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LA STORIA

Laura e Francesca: «Noi, due mamme siamo una famiglia. E tutti ci vedono così»

Il racconto di due donne, insieme con i loro bambini

«Il problema forse è solo a Roma, perchè qui attorno a noi vediamo solo persone che ci riconoscono come famiglia. La politica è lontana dalla realtà». Laura e Francesca sono insieme da molti anni e hanno avuto due figli con cui vivono in una bella casa circondata dal verde. Due mamme e due bambini, con una quotidianità uguale a quella di molte altre famiglie.

La prima a diventare madre nel 2015 è Laura, che va in Spagna per la fecondazione assistita: il Paese spagnolo infatti è uno di quelli in Europa cui è permessa sia per i single che per le coppie omosessuali. «Quando vai là in due ti considerano già famiglia, firmi le carte in due così come in due partecipi a incontri e riunioni, con il riconoscimento di entrambe come madri del bambino», racconta Francesca.

Riconoscimento che in Italia però non è possibile, anche se alcuni Comuni - come Milano o Padova - avevano dato il via libera alla registrazione all’anagrafe dei figli delle coppie omogenitoriali, procedimento ostacolo dal Senato che ha rigettato il certificato europeo di filiazione. «Ho dovuto dichiarare che non c’era il papà, come se fossi stata abbandonata», continua la donna veronese, «hai la sensazione che senza un uomo tu non possa essere riconosciuta».

 

Il viaggio in Spagna anche per Francesca

Tre anni dopo anche Francesca ha un figlio, sempre in Spagna. In Italia però nessuna delle due ha diritti sul bimbo dell’altra, nonostante vivano insieme e siano di fatto una famiglia. La strada è quella dell’adozione tramite il tribunale dei minori, la famosa «stepchild adoption», la possibilità che il genitore non biologico adotti il figlio, naturale o adottivo, normata dalla legge italiana. I due fratelli acquisiscono il doppio cognome, ma essendo di fatto due procedure distinte in realtà non si chiamano nello stesso modo, uno porta prima il cognome di mamma Laura che precede quello di Francesca e viceversa. Il percorso per il cambio dei cognomi è lungo ma alla fine, finalmente, anche quell’aspetto si sistema.

 

Giudizi continui

«Ci sono una serie di passaggi in cui si viene continuamente giudicati, il tuo lavoro, la tua casa, le tue abitudini e il tuo tenore di vita insieme a molte altre cose, come se si trattasse di un’adozione “tradizionale” in cui il figlio che adotterai non lo conosci o l’hai visto poche volte, mentre in questo caso lui vive con te ogni giorno», lo sfogo delle due mamme veronesi. Per fortuna la realtà poi racconta una situazione diversa e lontana dalle frasi che rimbalzano sui media negli ultimi giorni sul tema della maternità surrogata. «Dispiace sentire certe frasi certo, ma non abbiamo timori nonostante le direzioni di questo governo», prosegue Francesca. «Quello che dicono a Roma è davvero lontano dalle situazioni che affrontiamo ogni giorno», fatte di sorrisi, spensieratezza e di tutto quello che vivono le coppie eterosessuali e i loro figli.

 

«Nessuno ci giudica qui»

«Viviamo in una piccola realtà ma qui nessuno ci giudica in maniera diversa, anzi non solo ci accettano ma ci riconoscono come famiglia. Gli adulti come i bambini, siamo vissute come assolutamente normali. I nostri figli non ci hanno mai chiesto spiegazioni ulteriori, sanno che loro hanno due mamme, alla festa del papà fanno gli auguri al nonno. Forse il nostro mostrarci con naturalezza e senza mai imporci ci ha aiutato ed è la chiave per un’integrazione senza alcun tipo di problema», conclude Francesca.

«Mi piacerebbe che la gente capisse come i discorsi di alcuni politici siano davvero lontanissimi dalla realtà. L’unico pericolo potrebbe essere che qualcuno, come un assistente sociale o altre figure, ci guardi in modo diverso. Ma questo purtroppo può avvenire anche in altri casi, come per le persone di colore o altro ancora». 

Luca Mazzara

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