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Il caso

La morte di Lucia Raso: «Non archiviate l'inchiesta, ci sono innumerevoli indizi che è stata uccisa»

Nella notte del 24 novembre 2020, Lucia Raso la 36enne veronese cadde dalla finestra della palazzina di Seligenthaler Strasse a Landshut in Germania
Lucia Raso e la finestra dalla quale è precipitata
Lucia Raso e la finestra dalla quale è precipitata
Lucia Raso e la finestra dalla quale è precipitata
Lucia Raso e la finestra dalla quale è precipitata

I suoi familiari non si arrendono. Vogliono che la giustizia organizzi almeno un processo per verificare perché, nella notte del 24 novembre 2020, Lucia Raso, commessa veronese di 36 anni, cadde dalla finestra della palazzina di Seligenthaler Strasse a Landshut in Germania, una cittadina a 75 chilometri da Monaco di Baviera, e morì. La madre Maria Xenia Sonato, il padre Pietro Raso e il fratello Fabio affidano a un’approfondita indagine le speranze di poter convincere il giudice per le indagini preliminari a non archiviare l’inchiesta, come ha chiesto il pubblico ministero Stefano Aresu e come ha già fatto la magistratura tedesca dopo i rilievi della polizia sul luogo della morte. 

 

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Una fatalità o un omicidio?

Lucia Raso è caduta per una fatalità dalla finestra al primo piano in condizioni di eccesso di euforia per abuso di alcol oppure è stata spinta, al culmine di un litigio con il suo ragazzo Christian Treo? Incidente oppure omicidio? L’avvocato Enrico Bastianello che tutela gli interessi dei familiari della donna è convinto: Lucia Raso è stata uccisa. E lo fa attraverso l’esame di approfondite perizie di parte confluite in un ricorso depositato contro la richiesta di archiviazione del caso. Uno di questi studi è della criminologa Roberta Bruzzone che si sofferma soprattutto sulle versioni contraddittorie di Treo e degli altri due giovani che erano nella casa quella sera, Alessandro Curia e Francesco Affronti. E sulla relazione dell’ingegner Giuseppe Monfreda che ha analizzato la caduta dalla finestra e le conseguenze sul corpo di Lucia Raso. È un esame come quello fatto a Siena per il presunto suicidio di David Rossi, manager della banca Montepaschi.

 

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Perché è stata chiesta l'archiviazione

La versione del pubblico ministero Aresu si basa su un principio: non ci sono sufficienti indizi e prove per portare a processo Treo, il cui nome è iscritto nel registro degli indagati. «Gli elementi a suo carico si fondano essenzialmente sulla scarsa coerenza e sulle contraddizioni in cui è incorso prima di dare la versione definitiva». Insomma, per il magistrato è un indizio che, messo assieme alla sua gelosia e al litigio di quella sera con Lucia Raso, resta soltanto un sospetto e nulla più. E qui l’avvocato Bastianello contesta la conclusione. Ricorda che l’archiviazione può essere chiesta soltanto se la notizia di reato è infondata e quando gli elementi raccolti nell’indagine non sono idonei per chiedere un processo. Poi critica come è stata fatta l’indagine e come non sono stati acquisiti numerosi elementi, lacuna che tenta di colmare con le perizie commissionate alla criminologa Bruzzone e all’ingegner Monfreda. Anche perché c’è un dettaglio non da poco che pesa come una spada di Damocle sulla vicenda: la palazzina di Landshut non esiste più. Dopo la fine di Lucia Raso è stata abbattuta e, pertanto, oggi un sopralluogo e una qualunque verifica nella stanza e sull’altezza della caduta sarebbe impossibile.
Ma il legale non demorde. Spiega nel ricorso che ci sono almeno 19 indizi che vanno da quattro lesioni sul corpo di Lucia Raso non compatibili con l’impatto al suolo. Una è un buco sulla scapola. Le altre sono la frattura di un incisivo, un’ecchimosi allo zigomo sinistro e uno all’avambraccio sinistro. Pertanto, l’avvocato ipotizza che la donna sia stata picchiata da Treo e poi spinta giù durante la lite per la gelosia del giovane. Racconta inoltre che Treo si comportò in maniera omissiva a tal punto da non avvisare delle morte i genitori di Lucia Raso. Infine, chiede una serie di attività di inchiesta che vanno dall’interrogatorio di Treo al recupero informatico di messaggi cancellati dal suo telefono il 23 e 24 novembre 2020, dall’acquisizione di tracce biologiche e dattiloscopiche all’organizzazione di un confronto tra i tre amici, per far emergere elementi utili a scoprire la verità.

 

La ricostruzione

Gli accertamenti svolti dagli investigatori «ci ha permesso di accertare che solo con una spinta da tergo il corpo di Lucia raggiunge la posizione rilevata» sul marciapiede dagli investigatori nella notte del 24 novembre 2020 a Landshut in Germania. Parola di consulente. È scritto nero su bianco nella consulenza dell’ingegnere Giuseppe Monfreda, nominato dall’avvocato Enrico Bastianello su incarico dei genitori di Lucia, Maria Xenia Sonato e Pietro Raso. Una perizia fatta con gli strumenti più all’avanguardia. Era il due giugno del 2021 quando l’ingegnere Monfreda si è recato a Landshut in Germania per svolgere i rilievi, prima del suo abbattimento, utili per ricostruire la tragica fine di Lucia Raso.

E l’ha fatto con tanto di drone, scanner, distanziometro e uno dei software più all’avanguardia «Calcolo virtual crash». È poi salito anche nella stanza che Treo aveva condiviso con Lucia la sera della tragedia. All’epoca della perizia, la stanza era vuota e ciò ha agevolato la scansione della camera da parte dello stesso perito. Ma c’è un riscontro su tutti che si è rivelato determinante nella valutazione della dinamica della tragedia: si tratta di un cornicione «ricoperto in lamiera metallica che si trova poco sotto la finestra».

Esistono due foto nella consulenza del perito. La scena è stata così ricostruita in un modello tridimensionale per agevolare la simulazione della caduta della povera Lucia. La distanza tra il davanzale interno e quello esterno è pari a ventitrè centimetri. Sono stati rilevati poi l’altezza (1, 59 centimentri) e il peso (51 chili) di Lucia. Con la raccolta di tutti questi dati, è stato possibile procedere alla simulazione della caduta. Si è tenuto conto anche della dichiarazione di Treo sugli ultimi attimi di vita della veronese: «Quando sono tornato in camera, ho visto Lucia affacciata alla finestra», ha raccontato Treo «con le gambe sopra il davanzale interno e la mani appoggiate su quello esterno». A parere del consulente, solo aumentando la velocità di lancio, «il corpo di Lucia inizia ad acquisire l’energia cinetica che le permette di scavalcare l’ingombro del davanzale». Di più: solo con una spinta e, quindi, una maggiore velocità, si spiega perchè il cornicione, presente sotto la finestra al secondo piano della stanza di Treo, «non ha subito deformazioni e il corpo non ha subito abrasioni da contatto con il muro, in base all’autopsia». Ora le due consulenze passeranno al vaglio del gip al quale spetterà l’ultima parola sulla richiesta di archiviazione presentata dal pm Stefano Aresu. L’udienza di discussione e la successiva decisione del giudice è attesa nelle prossime settimane. 

 

Luigi Grimaldi e Giampaolo Chavan

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