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Turismo

Gli albergatori: «Spariti i turisti russi e cinesi». Ma ci sono segnali di ripresa

Spariti da Verona. «Dasvidaniya» ai turisti russi, un’espressione che sta per «arrivederci» ma si adatta anche a una lunga separazione o un addio gentile e formale. Adatta in un tempo di guerra. Introvabili oggi nelle vie del lusso i cittadini della Federazione, che un tempo fu l’Urss, al pari di cinesi (alle prese con nuovi lockdown per Covid) e giapponesi, punte di diamante dell’Asia emergente che viaggia il mondo. E spende. «Tempesta perfetta: prima il virus, ora la guerra», ammette amaramente Paolo Arena, presidente di Confcommercio scaligera. «Il tutto mentre lavoriamo intensamente in vista della Pasqua, della stagione delle fiere, Vinitaly “in primis“ e puntiamo con ogni energia verso la stagione estiva».


Contanti «Il turismo russo non ha mai prodotto grandi numeri ma si distingueva per l’alta capacità di spesa. Avrebbe fatto comodo ma la situazione è quella che è», conferma Giulio Cavara, alla guida di Federalberghi. «Tutto fermo da quella provenienza. Possiamo sperare solo in “lieti eventi“», chiosa Gianni Zenatello, titolare dell’hotel Accademia. Ovvero: che le armi tacciano e la follia si plachi. Qualcuno da Mosca o San Pietroburgo arriverà ma, spiegano gli addetti ai lavori, «saranno quanti possono permettersi l’aggiramento delle sanzioni, provenendo da Dubai o Instanbul». «Quest’anno sarà difficile rivedere quella clientela dalle richieste altissime e con i pacchi di contanti nelle tasche», ammette Cavara. Ragionamento estensibile ad ogni comparto commerciale, dalla ristorazione ai negozi del lusso. Tra i camerieri c’è chi ricorda «mance che valevano una frazione di stipendio»: «dasvidaniya». Nessuno, tra gli operatori economici, intende criminalizzare un popolo per le follie di un presidente. «A chi dovesse arrivare stringerò la mano, come prima», garantiscono tutti. «Quanto alla guerra... mettiamoci una mano sul cuore», ribadisce Zenatello.


Incertezza La «tempesta perfetta» è al culmine. Anche l’America è lontana: «Per loro l’Europa è un puntino geografico, sembra tutta in guerra», dicono in molti. «Si programma con difficoltà, senza contare i problemi legati ai rincari dell’energia che limitano la capacità di spesa delle famiglie», commenta Paolo Arena, in attesa di una Pasqua «che farà i conti con un sentimento comune ormai in oscillazione». C’è chi azzarda il paragone con la volatilità dei flussi di Borsa. «Le disdette seguono le notizie quotidiane», osserva Zenatello. «E chi prenota ormai lo fa, come usiamo dire, “sotto data“, all’ultimo».


Ripresa Le premesse per la Pasqua turistica a Verona non sono male. Non esaltanti nelle strutture ricettive («Rispetto all’80 per cento pre-Covid si viaggia ora intorno al 40»), ma con segnali incoraggianti. «Il turismo italiano non si sta fermando, anzi per le festività c’è addirittura un surplus di prenotazioni, anche per il 25 Aprile», spiega Stefano Mutti, di Assoguide. Arrivano gruppi e singole persone. I fine settimana parlano soprattutto italiano, il mese di maggio prefigura il ritorno in massa della tradizionale clientela tedesca o germanofona. «Contrariamente alle previsioni», aggiunge, «anche il turismo scolastico si rivela in ripresa». «Dopo 22 mesi difficili ora vedo una tendenza positiva», aggiunge il collega Franklin Baumgarten. «Lo scorso anno è stato caratterizzato dal “mordi e fuggi“ dalle province vicine ma, guardando al fatturato, questa stagione promette meglio: arrivano svizzeri, tedeschi, austriaci». Russi e ucraini, in tempi non lontani, si presentavano, per motivi linguistici, in gruppi misti. «Ora chi potrà rimetterli insieme?», osservano le due guide. Entrambe le hanno un appuntamento in piazza Bra: un gruppo scolastico da portare alla scoperta di Verona.


Speranza La via d’uscita dalla «trappola perfetta», per Paolo Arena, sarà costellata di impegno e sudore. «Lavoriamo tutti mirando ad una stagione straordinaria, anche per lo scalo aeroportuale, il “Catullo“. Sono convinto», si sbilancia nell’ottimismo, «che, alla fine, vinceremo». Resta per ora la «riluttanza alle spese, a causa dei rincari», aggiunge Cavara. Con prezzi all’osso negli hotel «come non mai». In attesa di un miracolo: che la follia finisca, il Covid non rialzi la testa e Verona torni affollata. Sarebbe la pace, oggi dispersa in una doppia guerra.

 

Paolo Mozzo

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