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Il caso nel luglio 2018

Saluto romano in aula, Andrea Bacciga assolto: «Il fatto non sussiste»

Il gesto era rivolto alle attiviste di «Non una di meno». Chiesti 4 mesi ma per il collegio non c'è stato reato
La protesta in Consiglio e Andrea Bacciga
La protesta in Consiglio e Andrea Bacciga
La protesta in Consiglio e Andrea Bacciga
La protesta in Consiglio e Andrea Bacciga

«Assolto perché il fatto non sussiste» e trasmissione del dispositivo della sentenza all’Ordine degli Avvocati. Si è chiuso poco prima delle 14 il capitolo giudiziario per l’avvocato Andrea Bacciga, finito a processo per quel braccio alzato a mo’ di saluto romano all’indirizzo delle attiviste di «Non un di meno» presenti, immobili nel loggione, alla seduta del Consiglio comunale del 26 luglio 2018.

Quella sera erano al voto due mozioni della Lega volte a dare ampio spazio alle associazioni cattoliche per contrastare l’aborto libero e per questo le «ancelle» avevano inscenato una manifestazione davanti a palazzo Barbieri e al suo passaggio Bacciga divenne l’oggetto degli sfottò. Ma non finì lì.

L’accusa per l’allora consigliere comunale di «Battiti» era la violazione dell’articolo 5 della legge Scelba che punisce chiunque «compie manifestazioni usuali del disciolto partito fascista ovvero di organizzazioni naziste» e al termine della requisitoria, il procuratore aggiunto Bruno Bruni ha chiesto la condanna a 4 mesi e 500 euro di multa. In aula anche le parti civili, l’Associazione nazionale ex deportati, tre attiviste di «Non una di meno» e l’Associazione partigiani d’Italia (Federica Panizzo ed Emilio Ricci i loro legali) che presentarono gli esposti in Procura.

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Davanti al collegio presieduto da Alessia Silvi i testimoni hanno ricostruito i passaggi di una giornata caratterizzata da scambi e provocazioni avvenuti all’esterno di Palazzo Barbieri e culminata, dopo l’ingresso in sala Gozzi, con il saluto che evoca il Ventennio.

La reazione fu immediata da parte sia del pubblico sia di alcuni consiglieri ma il presidente del Consiglio comunale Ciro Maschio non adottò alcun provvedimento. Non notò il saluto e le telecamere non lo ripresero.

«Si è cercato di introdurre la Mancino in questo processo sostenendo che il gesto è stato fatto in riferimento a una delibera che andava a discriminare le donne», uno dei passaggi dell’arringa dell’avvocato Roberto Bussinello che con la collega Irene Dal Fior assiste Bacciga.

«Diverso se fosse stato fatto durante una discussione sui campi rom piuttosto che riferito agli immigrati ma qui la discriminazione punita dalla Mancino non c’entra». E ricordando che Lidia Poët, la prima donna laureata in Giurisprudenza a fine Ottocento, ottenne l’iscrizione all’Albo degli avvocati nel 1922, ha concluso: «Si discute di un gesto considerato come evocativo del disciolto partito fascista che discriminava le donne? Se il teste dell’accusa ha parlato di goliardia circa il comportamento delle ancelle all’esterno allora anche questo gesto, se è stato fatto, è goliardia, una presa in giro perché tutto termina con un ”ciao ciao”». E ha chiesto l’assoluzione perché il fatto non sussiste». Accolta.

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Fabiana Marcolini

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