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Il caso

Fiera, la parità di genere diventa scontro nazionale

Il ministro Francesco Boccia
Il ministro Francesco Boccia
Il ministro Francesco Boccia
Il ministro Francesco Boccia

Si allargano le critiche. Non accennano a placarsi le polemiche sul neoeletto Consiglio di amministrazione di Veronafiere, rinnovato ad un mese dalle elezioni, tutto al maschile, compresi i 5 membri del Collegio sindacale e i tre dell'organismo di vigilanza, e presieduto da Federico Bricolo, già senatore e deputato della Lega e sottosegretario, in carica per il triennio 2022-2025. Una questione che è diventata un caso nazionale.

«Sembra impossibile, ma per il sindaco Sboarina una città come Verona non ha donne all'altezza di far parte del Cda di Veronafiere», sostiene Francesco Boccia, responsabile Autonomie ed enti locali del Pd. Interviene anche un'altra esponente del Pd, l'ex ministra Beatrice Lorenzin: «Nessun rispetto per la parità di genere, una vergogna». E Andrea Martella, segretario Pd Veneto, parla di «atto di ingiustizia e di miopia politica» poiché, afferma, «un ente che ha nelle politiche nazionali e comunitarie il proprio baricentro, esprimendo una totale indifferenza agli indirizzi sia europei che nazionali, si è posto in una condizione di grave difficoltà, mettendo a repentaglio una credibilità costruita in molti decenni».

Lo scorso 17 maggio, dopo l'approvazione del bilancio consuntivo 2021, l'assemblea dei soci, in tutto sono undici, aveva eletto i sette membri del nuovo Cda, secondo quanto previsto dallo statuto approvato il 18 febbraio 2022 - il Cda sinora era di cinque - e i due vicepresidenti. Oltre al presidente, il socio di maggioranza Comune ha un vicepresidente, due componenti li esprime poi la Camera di Commercio e tre, tra i quali un secondo vicepresidente, i soci finanziari.

Per Gianni Dal Moro, deputato veronese del Pd e candidato al Consiglio comunale, il primo a protestare contro la tempistica del rinnovo del Cda, «viene infranta la parità di genere senza alcun rispetto della norma europea, con il rischio di perdere contributi e provvedimenti». Sulla nomina del nuovo Cda della Fiera interviene anche Alessia Rotta, deputata dem e candidata alle amministrative del 12 giugno. «La Lega», afferma, «ha fatto merce di scambio della candidatura a sindaco, accettando di sostenere Sboarina in cambio della presidenza a Bricolo. Ancora più odiosa perché esclude la rappresentanza femminile».

«Una delle prime leggi che regolano la rappresentanza di genere nei Cda», osserva la consigliera regionale Anna Maria Bigon, «è la Golfo-Mosca del 2011 che ha dato ottimi risultati, ma è triste constatare che lo spirito di questa legge non abbia intaccato Veronafiere»

Ma il caso non è solo politico. Dopo la dura presa di posizione dell'Ordine dei Dottori commercialisti e degli Esperti contabili di Verona e la «sorpresa» espressa dalla presidente del Comitato per l'imprenditorialità femminile della Camera di Commercio, anche il Comitato pari opportunità dell'Ordine degli Avvocati di Verona stigmatizza l'accaduto, auspicando che «nel futuro possa esserci un effettivo e concreto coinvolgimento delle professionalità femminili, indubbiamente idonee a rappresentare la vita economica e sociale della nostra città. Questa occasione persa», conclude la nota, «deve trasformarsi in occasione di riflessione per costruire insieme il cambiamento». Alle critiche il sindaco Federico Sboarina risponde puntando l'indice sul Pd: «Una bagarre solo per far dimenticare le volte che loro hanno scolorito le quote rosa. Basta vedere che, senza i riflettori delle campagne elettorali, il Pd ha indicato solo maschi per le nomine delle partecipate comunali: Consorzio Zai, Amt e collegio sindacale di Veronamercato e Solori». E continua: «Anche in Consiglio comunale, ancora uomini per il vicepresidente e il capogruppo, non avevano donne all'altezza? La parità di genere è buona solo quando serve a fare polemica, non quando va applicata».

Per Sboarina «la sinistra costruisce una speculazione priva di fondamento. Per Veronafiere», afferma il sindaco uscente e ricandidato della coalizione di centrodestra, «la regola è che, non essendo a controllo pubblico, le quote rosa non sono un obbligo, la composizione del Cda è libera come per qualsiasi Spa. Infatti, nel caso di Veronafiere, ognuno degli 11 soci ha individuato le competenze ritenute migliori». Alle critiche Sboarina replica che «la lista unitaria di tutti i soci, compresi i privati, è stata composta pensando all'interesse aziendale non ai consensi elettorali di qualche lobby e lo stesso vale per la tempistica: il rinnovo dei vertici è stato fatto adesso nel nome della continuità aziendale e dell'efficienza della società, che deve stare sul mercato nella ripresa post Covid e non può attendere i tempi della politica. Con buona pace di chi», conclude, «si frega le mani pensando alle lottizzazioni»..

Enrico Santi

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