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L'inverno senza freddo

Gennaio come marzo. E quei 12 gradi confondono anche gli animali

Il fenomeno potrà avere effetti negativi anche sulla prossima estate. Le api perdono l’orientamento, i cinghiali preferiscono stare in quota. I lupi cambiano dieta e i rapaci anticipano la deposizione delle uova
La temperatura di ieri in piazza Erbe e una coppia di lupi su un pendio innevato in Lessinia
La temperatura di ieri in piazza Erbe e una coppia di lupi su un pendio innevato in Lessinia
La temperatura di ieri in piazza Erbe e una coppia di lupi su un pendio innevato in Lessinia
La temperatura di ieri in piazza Erbe e una coppia di lupi su un pendio innevato in Lessinia

È già arrivato marzo. Non è un errore e nemmeno un’esagerazione. Le temperature di questi primi giorni dell’anno, infatti, coincidono in tutto e per tutto con la prima decade di marzo. In centro città per cinque giorni consecutivi, dall’ultimo dell’anno al 4 gennaio, il termometro non è mai sceso sotto i sette gradi. Evento eccezionale, mai accaduto prima, che però comporta dei rischi.

Non siamo nemmeno a metà mese e l’appellativo di gennaio più caldo di sempre sembra corretto. E i comportamenti degli animali cambiano, come spiega Leonardo Latella, responsabile della sezione di zoologia del museo di Storia naturale di Verona. Basta poi dare un'occhiata alle cime delle nostre montagne per capire che il clima ci sta parlando. E non deve ingannare la spolverata di bianco solo sopra i 1.500 metri di questi giorni: decisamente un’altezza insolita perché dovrebbe nevicare anche a quote più basse, fino ai mille metri.

Le temperature anomale oltre a danni nell’immediato rischiano di avere effetti negativi anche in estate con eventi naturali come piogge torrenziali, venti fortissimi e grandinate. Un cambiamento, però, è previsto per domenica notte quando si dovrebbero vedere le prime piogge. In ogni caso le temperature scenderanno, ma solo per avvicinarsi a quelle tipiche dell’inverno.

Le api

C’è una temperatura in particolare che «dice» alle api quando è il momento giusto per uscire dall’alveare, i dieci gradi. Da quel momento in poi, quindi, iniziano ad avventurarsi verso i primi fiori. Normalmente però questo accade all’inizio della primavera e non ai primi dell’anno.

«Ne sto vedendo sempre di più, ma generalmente a gennaio le api restano nel glomere, una sorta di grappolo all’interno dell’alveare, in cui al centro c’è l’ape regina. La posizione», spiega Alessandro Pistoia, apicoltore ed ex professore alla scuola di agraria, «serve per mantenere il calore che al centro è di circa 36 gradi. Le api a turno si muovono verso l’interno per scaldarsi per poi tornare all’esterno e consumare le scorte di cibo. In questo periodo in cui i dieci gradi vengono raggiunti o superati le api iniziano ad uscire in cerca di cibo ed è insolito».

Ci sono anche dei rischi: «Uno è che l’ape esca dall’alveare e che si attardi a rientrare quando la temperatura verso sera cala. Anche se, va detto, la mortalità delle api è dovuta più che altro a pesticidi».

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I rischi

«Gli insetti in questo periodo di caldo fuori stagione», sottolinea lo zoologo Latella, «è come se intuissero l’arrivo della primavera e quindi sfarfallano. Se poi però torna il freddo si trovano spiazzati. Il problema sono gli sfasamenti, ma lo abbiamo visto anche in estate quando c’è stato un momento lunghissimo di siccità. Il rischio è che se continuano a ripetersi queste anomalie venga meno la sincronizzazione e i ritmi sia tra animali e clima sia tra piante e animali che sono legati a esse. E tutto questo incide sull’andamento generale dell’ecosistema».

I predatori

Lupi che preferiscono le mele e l’uva alla carne, tartarughe che tardano ad andare in letargo: sono anch’essi conseguenza di temperature stagionali al di sopra la media. E della sostanziale carenza di neve.

Gran parte della fauna selvatica sembra essere agevolata da questa situazione. Vale sia per gli ungulati come cervi, cinghiali, caprioli e camosci sia per gli uccelli, i quali per l’assenza di innevamento e di gelo hanno minori difficoltà nel reperire cibo. E così, per esempio, i cinghiali tendono a scendere meno in pianura.

«Gli animali hanno un orologio biologico che segue le stagioni», fa notare il veterinario Alessandro Salvelli, presidente di Federcaccia Verona. «Trovare rigogliosi erbai, rispetto alla penuria di vegetazione negli inverni rigidi, innesca delle variazioni nelle abitudini alimentari. Questo induce alcuni animali a rimanere stanziali in una zona o ad avere modalità diverse nei loro spostamenti. Si nota», prosegue Salvelli, «nel cambiamento delle linee di passo di alcuni uccelli, alcune sono variate».

In cattività

Il clima muta? La natura sia adegua in fretta. Osservatorio particolare è il Parco Natura Viva di Bussolengo. Qui, segnala il direttore scientifico della struttura, Cesare Avesani Zaborra, «la deposizione delle uova dei grandi rapaci, che di solito si verifica alla fine di gennaio, ha avuto un anticipo di trenta giorni». Novembre è stato un mese piuttosto insolito dal punto di vista fisiologico, con influenze ormonali sui mammiferi, che hanno tardato la muta.

Per quanto riguarda invece il comportamento, l’autunno poco freddo ha «riscaldato» gli animi dei lemuri, spingendoli all’accoppiamento. Anche le tartarughe delle Seychelles hanno temporeggiato ad andare nelle tane. Sempre a novembre, riferisce Avesani Zaborra, «i lupi hanno posticipato il passaggio dall’essere onnivori a carnivori che in genere si verifica con l’abbassamento delle temperature, preferendo mele e uva alla carne».

Adesso gli occhi sono puntati sulle schiuse anticipate delle uova: «Le nascite in pieno inverno devono essere monitorate con attenzione per gli avvoltoi indiano-reali e i gipeti». Incubatrici pronte per questi ultimi, limitando al massimo l’intervento dell’uomo, visto che sono destinati a tornare in natura.

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Nicolò Vincenzi e Marta Bicego

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