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A causa dell'obesità non è stato possibile seppellirlo secondo le sue volontà

«Marco non me lo ridarà nessuno, ma la sua storia può servire a tanti altri»

Marco e Nadia
Marco e Nadia
Marco e Nadia
Marco e Nadia

Nadia Gasparini sa bene che «Marco non me lo ridarà nessuno», come dice, con la voce tremante per la commozione. Ma desidera che il dolore per la perdita del suo compagno, Marco Manganotti, e per le grandi difficoltà incontrate nella sepoltura di lui, «possano trasformarsi in una presa di coscienza collettiva. Contro lo stigma e il giudizio facile che circonda le persone obese», sottolinea, «contro le barriere d’ogni tipo che queste stesse persone devono affrontare quotidianamente; e contro gli impedimenti a ottenere, perfino, un addio alla vita come lo si vorrebbe».

«In questo momento potrei chiudermi nel mio dolore. Ma ho parlato, perché la vicenda del mio compagno», afferma Nadia, «serva a risparmiare sofferenza ad altre persone. Marco, in quanto persona obesa - obesa non per colpa sua, ma per malattia cronica - non ha potuto ottenere la sepoltura che aveva disposto, in un loculo, accanto ai suoi familiari. L’ultima delle tante cose cui in vita ha dovuto rinunciare». «Ho parlato», aggiunge, «perché è ora di cambiare, e di assicurare anche alle persone obese i diritti di tutti». Il desiderio di Nadia si è già in parte avverato, ieri, dopo l’uscita dell’articolo su «L’Arena».

 

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Si è concretizzato innanzitutto nelle tante telefonate di vicinanza, gratitudine e sostegno morale ricevute: «In particolare, mi hanno chiamato amici e conoscenti con lo stesso problema di Marco e mio, dicendomi stupiti e amareggiati: “Non sapevamo di non poter scegliere nemmeno la sepoltura”. Non ne eravamo consci nemmeno noi, fino a quando purtroppo non ne abbiamo fatto esperienza».

Nadia ha ricevuto un messaggio di appoggio anche da Daniele Di Poli, psicoterapeuta cognitivo comportamentale, specializzato sulle tematiche legate al peso patologico, e autore del libro «Obesità e stigma».

 

Ripercorriamo brevemente la storia. Marco Manganotti, 51 anni, cuoco, combatteva da molto tempo contro la malattia dell’obesità, e le patologie correlate al suo peso di 180 chili. Combatteva per se stesso, «per stare meglio», ma anche per la sua compagna Nadia, con cui da otto anni condivideva la vita, l’amore, e la battaglia verso la salute. Lottavano insieme; «ma con felicità. Ridevamo moltissimo. Io leggevo i racconti, stupendi, che lui scriveva: aveva talento. Ci scambiavamo pareri su tutto. Marco era una persona cui tanti trovavano naturale chiedere un consiglio, confidare un problema…»

Nadia si commuove di nuovo: «Credetemi. Più “grande” di lui, era il suo cuore; anche se per gli sconosciuti poteva essere solo “un obeso”. Io, che sono tuttora sovrappeso, avevo già perso trenta chili. Lui si preparava a sottoporsi a un intervento per la riduzione dello stomaco». È stato durante le analisi preventive che è stata fatta la drammatica scoperta: un cancro al colon in stato avanzato. «La diagnosi è arrivata 17 maggio. Lui, combattivo come al solito, era già pronto ad affrontare la chemio. Ma non ce l’ha fatta: il 25 giugno ci ha lasciati», ripercorre Nadia.

 

Marco con la moglie Nadia
Marco con la moglie Nadia

 

Verso la fine, avendo ormai capito, Marco ha chiesto di essere sepolto nel cimitero di Ca’ di David, in un loculo accanto ai suoi genitori. Ma la bara più grande, in cui ha dovuto essere deposto, non passava dall’apertura della nicchia. E nemmeno si è potuto risolvere il problema con la cremazione, perché la stessa porta del forno risultava troppo stretta. Marco, quindi, ora riposa in terra, nonostante le sue ultime volontà. «Non mi vergogno nel raccontare la vicenda mia e di Marco. Essere obesi, combattere ogni giorno contro l’obesità e tutti i disagi che questa comporta nelle più banali azioni della vita, non deve più essere una vergogna. Sono perciò felice», conclude Nadia, «di aver ricevuto telefonate di solidarietà. Felice di aver letto, anche su Facebook, tanti bei commenti su Marco e il suo calvario. Grazie. Questo mi fa ben sperare».

Lorenza Costantino

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