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il dibattito

«Maternità surrogata, diventi reato ricorrervi anche all'estero»: centrodestra all'attacco

Fratelli d’Italia prepara legge sull’utero in affitto. La proposta firmata da Maschio (FdI) alla Camera: «Reato universale quel tipo di pratiche per procreare». Tosato (Lega): «Sono barbarie, ma quando i piccoli ci sono vanno difesi». Tosi. «Non siano di serie A e B»

La chiusura del centro destra sul tema dei diritti gender è in queste ore declinata - «strumentalizzata», dicono a sinistra - sulla maternità surrogata. Va in questa direzione la proposta di Fratelli d’Italia, in discussione alla Camera, sull’utero in affitto: l’idea sarebbe quella di rendere «penalmente perseguibili» gli italiani che all’estero ricorrano a questo tipo di pratica per avere un figlio.

La proposta di Fratelli d'Italia

In Italia è vietata, per cui l’idea del partito della Meloni e della coalizione al governo sarebbe quella di applicare in modo «universale», cioè anche fuori dai nostri confini, lo stesso reato: chi espatria in cerca di donne-incubatrici pagate per portare in grembo figli per conto di terzi, chi «realizza, organizza o pubblicizza la commercializzazione di gameti o di embrioni» deve rispondere alla legge 40 del 2004 che prevede il carcere fino a 2 anni e una multa da 600mila euro a un milione.

Il presidente della commissione Giustizia, il veronese Ciro Maschio (FdI), firmatario insieme alla collega Carolina Varchi del provvedimento, ha ribadito che «l’argomento è complesso e richiede un confronto civile e sereno», spiegando che l’obiettivo della legge è quello di fermare la deriva del «turismo procreativo» e dello «sfruttamento» di donne selezionate per portare a termine gravidanze a pagamento. Tant’è.

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Ma mentre la polemica infuria, c’è un’urgenza impellente, «in carne ed ossa», che non può attendere e pretende risposte. E’ quella dei 150mila bambini italiani, nati appunto attraverso la «gestazione sostitutiva» o con tecniche di procreazione medicalmente assistita, che hanno per genitori due mamme o due papà uniti civilmente. Quali diritti hanno, queste creature? E come devono comportarsi, in carenza di una legge chiara, i sindaci a cui venga richiesto di iscrivere questi piccoli nelle proprie anagrafi comunali?

I diritti dei bambini

E’ il caso scoppiato in questi giorni nel Veronese, con protagoniste due coppie di donne residenti a Sommacampagna e a Mozzecane, che hanno registrato i loro figli all’anagrafe di Padova e poi chiesto la trascrizione dei piccoli nel registro dei rispettivi Comuni di residenza. I sindaci Fabrizio Bertolaso (centrosinistra, Sommacampagna) e Mauro Martelli (centrodestra, Mozzecane) hanno proceduto all’atto amministrativo: «La società è questa», hanno dichiarato, «noi dobbiamo dare soluzioni. Ci siamo arrangiati nel vuoto normativo».

Intanto il primo cittadino padovano Sergio Giordani va avanti per la sua strada, nonostante la bufera di polemiche che l’ha colpito: «Io continuo a registrare all’anagrafe i figli di coppie gay, non mi fermo, perchè devo tutelare i diritti di questi bambini».

Nonostante il prefetto Raffaele Grassi l’abbia incontrato e gli abbia inviato la circolare del Ministero dell’Interno con allegata una sentenza della Cassazione che blocca i riconoscimenti anagrafici per i figli nati con procreazione assistita da coppie gay, Giordani non cambia idea: «Intendo confermare le modalità e le procedure che fin dal 2017 sono state applicate da me e dal Comune di Padova, e come sempre fatto comunicando ogni atto alle autorità competenti. Ben lontano dal farne una questione ideologica o di parte, ho il dovere di difendere anzitutto gli interessi di questi minori».

Vuoto normativo

Dentro il centro-destra (Fratelli d’Italia a parte), a pensarla così è l’onorevole veronese di Forza Italia Flavio Tosi. «C’è un vuoto normativo che, a questo punto, impone di essere colmato. I due casi veronesi sono “di risulta“, nel senso che i nostri due sindaci hanno dovuto solo trascrivere un atto arrivato da un altro Comune: diciamo che la scelta più delicata è toccata a Giordani. Se fossi stato io nei suoi panni? Beh», la prende larga Tosi, «di fronte a pratiche non ammesse in Italia, come appunto la maternità surrogata, sarebbe vietata di conseguenza anche la registrazione anagrafica. Il problema vero è che non c’è una legge e i sindaci, l’anello istituzionale più piccolo, si trovano in una situazione non facile».

E ribadisce: «Sono contro l’utero in affitto, sia chiaro, e trovo schizofrenica la realtà: da una parte c’è il percorso “impossibile“ che deve fare una coppia etero che vuole adottare un figlio, dall’altra c’è la maternità surrogata che si presta a derive fuorilegge. La soluzione? A dover dirimere questa matassa ingarbugliata è solo il legislatore, l’unico che deve dire cosa fare e cosa vietare»

E, riflette Tosi: «Nel frattempo, in mezzo al guado, regna la confusione perchè ci sono Comuni che vanno in una direzione e altri in quella opposta, con i piccoli che ne fanno le spese. Ecco, su questo non ho dubbi: queste creature devono avere gli stessi diritti dei loro coetanei. E’ un imperativo. Non possono esserci bambini di serie A e di serie B. Le visioni e le imposizioni partitiche non devono far venire meno questo diktat». Da parte Lega, l’onorevole Paolo Tosato è d’accordo: «I bambini vanno tutelati sempre e comunque, quindi bene hanno fatto i sindaci veronesi a registrarli nei Comuni dove risiedono. Serve però mettere un punto a livello di legge. Io sono contrario», confessa il deputato, «all’utero in affitto che considero una barbarie, ma una volta che questi figli ci sono, è doveroso difenderli e non farne una questione di destra o di sinistra o di centro. C’è una legge non scritta che ha una valenza superiore a tutto: i bambini non si toccano...». E conclude: «Cosa farei se, da sindaco, mi trovassi a gestire questi casi? Spereri ci fosse, nel frattempo, una norma chiara che applicherei al di là delle mie considerazioni etiche, in alternativa mi rivolgerei al Prefetto».

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Camilla Ferro

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