accertamento dagli inquirenti, durante le consuete manovre di carico della merce, è stato schiacciato da un muletto. I primi a prestargli soccorso sono stati gli operai impegnati in quel turno di lavoro mentre in contemporanea è partita la richiesta di soccorso. Sul posto in pochi minuti sono arrivati un’auto medica, un’ambulanza della Croce verde e l’elicottero di Verona Emergenza: per l’uomo, però, presumibilmente morto sul colpo, non c’era più nulla da fare, come hanno potuto constatare anche i carabinieri della stazione di Colognola ai Colli, arrivati poco dopo, ed i tecnici del Servizio di prevenzione-igiene-sicurezza degli ambienti di lavoro (Spisal) che hanno lasciato i capannoni solo nel primo pomeriggio. Una tragedia sconvolgente attorno alla quale, ieri mattina, è calato un silenzio impenetrabile. Erano impietriti gli operai che alla spicciolata hanno lasciato uno per volta il capannone, espressioni stravolte e riserbo assoluto sia da dentro la Mec Tronic che da parte dei vertici della Salvagnini, giunti pure sul posto. Attorno alle 12.15, solo una manciata di minuti dopo l’arrivo del personale di una ditta di servizi funebri, in via Colomba è arrivata anche la giovane moglie di Percali, mamma dei due figli (il più piccolo nato nemmeno un anno fa) che avevano riempito di gioia la vita della coppia. Sorretta da un congiunto la donna è entrata nel capannone ed è uscita qualche minuto dopo, chiusa in un dolore indicibile ma assolutamente composto. L’ultimo sguardo al furgone dove era stato caricato il corpo del suo Stefano per poi seguirlo fino alla sede della Cof, a Caldiero. Alla Salvagnini, dove la notizia è arrivata poco dopo, Fiom-Cgil, Fim-Cisl e le rappresentanze sindacali interne hanno proclamato un’ora di sciopero per riunirsi in assemblea mentre la triplice di Vicenza ha dichiarato lo sciopero generale. Ieri, a Vercelli, un incidente incredibilmente simile è costato la vita ad un operaio di 32 anni. «Nei primi mesi del 2020 sono già più di 80 le persone morte sul posto di lavoro e 3 solo nelle aziende metalmeccaniche della nostra provincia», si legge in una nota firmata ieri da Emanuela Mascalzoni per la segreteria provincia Fiom di Verona, «in questi dieci anni i dati ci dicono che sono morti per infortunio sul lavoro oltre 13.000 lavoratori comprensivi dei morti sulle strade e in itinere. Oltre il 30 per cento dei morti sui luoghi di lavoro ha più di 60 anni. Ci stiamo abituando a questa strage, nessuno fa niente, non ci sono decreti urgenti, latitano i controlli sul territorio», tuona la Fiom che denuncia come ci si stia drammaticamente «abituando a vivere questo dramma. Eppure un’indagine della Fiom del Veneto ha dimostrato come le imprese, almeno quelle metalmeccaniche in questi anni hanno fatto utili, prodotto ricchezza, che non è stata riversata né sugli investimenti nè sulle retribuzioni dei lavoratori». E conclude: «Il vaccino qua c’è e si chiama prevenzione, si chiama risorse sulla prevenzione e sugli investimenti in macchinari più sicuri e sulla formazione dei lavoratori per evitare ulteriori tragedie». •

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