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IL CASO

La consigliera Marta Vanzetto (M5S) tra i clienti del medico falso vaccinatore. Autodenuncia per lei e il marito carabiniere

Ieri gli interrogatori di garanzia, il dottor Perini non risponde al gip. Due suoi collaboratori si scusano
Marta Vanzetto consigliere M5S
Marta Vanzetto consigliere M5S
Marta Vanzetto consigliere M5S
Marta Vanzetto consigliere M5S

Fra le 212 pagine dell’ordinanza di custodia cautelare firmate dal giudice Luciano Gorra sull’inchiesta del Nas di Padova riguardante le false vaccinazioni somministrate dal medico Michele Perini, spunta anche un nome noto della politica veronese. Si tratta di Marta Vanzetto, capogruppo del Movimento 5 Stelle a Palazzo Barbieri. La donna non risulta tra gli indagati dal momento che la sua posizione, insieme a quella del marito e di una terza persona, entrambi carabinieri, viene rubricata come «autodenuncia».

L’episodio che vede coinvolti i tre e che aveva fornito agli investigatori «un ulteriore e singolare riscontro a quanto accertato nel corso delle indagini», risale al 27 dicembre scorso. Quel giorno il collega del marito della Vanzetto riferiva al proprio comandante, a Padova, che il 3 dicembre si erano recati nell’ambulatorio di via Cipolla «dove», si legge nell’ordinanza, «a titolo gratuito e senza che avvenisse inoculazione del vaccino, veniva rilasciata, a tutti, certificazione attestante la prima dose».

Successivamente il militare, «sentitosi col collega e colto dai sensi di colpa» desisteva dal ripresentarsi, 21 giorni dopo, per la “seconda dose” e, recita sempre l’ordinanza, «decideva di autodenunciarsi». La stessa decisione prendevano poi quello stesso giorno, il 24 dicembre, Marta Vanzetto e il marito e precisando che «la sola Vanzetto» si era recata dal dottor Perini il giorno prima ritirando le tre certificazioni attestanti la seconda dose.

«Ho denunciato condotte non corrette, se al processo mi chiameranno a testimoniare lo farò», si limita a dire la consigliera comunale nota per le sue battaglie per la legalità. L’esponente 5 Stelle non vuole aggiungere altro sul fatto che si era avvalsa delle pratiche truffaldine del medico di Borgo Venezia. Per quale motivo l’ha fatto? «Ho sempre denunciato le illegalità e continuo a farlo, chi sbaglia paga, punto», taglia corto. E aggiunge: «L’etica prevede che le condotte sbagliate vadano denunciate».

Un quadro accusatorio che concede pochi spazi e ieri mattina, davanti al gip, nel corso dell’interrogatorio di garanzia, solo due indagati hanno risposo. Non hanno aggiunto nulla a quanto accertato dai carabinieri del Nas di Padova, ma comunque Cosmin Balanoiu, rumeno di 32 anni assistito dall’avvocato Massimo Dal Ben, e Mohammed Laaraj, 55 anni, originario del Marocco, difeso da Giampaolo Cazzola, hanno fatto alcune dichiarazioni. Non hanno spiegato nulla ma entrambi, dopo aver ammesso la collaborazione con il dottor Perini, si sono scusati, hanno sottolineato che non sapevano che si trattava di un’attività illegale e Laaraj ha aggiunto che essendo un paziente del medico aveva ritenuto di aiutarlo. Ma non aveva idea che stava commettendo un reato.

Non hanno aperto bocca, invece, il medico di base indagato con ambulatori in via Cipolla e a Porto San Pancrazio (Michele Fiocco è il suo legale), Silvio Perrone, bolognese di 63 anni assistito da Roberto Canevaro, e Mohamed Ramzi, 43 anni, difeso da Francesco Barbieri. Severino Turrini è l’unico al momento non arrestato poiché si trova all’estero. I legali hanno già avanzato al gip richiesta di modifica della misura cautelare (ora gli arrestati sono in carcere) e annunciato ricorso al tribunale del Riesame a Venezia. •.

Enrico Santi e Fabiana Marcolini

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