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Covid, la situazione

Variante Delta anche a Verona: «Due casi già isolati e risolti»

Test rapidi antiCovid
Test rapidi antiCovid
Test rapidi antiCovid
Test rapidi antiCovid

Si fa largo la variante delta del virus in Veneto e anche in città. Nei reparti dell’Azienda ospedaliera di Verona, nelle ultime due settimane sono stati curati e dimessi due pazienti con il virus indiano.

 

Si tratta di persone ricoverate per circa sette giorni, ciascuno nelle aree non critiche, e poi dimesse. Erano entrambe rientrate dall’estero. Tra marzo e aprile anche l’Ulss9 aveva individuato un caso, poi risolto. Mentre gli ultimi tamponi inviati al termine della scorsa settimana non davano riscontri positivi alla variante.

 

Tuttavia nel mese di giugno la percentuale dell’inglese, variante predominante in Veneto e giunta a oltre il 95% dei casi, si sta abbassando (circa il 60%), lasciando spazio all’indiana che sale dall’1,5% di maggio all’11,1 di giugno nella nostra Regione, secondo il monitoraggio dell’Istituto zooprofilattico delle Venezie che riceve i tamponi dalle Ulss e ne verifica i ceppi virali.

 

Tra aprile e giugno in Veneto sono stati identificati 124 casi di variante delta in campioni provenienti soprattutto da Treviso (per un focolaio legato a un’azienda e a famiglie tornate dall’India), e poi da Padova, Rovigo, Vicenza (con il minifocolaio partito da un campo estivo nel Veneziano, a Chioggia) e Verona.

 

Molti di questi sono stati riscontati in soggetti di rientro dall’India e nei loro familiari o derivano da focolai originati sempre da contatti con soggetti di rientro dal Paese asiatico. «Di sicuro la variante delta crescerà, come hanno fatto le precedenti e come faranno le altre che verranno», spiega Evelina Tacconelli, direttrice di Malattie infettive dell’Azienda ospedaliera di Verona. «Per fortuna in Italia è arrivata in ritardo: alle porte dell’estate e con risposta immunitaria più alta da parte della popolazione. Questo gioca a nostro favore».

 

Il vaccino mostra, inoltre, di rispondere alle varianti e poi le cure con anticorpi monoclonali effettuate anche a Verona riducono la trasmissibilità del virus: «Purtroppo in Italia non c’è un monitoraggio totale e completo e il Veneto fa quanto richiesto a livello nazionale. Altri Paesi hanno investito molto sul tracciamento. Ma ora abbiamo più armi: preveniamo meglio, abbiamo le cure e vacciniamo la popolazione», conclude Tacconelli.

 

Su quest’ultimo punto il direttore generale dell’Aoui, Callisto Bravi, lancia un appello ai cittadini: «È necessario vaccinarsi. Perché se è vero che si tratta di una scelta personale, è anche uno strumento di difesa di chi non può vaccinarsi ed è più debole. Occorre tenere conto del bene comune». Oltre al vaccino Bravi invita anche a effettuare un tampone: «Si può fare anche in occasione del vaccino (il centro tamponi è alla porta E della fiera, di fianco al centro vaccinale, ndr). Cerchiamo soluzioni per aumentare il numero di tamponi».

 

Intanto l’Aoui studia la quantità e la qualità degli anticorpi in chi ha superato la malattia o è stato vaccinato in un programma che coinvolge mille pazienti. A breve illustrerà i risultati. Mentre sulla terza dose di anticovid, Tacconelli frena: «Francia e Germania l’hanno già resa obbligatoria, ma senza reale evidenza. Noi invece puntiamo ad arrivare a ottobre con un numero più alto possibile di trattamenti con anticorpi monoclonali».

 

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