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Il caso

Michelangelo e Leonardo falsi ma valutati 350 milioni, al via il processo

Il «Ritratto di giovane aristocratico» attribuito a Leonardo e la «Vergine» ritenuto essere di Michelangelo: due falsi
Il «Ritratto di giovane aristocratico» attribuito a Leonardo e la «Vergine» ritenuto essere di Michelangelo: due falsi
Il «Ritratto di giovane aristocratico» attribuito a Leonardo e la «Vergine» ritenuto essere di Michelangelo: due falsi
Il «Ritratto di giovane aristocratico» attribuito a Leonardo e la «Vergine» ritenuto essere di Michelangelo: due falsi

Due opere d’arte sequestrate dai carabinieri del nucleo Tutela patrimonio artistico nel 2019, proprio nell’anno in cui si celebrava il 500° anniversario della morte di Leonardo da Vinci il cui valore, se fossero state originali, sfiorava i 350 milioni di euro.
Già, perché il «Ritratto di giovanetto aristocratico» era stato attribuito a Leonardo e valutato 250 milioni mentre il disegno su carta (36,5 x 27,5 centimetri), raffigurante il «Ritratto della santa Vergine», stando alla perizia rivelatasi poi non genuina, era opera di Michelangelo Buonarroti e il suo valore stimato tra gli 80 e i 100 milioni.
Un’indagine coordinata dalla Procura di Verona perché l’expertise sul «giovanetto» e sul disegno venne eseguita nel 2014 da Michele Ghezzo, padovano residente a Terrazzo, poi le opere furono scambiate con altre appartenenti a Maurizio Andreetto e infine conferite come capitale sociale di una srl, la Cinzia Art.
Stando all’accusa però solo il quadro di Leonardo venne ceduto alla Cquadro, società facente capo a Paolo Caron, un imprenditore di Cittadella, nel Padovano.
Sotto indagine con l’accusa di «contraffazione di opere d’arte», reato previsto dall’articolo 178 del codice dei Beni Culturali e del Paesaggio, finirono tutti. Ghezzo già in una precedente indagine era stato dichiarato incapace di partecipare al giudizio e in ogni caso il reato è prescritto ma solo Caron, che si è sempre proclamato estraneo a qualsiasi attività contraffazione e inconsapevole che l’opera non fosse originale, ha deciso di affrontare il processo iniziato davanti al giudice Isabella Pizzati e al pm d’udienza Susanna Balasini.
Una vicenda ingarbugliata nella quale oltre alle valutazioni sulla originalità delle opere, in particolare del «giovanetto aristocratico», entrano conferimenti societari, costituzione di srl e fatture comprovanti l’acquisto delle opere a un prezzo decisamente inferiore (ovvero 30mila euro). Fu anche per questa discrepanza che il commercialista incaricato da Andreetto di costituire la società registrando come capitale sociale il dipinto del grande Leonardo da Vinci ad un certo punto rinunciò all’incarico. Lo ha spiegato ieri al giudice così come l’esperta d’arte del MiBAC (Ministero per i Beni Culturali), nominata consulente tecnico dalla Procura, ha evidenziato come l’esame del primo dipinto esaminato non palesasse alcuna, neppur lontana, parentela con la produzione leonardesca.
Già nella fase delle indagini, subito dopo il sequestro avvenuto, come detto, nel 2019, l’esperta sottolineò che addirittura, nel suo complesso, «non sembrava configurarsi nemmeno come lavoro risalente al Quattrocento o al primo Cinquecento, ma che semmai rendeva l’idea di un dipinto più tardo». A conclusioni analoghe giunse anche per il disegno attribuito alla mano di Michelangelo e ne respinse l’attribuzione al maestro toscano. 
Sentito anche l’ufficiale di pg che condusse le indagini che, come emerso, svelarono uno scenario complesso e diverso da quello della falsificazione di opere d’arte, ovvero l’impiego di beni contraffatti in attività economiche o finanziarie.
Venne accertato infatti che entrambe le opere erano state utilizzate quale conferimento di beni per la costituzione della srl (la Cinzia Art appunto) che avrebbe avuto lo scopo di valorizzarle mediante l’impiego in programmi finanziari, proponendole anche a intermediari esteri.
Paolo Caron, 59 anni e assistito dall’avvocato Evaristo Carloni, ha sempre respinto ogni addebito (venne in possesso del «giovanetto» nel 2015), ha sempre negato di aver mai avuto a che fare con le perizie e tanto meno con la contraffazione (anche se un esame della Palladio, seconda azienda in Europa per le analisi sui dipinti, confermerebbe che risale al tardo Quattrocento) e in ottobre si sottoporrà all’esame. 

Fabiana Marcolini

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