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evasione

Maxi frode sui carburanti, due «pompe bianche» sequestrate anche a Verona

Tutto è partito dalle anomalie dei prezzi di vendita di carburante praticati sin dal 2019 dalla società parmigiana attraverso i propri punti vendita, sensibilmente inferiori a quelli praticati nelle altre rivendite: stimata un'evasione di 92 milioni di euro
Una delle pompe di benzina sequestrate dalle Fiamme Gialle
Una delle pompe di benzina sequestrate dalle Fiamme Gialle
Operazione carburanti Fiamme Gialle

Ci sono anche due pompe di benzina in territorio veronese tra quelle sequestrate oggi, 23 marzo, dai finanzieri del Comando Provinciale della Guardia di Finanza di Parma che stanno dando esecuzione a un decreto di sequestro preventivo emesso dal Giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Parma, su richiesta della Procura Europea (EPPO), nei confronti di due società operanti nel commercio di carburanti e di sette persone fisiche tra le quali tre promotori e organizzatori di un’associazione per delinquere finalizzata alla frode fiscale nell’acquisto di ingentissimi quantitativi di prodotti energetici per autotrazione (benzina e gasolio).

Con il decreto è stato anche disposto il sequestro preventivo di denaro e beni mobili e immobili per ulteriori quasi 9 milioni di euro nella disponibilità della società parmigiana, quale ente responsabile dell’illecito amministrativo con riferimento al reato di utilizzo di fatture per operazioni inesistenti contestato al suo legale rappresentante.

Le indagini sulla frode all'Iva

Le indagini di polizia giudiziaria sono scaturite dall’analisi operata dalle Fiamme Gialle di rilevanti anomalie dei prezzi di vendita di carburante praticati sin dal 2019 dalla società parmigiana attraverso i propri punti vendita dislocati a Parma e provincia, che risultavano sensibilmente inferiori a quelli praticati nelle altre rivendite, anche quelle che acquistavano gasolio e benzina direttamente dalle raffinerie.

Secondo la ricostruzione investigativa delle Fiamme Gialle, un’impresa parmigiana avrebbe sfruttato un complesso e ben articolato sistema di frode all’Iva messo in piedi da un’associazione a delinquere costituita da tre soggetti italiani operanti uno da Dubai, uno da Miami e il terzo da Napoli.

L’organizzazione criminale avrebbe organizzato una frode carosello nell’acquisto e nella distribuzione sul territorio nazionale di prodotti petroliferi provenienti da raffinerie site in Slovenia e Croazia, che sarebbero stati ceduti fittiziamente dapprima a imprese del Regno Unito e della Romania e poi a società cartiere italiane – tutte gestite dai componenti dell’associazione per delinquere – per essere successivamente ceduti al reale destinatario italiano, ossia l’impresa parmigiana.

Sono state individuate 31 imprese cartiere fornitrici che presentavano i seguenti elementi comuni: - non erano in regola con le prescritte dichiarazioni annuali ai fini delle imposte dirette e dell’Iiva; - erano prive di depositi per lo stoccaggio dei prodotti petroliferi, di personale dipendente e di automezzi idonei al trasporto di carburante; - risultavano essere legalmente rappresentate da soggetti nullatenenti e/o pregiudicati; - registravano aumenti di fatturato esponenziali e incongrui rispetto a un’ordinaria operatività.

In taluni casi la trafila ha visto l’aggiunta dell’ulteriore fittizia intermediazione commerciale di una società filtro italiana, segnatamente l’impresa potentina che si sarebbe interposta tra la missing trader italiana e l’impresa parmigiana con l’esclusivo compito di frapporre un ulteriore passaggio cartolare ed evitare che il beneficiario dell’operazione fraudolenta (il deposito di Parma) avesse rapporti di fatturazione diretti con la società cartiera.

L'ipotesi di accusa: evasione per 92 milioni di euro

In sostanza, il carburante sarebbe stato trasportato dalla raffineria estera al deposito fiscale presso cui veniva nazionalizzato e poi direttamente al deposito parmigiano, senza passare realmente per società “cartiere” e “filtro” fittiziamente interposte nel tempo, impiegando autoarticolati di una società di trasporto croata riconducibile a uno dei componenti dell’organizzazione.

In sintesi, il meccanismo fraudolento avrebbe consentito di evadere sistematicamente l’Iva a debito e vendere i prodotti petroliferi a un prezzo inferiore a quello possibile nel rispetto delle regole fiscali, producendo un danno complessivo per l’erario pari a 92 milioni di euro, costituenti l’imposta evasa a partire dal 2016.

Volume d'affari raddoppiato

Nel periodo oggetto di indagine l’impresa parmigiana ha incrementato in maniera evidente il proprio volume d’affari fino a raddoppiarlo. Nel corso delle indagini era stata eseguita nel giugno 2019 una perquisizione nella sede principale dell’impresa di Parma, durante la quale i finanzieri avevano rinvenuto e sottoposto a sequestro denaro contante per un milione e mezzo. Una cifra che non trova plausibile giustificazione nell’ordinaria operatività di un’azienda.

Perquisizioni con i cash-dog

Nell’ambito dell’esecuzione del provvedimento del GIP, sono in corso perquisizioni a Parma, Padova, Potenza, Napoli, Salerno, L’Aquila e Lucca, con l’ausilio di cash-dog, ossia unità cinofile addestrate dalla Guardia di Finanza a fiutare l’odore dei soldi.

Le pompe sequestrate

Sono stati dunque sottoposti a sequestro il deposito commerciale di Parma e 17 impianti di distribuzione stradale di proprietà dell’impresa parmigiana, ubicati nelle province di Parma, Piacenza, Reggio Emilia, Modena, Ferrara, Brescia, Lodi e Verona, oltre a svariati immobili riconducibili agli indagati nelle province di Parma, Roma, Potenza e Matera.

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