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IL CASO

Ottant'anni dalla battaglia di Nikolajewka, ora è giornata nazionale. Gli alpini: «Ma per noi non andava festeggiata»

Bertagnoli: «In Russia siamo andati da invasori». Saletti: «Il 27 si ricorda il genocidio degli ebrei: si apre una sorta di concorrenza della memoria»
Nella steppa I soldati italiani nei pressi di Nikolajewka
Nella steppa I soldati italiani nei pressi di Nikolajewka
Nella steppa I soldati italiani nei pressi di Nikolajewka
Nella steppa I soldati italiani nei pressi di Nikolajewka

A ottant’anni dal tragico epilogo della campagna militare in Russia con la ritirata e l’ultima estrema battaglia di Nikolajewka, nel 1943 per rompere l’accerchiamento delle truppe sovietiche, si celebra oggi la Giornata nazionale della memoria e del sacrificio degli Alpini.

 

«Scelta la data sbagliata»

Lo ha stabilito una legge del maggio scorso approvata in Parlamento per «promuovere i valori della difesa della sovranità e dell’interesse nazionale, nonché l’etica della partecipazione civile, della solidarietà e del volontariato che gli alpini incarnano».

Le iniziative di ricordo, per quella dolorosa epopea sigillata nella nostra storia anche grazie all’immortale eredità letteraria di Mario Rigoni Stern, a Verona non mancheranno. E non sono mai mancate, anche quando non c’era una legge a disporle.

Luciano Bertagnoli
Luciano Bertagnoli

Eppure, pur orgogliosi per il riconoscimento a loro attribuito, gli Alpini considerano un errore la scelta di questa data: «Gennaio è il mese della mestizia, del ricordo in silenzio», spiega il presidente dell’Associazione nazionale degli Alpini di Verona, Luciano Bertagnoli. «Si ricordano la Shoah, Nikolajewka e tra qualche giorno anche il dramma delle foibe. È un mese che va dedicato al dolore come impegno a non dimenticare». Bertagnoli si allinea all’amico e presidente dell’Ana Trento, Paolo Frizzi che a un giornale trentino ha spiegato che non si sentiva il bisogno di questa giornata ricordando che gli alpini sono «uomini del fare» non dell’apparire e che una data che ricorda il sacrificio delle forze armate c’è già ed è il 4 novembre.

 

Paolo Frizzi
Paolo Frizzi

 

La precisazione

«Siamo orgogliosi che istituzioni e Stato abbiano riconosciuto che gli alpini in tempo di guerra hanno dato il sangue per la Patria e in tempo di pace si sono messi a servizio sempre dell’Italia. Detto questo, la scelta della data è un errore», continua Bertagnoli. «Gli alpini nella ritirata di Russia hanno vissuto situazioni drammatiche ed enormi dolori, ma eravamo là come invasori di uno Stato sovrano. La follia di Mussolini e Hitler coinvolse i nostri alpini in una tragedia immane. Forse sarebbe stata più opportuna, come data, quella della fondazione del corpo degli alpini».

È quello che ritiene anche lo storico della Shoah, Carlo Saletti: «Perché non scegliere la data di fondazione, anziché quella all’interno di una guerra di aggressione? Nel dispositivo di legge, tra l’altro scritto con una retorica di cui si può fare a meno, si parla di sacrificio, ma il termine viene decontestualizzato. Cosa facevano lì gli alpini? Se quel sacrificio fosse andato in porto avrebbero vinto le forze nazifasciste. Sarebbe stata una giornata di memoria? E come sarà raccontato nelle scuole questo sacrificio? È un sacrificio rispetto a cosa? La posta in gioco sarebbe stata la vittoria del nazifascismo in Europa». La data, tra l’altro, cade proprio in concomitanza con il 27 gennaio, giorno della Memoria per ricordare le deportazioni e il genocidio degli ebreii.

«Una concomitanza sbagliata. E questo paradigma vittimario che ruota attorno al sacrificio non ci consente di leggere la storia e la utilizza ai fini del presente», conclude Saletti. «Tra l’altro le leggi memoriali finora sono state dedicate a civili, non a militari. Con questa si oltrepassa la linea, ma allora anche i bersaglieri potrebbero volere una loro giornata della memoria, o i paracadutisti a El Alamein. Queste leggi innescano concorrenze di memoria». Saranno molte le iniziative in città e in provincia. Ricorda Bertagnoli: «È nostro impegno ricordare quell’immane tragedia perché quelle righe nei manuali di storia restino scritte e perché non succeda mai più».•.

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