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Arcole doc, vitigni bloccati e stoccaggio delle uve per salvarlo

L’assemblea dei soci del Consorzio di tutela dell’Arcole Doc ha deciso una serie di azioni per valorizzare e tutelare il Pinot Grigio, la varietà che sta dando grande soddisfazione alla denominazione stessa. Sinteticamente, i viticoltori hanno deciso il blocco degli impianti per tre anni e lo stoccaggio delle uve in eccesso della vendemmia oramai alle porte. Il successo commerciale del Pinot Grigio dell’Arcole Doc è evidente: la superficie vitata è aumentata del 37 per cento negli ultimi cinque anni, portandosi a 1.700 ettari, l’imbottigliato ha raggiunto i 2.900 ettolitri a maggio. Un valore che, in un anno come questo, vessato dalla pandemia, ha bisogno di essere gestito con prudenza per assicurare il reddito ai viticoltori e la continuità produttiva. Per questo l’assemblea, presieduta da Stefano Faedo, ha concordato all’unanimità di equilibrare la produzione 2020, in conformità con le decisioni prese da altre denominazioni. Si richiederà quindi di bloccare i nuovi impianti, per la sola varietà Pinot Grigio nella denominazione, escluse quindi le altre varietà, e si opererà lo stoccaggio della produzione delle uve eccedenti, le 13 tonnellate ettaro fino al massimo delle 15 t/ha, previste dal disciplinare per la vendemmia 2020. Una scelta oculata e in linea con le grandi denominazioni come il Pinot Grigio delle Venezie e la Doc Venezia, nell’ottica di un equilibrio di mercato per una varietà che ha registrato negli ultimi anni un vertiginoso tasso di crescita sui mercati internazionali. La denominazione Arcole è sempre stata la casa dei grandi vitigni internazionali, da quelli per il taglio bordolese, allo Chardonnay ed infine il Pinot Grigio, che trovano in queste terre un habitat naturale, con rese più basse rispetto alle denominazioni più note. Questo permette l’esaltazione della componente fruttata ed la tipica salinità al palato, data dalla forte componente calcarea del suolo dove si coltiva. «Sono scelte ponderate, in un periodo storico nel quale l’interesse generale dei produttori deve essere ciò che muove le denominazioni», dice Faedo. •

Z.M.

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