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Il reportage

Via IV Novembre, dai «bondolari» alle banche e alla movida: la storia di una via

Via 4 Novembre ieri e oggi (foto Marchiori)

È la strada forse più al passo con i tempi di tutta Verona. Via IV Novembre, nel cuore di Borgo Trento, scandisce la storia della nostra città. Le attività commerciali sono nate negli anni '60 in concomitanza con la massiccia costruzione di palazzi e appartamenti.
«La gente aveva bisogno di tutto e noi botteghe risultavamo essenziali», dice Giorgio Montaldo, titolare, con il padre Gianernesto, del noto negozio di casalinghi e molto altro ancora, dal nome “Cassetta”.

 


Poi, negli anni '90, le botteghe di calzolai e artigiani hanno iniziato a lasciare spazio all'arrivo in massa delle banche. Oggi anche queste stanno iniziando a battere in ritirata e la strada è ormai votata alla movida, una vera e propria via degli spritz che si anima al calare del sole. «Abbiamo aperto nel '59 anche se la bottega era stata fondata già nel 1933 dalle zie Cassetta in via Cappello», racconta Giorgio Montaldo. «Spuntavano ovunque case, costruite in un boom edilizio generato da un'unica impresa. La gente aveva bisogno di arredare. Fino agli anni '80 avevamo la coda fuori dal negozio, ora invece si sopravvive, non so se riusciremo a fare ancora tanta strada, ma questa è la creazione di mio padre e non se ne vuole separare. Dopo il Covid, le persone si stanno un po’ ricredendo nel fare da mangiare in casa e acquistano impastatrice ed elettrodomestici simili. Ma ormai fioristi, riparatori di televisori, il calzolaio, la merceria che procurava stoffe a piacere...sono tutte realtà scomparse in nome della standardizzazione, del comprare e poi buttare. Da quando non ci sono più gli ultimi artigiani tuttofare che riparavano qualsiasi cosa, si preferisce cestinare e riacquistare a basso prezzo».

 


La bottega di Montaldo è stata fatta tutta dal padre con scaffali su misura e i prezzi, ancora oggi, scritti a penna con tanto di invito a cogliere sconti e occasioni. «Negli anni '90 sono arrivate la Rol- Banca e la Sparkasse, ora resiste il Banco Popolare e c'è ancora il Crédit Agricole oltre all'Intesa Sanpaolo. Ma la via pullula principalmente di localini e bar, specie verso la città. I pochi negozi superstiti si trovano soprattutto nel lato invece verso piazza Vittorio Veneto», fa notare ancora Montaldo, memoria storica dell’arteria cittadina, tra le più conosciute in tutta Verona. Poco distante dalla sua bottega c'è la gioielleria Bombonato, aperta solo un anno prima, nel '58, dal signor Ferdinando. Oggi le sue capacità acquisite nella scuola d'arte orafa sono portate avanti dai figli Stefano, Barbara e Andrea.
«Il papà aggiustava le borse alle signore e persino i fermagli per i capelli», racconta Barbara. «Siamo rimasti in pochi a testimoniare il passato». Una realtà ancora più storica è la farmacia Coghi, aperta il primo agosto del 1936 da Salvino che l'ha poi ceduta al figlio Giuseppe, ancora titolare con le figlie Isabella e Anna.
«Siamo già alla terza generazione», sottolinea Isabella con soddisfazione la titolare dell’esercizio. «Molti clienti di quando io ero bambina ancora si ricordano le ginevrine, le caramelline colorate che regalava loro mio nonno. Il mobilio, con Ippocrate fatto disegnare dal mio avo, è ancora quello di un tempo, come pure le vetrinette e il grande mortaio. Ora la via ha cambiato completamente aspetto, ricorda i Navigli di Milano, è dedicata ai bar e allo svago serale».

 


Il ritrovo più “vintage” e di vecchia data nella strada veronese è senza dubbio quello di Dal Zovo. Nato nel lontano 1958 come bottiglieria e trasformato negli anni '80 in un mix di bar e vendita di bottiglie, negli anni '90 è stato completamente ristrutturato per trasformarsi unicamente in un wine bar. La bottiglieria del resto, come tutti sanno, è a pochi metri di distanza, in viale della Repubblica. «Mio padre Ermenegildo è stato il fondatore», racconta Franco davanti ai mega scaffali della bottiglieria dove, come da Cassetta, i prezzi sono ancora scritti a penna. «Nella via, oltre ai negozi, c'erano gli uffici del Genio Civile, dell'Enel e l'ufficio di collocamento. Poi sono arrivate le banche, ma non possiamo dimenticare anche il primo bar di livello nella zona, aperto da Bauli. Gli alimentari hanno chiuso progressivamente tutti e sono stati aperti al loro posto pizzerie, locali. A breve verrà pure inaugurata una ravioleria». 

Ruggero Bauli è immortalato in una foto nella pasticceria Perlini all'angolo. «Era un allievo di Clorindo Perlini», fanno sapere da dietro il bancone della pasticceria che, pur essendo stata fondata nel 1912 è stata aperta in via IV Novembre solo tre anni fa
«Facciamo ancora i bignè con le ricette storiche di Perlini», aggiungono i titolari dell’esercizio, mentre sulle pareti del negozio si possono leggere gli ingredienti per sfornare meringhette, roccocò, vaniglioni, brioches e krapfen.
Il titolare è ora Diego Venturi, ex pasticcere di Perlini, che, dopo avere lasciato la sede di via Cappello, ha aperto prima una bottega in via Verdi e ora ha aggiunto questa di Borgo Trento.

 

IL RICORDO

È stata una delle culle che ha accompagnato la crescita di tantissimi baby boomers, nati tra la fine degli anni Cinquanta e l’inizio degli anni Sessanta. È stato lì che via IV Novembre ha raggiunto il massimo delle sue avventure commerciali, diventando la carta d’identità di un’intera comunità che neppure si offendeva se veniva chiamata «bondolara».
Veniva infatti considerata una zona chic e cara e perciò si narrava che per risparmiare poi si andasse dal salumiere a comperare l’economica bondola (mortadella) invece del cotto e del crudo. E a proposito di salumerie e alimentari non si può non citare una vera istituzione, Dal Maso, con il nonno Aldo e il figlio Dino, sempre con la matita dietro l’orecchio pronti a fare i conti su un pezzo di carta. Qui tante famiglie avevano addirittura il conto aperto, saldo a fine mese. E per dire l’aria che tirava in quartiere, un anziano professionista un giorno si lamentò perché secondo lui un negozio di alimentari in Borgo Trento non poteva vendere anche la carta igienica, era poco decoroso. Gli venne chiesto quale fosse l’alternativa che usava. Di fronte, sotto i portici, il bar Perugina, dove l’affabile Michele preparava il caffè e la colazione al grande Claudio Garella e signora che abitavano in zona. Tre portoni più a destra, sempre sotto i portici, la storica tabaccheria gestita dalla sorella di Sara Simeoni, una goccia d’acqua, e quando lei andava in ferie qualche giorno, arrivava dietro il bancone la campionessa olimpica con il marito Erminio Azzaro ed era un evento. Sempre all’angolo con via Cesare Abba, c’era un’altra istituzione, la cartolibreria Cangrande (poi arrivò una banca al suo posto), su due livelli, che ha rifornito di cancelleria tutti gli scolari di Borgo Trento e che chiudeva tardi la sera per salvare i ragazzini dalle solite dimenticanze. Un altro negozio preziosissimo per chi andava a scuola era vicino a Bombonato: un colorificio fornitissimo dove trovavi i Caran d’Ache, pennelli, bulini, inchiostri e tutto quello che potevi portare a scuola. Subito dopo il mitico negozio di giocattoli e casalinghi, «Cassetta» che ha rifornito di giochi, macchinine, Bruciapista, Flobert e Oklahoma (fucili e pistole con pallini di gomma) intere generazioni. Prima che arrivasse la grande ondata degli sportelli bancari, via IV Novembre aveva una serie di negozi di prossimità, al servizio del quartiere: una pescheria (che non durò molto), un fiorista (protagonista di un’esplosione per fortuna non tragica che frantumò i vetri di mezzo quartiere), un negozio di lane Pingouin per le signore che lavoravano ancora a maglia, la profumeria, il negozio di moda. E poi Cantini, il negozio di arredamento che ha riempito i salotti del quartiere: il titolare, un simpaticissimo toscano, è stato il pioniere dell’arredamento di design in anni ruggenti per una serie di oggetti che si chiamano vintage e vanno a ruba... E poi i bar, da Sabrina all’Edelweiss, dal Doge a tanti altri, dove si giocava la schedina della Sisal. Cartoline di un’epoca, testimonianze di una parte di Verona che era ancora una comunità. 

Chiara Bazzanella e Maurizio Battista

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