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L'intervista

Damiano Tommasi: «Ecco perché mi candido. La mia Verona in undici punti»

DAMIANO TOMMASI (FOTO MARCHIORI)

 

Dare più chance ai giovani - «devono trovare maggiori spazi di aggregazione e partecipazione» - e far crescere Verona, «per quanto riguarda la cultura, il turismo, la mobilità, le infrastrutture. È una città ancora con grandi potenzialità inespresse. Dovrà sviluppare tutte le opportunità che ha. E io, con la mia squadra, voglio provare a farlo». Damiano Tommasi, 47 anni, sposato, sei figli, ex calciatore di Hellas Verona, Roma e Nazionale, già presidente dell’Associazione italiana calciatori, lancia la sfida per le elezioni comunali di quest’anno, previste in primavera. Per il centrosinistra.

Nella sua Don Milani Middle School, di Settimo di Pescantina, dove insieme alle elementari studiano 370 bambini e ragazzi, racconta il suo progetto. Articolato in 11 ambiti, tanti quanti i tavoli tematici sul programma. Suo e della coalizione, con partiti e movimenti civici. Formata da Pd, Traguardi, In Comune per Verona, Azione, Più Europa, Partito socialista, Europa Verde, Volt, Demos.


Tommasi, ma lei perché si candida a sindaco di Verona?
Perché credo che la mia generazione viva un periodo in cui la politica è vista negativamente, mentre è un’attività che dovrebbe avere il massimo della partecipazione. Non è la prima volta che me lo si è chiesto e, dopo tante esperienze di vita in Italia e nel mondo, come calciatore, dirigente genitore, mi auguro di fare qualcosa di buono per i giovani.
Qual è la sua visione di Verona ?
Il carattere dei veronesi è quello, a volte, di non sapersi “vendere bene” e credo che la città rispecchi questa caratteristiche. Il documento di Confindustria su Verona 2040, tra i tanti dati evidenzia una sorta di asincronia tra le potenzialità di una città che da qualche anno è la più popolosa del Veneto, la quattordicesima in Italia, ma la decima da un punto di vista economico. E sul fronte dell’innovazione, rispetto ad altre città europee, è agli ultimi posti.
Dove è inespressa?
Sul creare rete. Siamo leader nella logistica, per esempio, ma poi a livello urbano c’è un problema di mobilità, da affrontare. Quindi le competenze che ci sono vanno maggiormente coordinate.
A proposito di mobilità: filobus e traforo delle Torricelle. Temi decennali. Solo temi, però. Nulla di fatto. Che cosa ne pensa?
Su questi e altri temi c’è da mesi un confronto nella coalizione. Prima di dare soluzioni servirà ancora analisi e studio. E con persone competenti ci si lavora.
Lei ha girato il mondo, ha giocato anche in Cina, in Spagna, avrà visto qualche modello virtuoso, da riproporre, di infrastrutture per la mobilità da imitare...
Certo, ma basta andare anche a Brescia, per vedere la metropolitana.


Turismo, da decenni Verona cerca di invertire la rotta del “mordi e fuggi”. Idee, proposte?
Verona ha una dimensione internazionale e deve ragionare più in grande. Sembra sempre invece che abbia il freno a mano tirato.
Fiera, aeroporto Catullo, Fondazione lirica Arena. La cifra di Verona si gioca anche qui. Dove vorrebbe cambiare rotta?
L’Arena, con i suoi spettacoli, va molto valorizzata, essendo un unicum mondiale, per i concerti e la lirica. Ma io in questa fase sto incontrando persone, associazioni, professionisti, per approfondire. Io posso dire che la città deve tenere alta la sua dimensioni internazionale.

 

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Ma nella sua analisi, insieme ai gruppi, si sarà fatto un’idea di qualcosa che magari non le va. Tipo: i quartieri sono o no puliti? Oppure, il fenomeno crescente delle baby gang e la sicurezza... E il soprintendente Tiné ha stigmatizzato la tipologia di banchetti di Santa Lucia e auspica maggiore decoro urbano...
Possono dire che ho avvertito anche parecchie situazioni buone, altre in cui si potrebbe dire che la frequenza della radio è giusta, ma il volume è basso...E va alzato. Giovani non è solo baby gang, ma anche tanti ragazzi impegnati, ma che magari cercano solo spazi di aggregazione. Credo che si debbano mettere al bando le ideologie e concentrarsi sulla concretezza.
In quali campi?
Quelli degli 11 tavoli di lavoro, quindi quartieri e periferie, Smart City e innovazione, transizione ecologica, urbanistica, economia sostenibile, sociale, cultura e turismo, nuove povertà, istruzione, mobilità.
Verona ha un’Università con oltre ventimila studenti. Lei quali ricette ha sui giovani?
Sto studiando anche io al Dipartimento di Scienze della formazione, tra Verona e Padova, e colgo, anche da padre di sei figli, le esigenze dei giovani. Che vanno aiutati a essere maggiormente protagonisti, all’università, a scuola, nelle circoscrizioni, nelle associazioni. Ma dobbiamo ascoltarli, questi giovani.
Con la pandemia, in due anni ottomila veronesi sono sprofondati nella povertà. Per il sociale che cosa propone?
Verona ha un Terzo settore fortissimo, un modello nazionale. Ma il vero lavoro da fare, nei prossimi anni, per tutti, sarà avere un’attenzione a essere squadra e comunità nell’affrontare la povertà, le fragilità, ma anche quel “long Covid” sanitario, ma anche psicologico, sociale, che ci ha messo in difficoltà.

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Stadio nuovo: è d’accordo?
Sì, è un’infrastruttura che va fatta e bene. Ma in generale dico che un Paese in cui lo sport per tutti è forte, la qualità della vita è migliore. Verona ha eccellenze in tutte le discipline e gli impianti sportivi vanno implementati.
Dica una idea, un progetto che le piacerebbe attuare, se diventasse sindaco.
Il benessere dei bambini nelle strutture scolastiche e la cura delle persone deve essere una priorità di un’amministrazione.
Quote rosa nella politica, è d’accordo?
Non sono il massimo, ma sono servite comunque ad aumentare la presenza di donne e per me questo è fondamentale. Insieme comunque alla competenza.
Quale modello politico ha?
Nessuno. Ma io, se eletto, sarò il sindaco di tutti. Per me conta la vicinanza alle persone e il servizio alla comunità. Non ho tessere di partito, mai avute, ma insieme alla mia coalizione e con la mia lista civica, voglio impegnarmi per la città.

Enrico Giardini

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