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Il delitto di Rescaldina

L'ex compagno di Carol in silenzio: «Ora voglio solo proteggere mio figlio»

Carol Maltesi con il figlio a Castel San Pietro
Carol Maltesi con il figlio a Castel San Pietro
Carol Maltesi con il figlio a Castel San Pietro
Carol Maltesi con il figlio a Castel San Pietro

«È un momento delicato, ora voglio solo proteggere mio figlio e la mia famiglia e non rilascio dichiarazioni».

Chi parla è M., una trentina d’anni, professionista, padre di un bimbo di soli sei anni e figlio anche di Carol Maltesi, ex compagna del veronese. Lei non c’è più. È stata uccisa con alcune martellate nel gennaio scorso nel Milanese, poi fatta a pezzi, conservata per due mesi in un pozzetto congelatore e, infine, buttata come un sacco di spazzatura in una scarpata a Paline di Borno in Valcamonica nel Bresciano una decina di giorni fa. 
 

Omicida. Chi ha tolto per sempre l’abbraccio di una madre al proprio figlio di soli sei anni è Davide Fontana, 43 anni, ex compagno e poi vicino di casa di Carol a Rescaldina nel Milanese. Il blogger ora è in una cella d’isolamento del carcere bresciano di Canton Mobello, accusato di omicidio volontario, distruzione e occultamento di cadavere. Il bancario non ha spiegato agli inquirenti il motivo di quel bagno di sangue. Quel filo rosso intriso di sangue tra Milano e Brescia arriva, quindi, fino al paese nel Veronese. Ed è qui il centro del dolore per questa tragedia, finita sulle prime pagine di tutti i giornali anche quelli nazionali. Una sofferenza indescrivibile costretta, però, a restare nascosta il più possibile tra le mura di casa di una famiglia veronese. Che ha a cuore solo la volontà di tutelare la crescita del piccolo. 

 

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Dolore. E chi lo deve fare è suo padre. Prima di tutti. L’ex compagno veronese è comparso ieri verso le 16.15 davanti alla sua villetta ad un piano a bordo dell’auto di colore bianco. Da lì non è sceso.  Una volta tirato giù il finestrino, è apparso uno sguardo fermo e determinato, un viso attraversato da una barba incolta. Le parole di M. hanno alzato subito una barriera e un muro invalicabile dietro al quale si cela, inesorabile, il dolore per la perdita della madre di suo figlio. «Non è questo il momento di parlare», dice più volte M. E poi ribadisce: «Devo proteggere la mia famiglia».

Per il momento, non si sa, quindi, se, in qualità di genitore, si costituirà parte civile nel processo a carico di chi ha ucciso Carol Maltesi. Resta una domanda senza risposta anche sapere se e quando M. ha sentito Carol per l’ultima volta o se l’ha cercata dal gennaio scorso quando è sparita. Ma, soprattutto, si può solo ipotizzare quanto il piccolo chieda della sua mamma che veniva nel Veronese ogni due o tre settimane a trovarlo. Era stata la stessa Carol a confidare ad un’amica che era meglio se il suo bimbo rimaneva con il padre. Lei aveva troppi sogni da inseguire, troppi viaggi da fare, troppi obiettivi da raggiungere. 

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Il bimbo Da lassù, Carol vedrà la vita del suo bimbo ad un paio di mesi dalla sua scomparsa, scorrere senza particolari contraccolpi. Almeno fino a ieri. Il figlio della ventiseienne è rimasto fino alle 15.30 alla scuola materna e poi via verso casa in compagnia della nonna ad un paio di chilometri dall’asilo. È tornato nella villetta con un piccolo spazio verde alla periferia del piccolo centro della nostra provincia. Come tutti i giorni.
 

La vicina. Fuori da quelle mure domestiche, però, ieri non era un giorno come gli altri. Tutt’altro. Ci sono solo lo schock, il trauma, lo sconcerto a farla da padrona. Che si materializzano nelle parole di una vicina di casa: «Ho saputo della tragedia ieri sera, guardando la televisione. Ho visto le immagini di Carol e sono rimasta impietrita», dice la donna. La conosceva. «Sì certo, è vissuta qui alcuni anni con M.». La vedeva spesso. «Parlavamo spesso. Era allegra, gentile sempre sorridente e molto bella. Ci mettevamo d’accordo anche sulla pulizia delle parti comuni tra le nostre proprietà». 

Carol aveva trovato lavoro nella nostra provincia: «Lavorava al Galassia in un negozio di scarpe» rivela ancora la vicina. Anche se ieri poi nessun commesso tra gli esercizi del centro commerciale si ricordava del passaggio della ventiseienne fino a due o tre anni fa. La vicina ha continuato a vedere tutti i giorni Carol fino ad un paio di anni fa quando se ne è andata per inseguire i suoi sogni di una vita diversa, tra i flash di fotografi e video anche spinti. «Poi, però, ogni tanto tornava per stare con suo figlio», ricorda la vicina. Nel 2019, c’è stata comunque, la svolta della vita di Carol. Ha lasciato il Veronese, il suo impiego nel negozio al Galassia e si è recata prima a casa della madre a Busto Arsizio dov’era nata e poi a Rescaldina dove il destino le ha fatto trovare una fine feroce, orribile. 

Giampaolo Chavan

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