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Il caso

Violenza di gruppo, sospesi altri due giocatori. La Virtus aspetta ma Manfrin non gioca

I ragazzi sono stati condannati a sei anni, la società di Borgo Venezia è l’unica a non aver preso provvedimenti. Il confine fra legge ed etica
I fatti risalgono al gennaio del 2020
I fatti risalgono al gennaio del 2020
I fatti risalgono al gennaio del 2020
I fatti risalgono al gennaio del 2020

Da una parte la legge, dall’altra l’etica. E tanto altro. Gianni Manfrin non è andato nemmeno in panchina ieri nella partita del Gavagnin-Nocini contro la Triestina ma continuerà ad allenarsi con la Virtus e potrebbe anche essere convocato domenica per la trasferta di Mantova, dopo essere stato condannato a sei anni di reclusione in primo grado per violenza sessuale di gruppo nei confronti di una studentessa ventenne insieme a Stefano Casarotto, Daniel Onescu, Santiago Visentin ed Edoardo Merci. All’epoca tutti alla Virtus.

L’Associazione italiana calciatori è rimasta in silenzio. Nessuna dichiarazione, almeno per ora, da parte del presidente Umberto Calcagno sempre in contatto in questi giorni con Gigi Fresco.

 

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Strade diverse

La posizione della Virtus è la solita. Distante da quella del Cittadella, serie B, che «tenuto conto della gravità del comportamento ascritto al tesserato Santiago Visentin», dice in una nota, «intende avviare l’iter volto alla sospensione dell’attività sportiva del giocatore dal club. La società, pur ben sapendo che vale la presunzione di innocenza fino alla sentenza definitiva e augurandosi che il calciatore possa dimostrare la propria estraneità ai fatti addebitati nei prossimi gradi di giudizio, ritiene confliggenti con i principi che fondano l’ordinamento sportivo e i valori che da sempre la società rappresenta le accuse mosse in primo grado a carico del proprio tesserato».

E anche Dolomiti Bellunesi ha sospeso a tempo indeterminato Onescu. Anche in questo caso una nota spiega perchè: «Non nascondendo stupore e incredulità, la società ha appreso del coinvolgimento di un proprio tesserato in fatti di grave rilevanza, con risvolti penali che riguardano il giocatore nel periodo in cui non era tesserato con la società. La SSD Dolomiti Bellunesi prende atto che la sentenza emessa dal Tribunale di Verona non è definitiva e che la condanna inflitta potrebbe essere oggetto di riforma nei successivi gradi di giudizio. Tuttavia la società, alla luce della gravità dei fatti contestati, ha ritenuto di sospendere Onescu da ogni attività in via cautelare e a tempo indeterminato».

«La vicenda è delicata», premette l’avvocato veronese Stefano Fanini, fra i massimi esperti in Italia di diritto sportivo, «considerata la gravità dei fatti denunciati e il reato contestato. Soltanto le parti processuali, l’organo inquirente e quello giudicante hanno conoscenze nei dettagli dell’accaduto e possono entrare nel merito nelle rispettive posizioni».

 

Un passo alla volta

Ci sono differenze a livello sportivo fra Visentin e Manfrin, calciatori di Serie B e Serie C quindi professionisti, rispetto a Casarotto e Onescu ora tesserati per società di D e perciò dilettanti. «Le decisioni delle società», continua Fanini, «sono stati in alcuni casi opposte. Alcune, in via cautelare, pur consapevoli della condanna non definitiva li hanno comunque sospesi. Altri, con profilo più garantista, aspettano almeno le motivazioni. Va tenuto presente anche la differenza di categoria, in quanto in alcuni casi vi sono vigenti accordi collettivi che limitano espressamente la libertà per i club di adottare provvedimenti, pur in presenza di condanna a pena detentiva per reati non colposi, nel caso in cui la sentenza non sia passata in giudicato. Altro elemento da considerare per valutare l’opportunità di un provvedimento sospensivo è la presenza di regolamenti, codici etici dei vari club che potrebbero aver previsto in modo specifico la possibilità di intervenire in termini più rigorosi per fattispecie di questo tipo».

 

Punti di domanda

«Trattandosi del primo grado di giudizio, la presunzione di innocenza vale fino alla fine della sentenza definitiva, quindi in terzo grado. In linea generale», il punto di Fanini, «è prudenziale attendere le motivazioni per eventualmente avvalorare poi un provvedimento di sospensione anche perché gli imputati pare abbiano manifestato l’intenzione di appellare la sentenza. Ciò in quanto il secondo grado potrebbe vedere anche riformata la decisione e ciò comporterebbe, sino comunque alla sentenza definitiva essendo possibile ricorrere in Cassazione, una situazione di incertezza con le relative conseguenze per club e atleti coinvolti. Gli aspetti legali legati a ipotetica rescissione unilaterale o sospensione andrebbero valutati in base alla definizione di una possibile condanna. È anche evidente che le valutazioni etiche dei club in questi casi, talvolta dovute anche a situazioni ambientali, spesso portino a prese di posizioni immediate per evitare ulteriori criticità agli atleti e vengano con loro condivise in via prudenziale».

Alessandro De Pietro

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