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Il concerto-evento

Il «popolo» di Zucchero ha riacceso l'Arena: «Era da due anni che aspettavamo»

La gente in coda per Zucchero (foto Marchiori)
La gente in coda per Zucchero (foto Marchiori)
Ingresso del pubblico per Zucchero (video Marchiori)

È come un atto di fede. Una specie di credo laico: «In blues we trust», «noi crediamo nel blues». Sventolano ancora i tricolori della cerimonia per il settantasettesimo anniversario della Liberazione dal nazifascismo quando piazza Bra è invasa dal «popolo di Zucchero», al secolo Adelmo Fornaciari. Pochi i giovanissimi, quasi tutti hanno superato (o stanno per farlo) i trent’anni e poi così via senza limiti d’età. Coppie, gruppi di amici e qualche famiglia in cui il «verbo» della buona musica ha già compiuto il salto di generazione. «A forza di ascoltarlo in casa hanno finito per apprezzarlo davvero», ammette Luca, arrivato da Trento con la moglie Elvira. Matteo e Denise, 12 e 10 anni, hanno l’aria annoiata mentre passeggiano dietro L’Arena: mancano ancora diverse ore e loro sono qui per «Sugar», mica per i monumenti. Nessuno azzarda riferimenti espliciti ma si intuisce come il primo di una serie infinita di concerti dal vivo sia, in questo 25 Aprile, anche una seconda «liberazione», più profana, per nulla eroica ma attesa: si torna a cantare, insieme, «dal vivo» e vicini. Anche se, ancora, serviranno il Green pass e la mascherina «Ffp2».


Identikit Il «turista da concerto» non lirico, specie da due anni pressoché scomparsa da Verona, lo si indovina dallo zainetto colorato e dalla giacca a vento legata in vita. Perché la mattinata è calda ma se il cielo d’aprile cambia d’umore l’Arena si può trasformare rapidamente in un’immenso catino freddo e bagnato. Ma i fedeli del «blues» avanzano imperterriti, a plotoni serrati. I parcheggi del Tribunale, «Arena» e «Cittadella» sono esauriti già prima del mezzogiorno e tali resteranno fino a sera. La Polizia locale regola gli accessi e devia le auto in eccesso. Qualcuno fa il furbo e cerca di rientrare nella colonna in attesa di posto. «Dritto, deve andare dritto...», lo incalza un agente agitando la paletta. Servirà cercare un «buco» altrove. Non a caso, per il primo concerto di stagione, viene ripristinato il protocollo «grandi concerti», rimasto sotto la polvere dal 2019: sei pattuglie, con 12 operatori in campo: dapprima in piazza Bra, per i controlli d’ordine e contro bagarini e venditori abusivi e nella notte per regolare il deflusso delle auto dal centro verso le autostrade.

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Folla La città chiedeva turisti? Eccoli, e tanti. «Ci aspettavamo movimento ma non a questo livello», conferma, prendendosi una breve pausa, Cristina Lasco, giovane e attiva cameriera del «Liston 12». «Arrivano molti italiani dal Sud ma anche svizzeri e tedeschi, alcuni dei quali hanno prenotato tavoli per il “dopo“ concerto, da oggi (ieri, ndr) ai prossimi tre giorni». A ben guardare i tavoli liberi sulla piazza si contano su due mani. E anche nei dintorni si banchetta ovunque sia possibile. 
Matteo Debiasi, titolare del «Casamatta» di Corso Porta Nuova, ordina un rinforzo in vista dell’ondata serale del «popolo di Sugar». «C’è tanta gente davvero e ne aspettiamo in realtà anche dopo il concerto, visto che normalmente chiudiamo intorno all’una e trenta».


Mistero Resta il dubbio: dov’è lui, l’Adelmo da Reggio Emilia, il «Partigiano reggiano» (alcuni azzardano il primato nella scaletta per il 25 Aprile, ndr)? La «voce del popolo» lo vorrebbe tra il classicissimo «Due Torri» e l’«NH» di via Adua ma di lui non c’è traccia. L’Arena è blindata durante il «sound check», si distinguono un paio di linee di basso di Polo Jones, voci di coriste e poco altro. All’esterno, in attesa con la fidanzata Dany, c’è un Rossi, modenese ma di nome Marco. «No, nessuna parentela con Vasco, magari...», scherza. «In realtà noi eravamo al “Modena Park» del 2017 (il concerto record con 225mila spettatori per i 40 anni di carriera del Komandante, ndr) ed ora siamo anche qui. Sono diversi, grandi entrambi nella capacità di rendere i sentimenti. E di Zucchero amo molto l’autentica vena blues». Ed è vero amore quello di Alberto Cunico e Cristiana, coppia negli «anta» venuta da Padova. «La nostra passione per “Sugar“ è nata seguendo una sua cover-band, gli “Oro, incenso & birra“, poi ascoltandolo online. Finalmente siamo qui, visto che i biglietti li avevamo acquistati già per il 2020, appuntamento slittato al 2021, poi ancora... insomma, questa è la volta buona». Se questa non è fedeltà...


Estate Verona è al pieno, nel segno della musica. «L’abbiamo fatto apposta, volevamo dare una sferzata ai concerti “live“, uno dei motori dell’economia veronese», conferma Gianmarco Mazzi, amministratore unico della societa Arena srl. «La sequenza degli eventi nell’anfiteatro, fino a maggio inoltrato, non ha sostanzialmente “buchi“ e la stagione proseguirà con ondate successive». Zucchero a ripetizione, con in mezzo Maneskin e Modà, poi ancora avanti. «La stima delle presenze, in questa prima tornata di serate, potrebbe superare le 180mila persone». All’orizzonte c’è tutta un’estate costellata di eventi musicali, lirica inclusa, quasi senza soste. 


Fedeli La «bonifica» di piazza Bra da parte delle forze dell’ordine (grande folla, grande rischio) procede spedita. Il «Suem 118» è campo con 29 operatori, per garantire l’assistenza sanitaria all’esterno e all’interno dell’anfiteatro. Verso le 19 la processione dei fedeli sfila paziente sotto i metal-detector, faticosamente messi in opera a metà pomeriggio: niente bottigliette, Green pass alla mano e mascherina sul viso. Conta poco ormai. 
Quella che sta per cominciare è una sorta di messa laica. Zucchero non ne fa mistero visto che spesso chiude i suoi concerti con un ecumenico «andate in pace». Fosse vero, di questi tempi. E magari «il diavolo in me» potesse essere solo quello irriverente e carnale che il bassista Polo Jones, in veste di pastore, introduce con un pomposo «Sanctify your souls», santificatevi. In 12mila fanno la fila, hanno atteso, sperato per due anni ed ora vogliono solo cantare e ballare, perché l’anima nera della musica è come una fede: «In blues we trust». E tutti lo credono: «Non morirà mai». Lo garantisce del resto, ad ogni, concerto l’Adelmo da Reggio, il «Partigiano reggiano».

 

Paolo Mozzo

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