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Colpa di caldo e animali selvatici

Zecche, allarme nel Veronese: tante e arrivate prima del tempo. A decine già al pronto soccorso

Nei prati e nelle aree boschive ombreggiate le zecche possono attaccarsi ai cani, ma anche alle persone
Nei prati e nelle aree boschive ombreggiate le zecche possono attaccarsi ai cani, ma anche alle persone
Nei prati e nelle aree boschive ombreggiate le zecche possono attaccarsi ai cani, ma anche alle persone
Nei prati e nelle aree boschive ombreggiate le zecche possono attaccarsi ai cani, ma anche alle persone

Inizia la stagione delle scampagnate e delle escursioni, magari in compagnia del proprio fedele quattro zampe. Ma attenzione. Dall’Ulss 9 arriva l’avvertimento: «Le zecche sono già in agguato, in anticipo di un paio di mesi». Colpa del clima troppo caldo; dell’abbandono delle «terre alte», che non vengono più falciate o dedicate al pascolo. Colpa - se così si può dire - dell’aumento di quegli animali selvatici, come i cinghiali, che pur non colpiti direttamente dalle zoonosi trasmesse dalle zecche, fungono da «vivai» e quindi da amplificatori per tali insetti. Tutti fattori che, negli scorsi anni, e in quest’ultimo in particolare, hanno acuito il pericolo rappresentato dalle zecche infette per la salute sia delle persone sia degli animali da compagnia, in primis i cani (ma anche i gatti), che frequentano boschi e prati non curati. Questo parassita brunastro, piccolo come una capocchia di spillo se in stato larvale, lungo fino a circa un centimetro da adulto, è potenziale vettore di patologie anche gravi: nell’uomo, la malattia di Lyme (o borreliosi) e l’ancor più temuta meningoencefalite da zecche (Tbe); nei cani la babesiosi.

Aumento La trasmissione avviene tramite la puntura di zecca, che nei Paesi europei è principalmente l’Ixodes ricinus, anche se altre specie non possono essere escluse L’ospedale di Negrar conferma: al Pronto soccorso, gli accessi di pazienti punti dall’insetto ematofago (che si nutre di sangue) sono insolitamente numerosi. Già 37 dall’inizio dell’anno. E nello specifico: uno a gennaio, uno a febbraio, uno a marzo, 11 ad aprile e ben 23 a maggio, «mentre, di solito, i primi casi cominciano a emergere all’inizio dell’estate», testimonia Flavio Stefanini, direttore del Pronto soccorso del Sacro Cuore. La chiave di lettura la fornisce Stefano Adami, direttore del servizio veterinario dell’ Ulss 9: «Il prolungato periodo di siccità invernale, unito all’esplosione del clima caldo già in primavera, ha creato le condizioni favorevoli al proliferare delle zecche, anticipandolo di un paio di mesi». «Ciò probabilmente permetterà a questi insetti di generare popolazioni più numerose nel corso dell’estate», spiega, «causando un aumento dei “morsi”. Perciò bisognerà porre particolare attenzione quando si andrà a passeggiare nei luoghi dove più spesso si annidano le zecche. Serve solo qualche semplice accorgimento, per gli umani e per gli animali domestici, per evitare la puntura».

Animali vettori Il serbatoio delle zoonosi veicolate dalle zecche è rappresentato dagli animali selvatici: mammiferi di piccole e medie dimensioni, come topi, lepri e volpi, talvolta da alcuni uccelli; gli ungulati, come caprioli, daini, cervi, camosci e cinghiali, fungono da diffusori e amplificatori della popolazione di zecche. Dunque ogni luogo frequentato da questi, e dove la vegetazione sia selvaggia, è da considerare a rischio. Protezioni «Si deve aver cura di proteggersi i piedi e le gambe con scarpe chiuse, calzettoni alti fino al ginocchio, o con pantaloni lunghi, prima di camminare fra l’erba alta o in un bosco, in collina come in montagna delle regioni del nord Italia», raccomanda Adami. «E per difendere il nostro quattro zampe, specie se a pelo lungo, va spruzzato l’antiparassitario specifico. Al canile sanitario di Verona abbiamo già iniziato la profilassi, proprio per il proliferare anticipato delle zecche». «Una volta rientrati dal giro, è sempre bene controllare se stessi, i bambini, e il cane», aggiunge Stefanini. «Contrariamente alla puntura di un’ape, che si avverte immediatamente, o di una zanzara, che dà prurito, il morso di zecca non si sente, perché con il rostro viene iniettato un anestetico. Succede, quindi che le persone si accorgano di “ospitare” una zecca a distanza anche di qualche giorno: magari perché, sotto la doccia, notano una macchiolina brunastra conficcata nella pelle, che è l’insetto stesso; o perché attorno alla puntura compare un arrossamento concentrico».

Lorenza Costantino

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