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Abitudini in crisi

Quanto ci costa quella tazzina di caffè: «È il segnale che la crisi comincia a “mordere“»

"Lievita" il prezzo del caffè al bar
"Lievita" il prezzo del caffè al bar
"Lievita" il prezzo del caffè al bar
"Lievita" il prezzo del caffè al bar

Immenso Totò, al secolo Antonio De Curtis. «Prendo tre caffè alla volta per risparmiare due mance», confessa nel film «I Tartassati», diretto da Steno nel 1959. Sarebbe in difficoltà il «Principe della risata», ora che la «tazzulella» costa mediamente, anche nel nordico Veneto, 1,20 euro, al banco s’intende. A Verona l’espresso (lungo, ristretto, «in vetro») non è ancora tra i più cari: a Rovigo, per ignote ragioni, costa già dieci centesimi in più. Confesercenti mette il dito nella piaga, prendendo a riferimento una delle poche abitudini voluttuarie rimaste accessibili su base quotidiana.

«I prezzi, pure aumentati, sono stabili ma forse ancora per poco», ammettono dal Centro studi, autore della ricerca. Dietro il rincaro della tazzina fumante c’è di più. «Un circolo negativo che va spezzato, anche con un atto di forza governativo», sintetizza Alessandro Torluccio, direttore generale per il Veronese della Confederazione. «Il segnale, chiaro, è di una crisi che comincia a “mordere“». Dentro e fuori Il rischio è, tazzina dopo tazzina, di uscirne parecchio nervosi. L’euro e 20 centesimi, di fatto, sono la norma per la sosta veloce. In periferia alcuni piccoli bar di periferia resistono sul limite dell’ 1,10; al di sotto di tale soglia, anche se in casi ormai rarissimi, vale il detto «la qualità si paga» e difficilmente il cliente ritorna per una seconda prova. All’esterno, sui plateatici, il discorso cambia: questione di scenario e di servizio, spiegano gli operatori. Accomodati davanti all’Arena (o in piazza San Marco) tutto è lasciato al mercato.

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«Un tempo esisteva un prezzo massimo “suggerito“ ma l’usanza si è persa nel tempo», spiega Luca Benoni, direttore del «Liston 12». Dove, nei fine settimana, il conto delle tazzine può sfiorare quota 2.000 e nei giorni feriali, comunque, le svariate centinaia. Al costo di 1,20 euro al banco o 2,50 all’esterno «perché incide il servizio». In piazza Erbe, conferma lo studio di Confesercenti, la tazzina con panorama (1,20 al banco), arriva anche alla «soglia due». «Il lavoro qui è all’ 80 per cento legato al plateatico», spiega Claudio, titolare del «Bistrot della Scala». «Trovo giusto che si paghi di più e nessuno, infatti, si lamenta». Il guadagno, a colpi di espresso, «si fa sui numeri»: i pochi centesimi di margine vanno moltiplicati per il numero delle tazzine. «Conta soprattutto la qualità del prodotto: un chilo oggi sfiora i 40 euro ed erano 36 poco tempo fa», aggiunge Benoni. Ancora una volta è una questione di moltiplicazioni. Allarga le braccia anche Carlo Cristofoli, socio della «Pasticceria Barini» in Corso Porta Nuova: «Il vero problema è l’energia, le bollette per l’elettricità schizzate, nel mio caso, da poco più di mille euro a ben più del doppio».

L’espresso al banco, nel locale, costa 1,20, 1,40 il «macchiatone» ed 1,60 il cappuccino. «Due colpi in successione, il Covid e la guerra: e se quest’ultima non dovesse finire presto sarà difficile uscire da questa situazione». Analisi stringata ma più che realistica. Serve garantire l’anonimato ma qualcuno lo ammette: «Pazienza se al cliente straniero la consumazione all’esterno viene ricaricata di qualche centesimo». Accade, del resto, in tutta Europa a chi porti le stimmate del turista. «Purtroppo si sta concretizzando uno scenario temuto», commenta, dal fronte dei consumatori, Davide Cecchinato, presidente di Adiconsum. «Ci aspetta un “autunno caldo“, con i nodi al pettine dei costi legati ai rincari di derrate e trasporti». E non è solo una questione di caffé. «Olio di girasole, salumi, formaggi della Lessinia... tutto è rincarato», ammette Federico Giacomello, contitolare della «Cantina del 15».

«La nostra provincia ancora regge, sembra anzi, secondo i dati Istat, segnare tendenze positive, poiché qui a Nord Est ci sono buoni risparmiatori e cattivi investitori», sintetizza Alessandro Torlucci. Ma, complici i rincari, la coperta si va accorciando. «Si rischia la distruzione del commercio “di vicinato“, con quartieri del tutto sguarniti. A questo punto», osserva il direttore di Confesercenti Verona, «serve un intervento da parte dello Stato, sia pure “a gamba tesa“». Ovvero: «Non incentivi alle aziende ma una manovra sul piano fiscale che lasci nelle tasche dei lavoratori denaro vero, la linfa che può rimettere in moto la macchina». Altrimenti «i caffè non saranno più quotidiani, la pizza una volta ogni tanto... Va tolto il tappo che può bloccare l’economia». Senza una svolta (e, ribadiscono tutti, «la fine della guerra») pare ci sia poco da fare. «I Comuni potrebbero incentivare i gruppi di autoconsumo, i singoli cercare i prezzi migliori, con un po’ d’impegno», spiega Cecchinato. Meglio, certo, l’Aspirina che nessuna cura ma, dietro la «tazzulella» cara c’è di più. Di che essere nervosi, e non per la caffeina.

Paolo Mozzo

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