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L'intervista

Tommasi e l'autonomia: «Sì, se garantisce equità ed efficienza. Ma sotto la bandiera italiana»

Per la prima volta il primo cittadino di Verona parla del tema dell'autonomia
Damiano Tommasi
Damiano Tommasi
Damiano Tommasi
Damiano Tommasi

L’autonomia regionale? «Dovrà essere garanzia di efficienza, ma dovrà avere la bandiera italiana, non delle singole regioni». Dopo il via libera dato dal Governo al disegno di legge sull’autonomia, ma con l’opposizione contraria e il Pd pronto a mobilitarsi, il sindaco Damiano Tommasi, alla guida di una maggioranza di centrosinistra, pone dei paletti. Parlando per la prima volta dell’autonomia.


Sindaco Tommasi, qual è la sua idea sull’autonomia?
L’autonomia va legata all’efficienza, qualità e garanzia dei servizi ai cittadini. Se perde questo connotato il tema diventa scivoloso.
Perché?
Credo che sia giusto parlare di autonomia con la bandiera italiana, non tanto con quella delle singole regioni. Altrimenti si rischia di far passare un messaggio distorto rispetto a quello che dovrebbe avere questa possibilità offerta dalla nostra Costituzione.

 

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Che cosa intende, in particolare?
Se è vero che non c’è ingiustizia più grande che fare parti uguali tra realtà diverse, come diceva don Milani, è anche vero che abbiamo uno Stato garante di quello che sarà uno degli scogli più difficili da superare, cioè la determinazione dei Livelli essenziali delle prestazioni, i Lep.
Quali saranno i nodi, in questo senso?
Se si affronta il tema di quali sono i livelli minimi da garantire su ambiti come i diritti ai cittadini, serviranno approfondimenti. Quindi il terreno dell’autonomia è molto interessante ma servirà molta attenzione, perché c’è il rischio di non diventare più responsabili, ma più individualisti. Poi tanto conterà, al di là dei Lep, che l’efficienza e qualità del servizio diventino garanzia reale del servizio. Questa sarà la stella polare per capire dove dovrà andare la riforma.
Lei è sindaco da sette mesi. Ha già individuato ambiti nei quali servirebbe maggiore autonomia, a livello locale?
In questi sette mesi ho notato che la differenza la fanno sempre le persone, quindi non chi ha le competenze in determinati ambiti, in quanto istituzione, ma chi prende in mano le attività e come le porta avanti. Ho notato che alcuni aspetti gestiti a livello amministrativo comunale sono molto più lenti di come vengono gestiti a Roma. Quindi non sono la lontananza o la vicinanza, ma i livelli di responsabilità a fare la differenza. Certo è che la catena di trasmissione corta aiuterebbe molto a ottimizzare i processi, a rendere più veloci anche le risposte ai cittadini anche a livello locale.
Un esempio?
Adesso stiamo affrontando il Piano nazionale di ripresa e resilienza, una sovrastruttura ancora più ampia rispetto allo Stato e alle Regioni o alle Province. Tutti siamo contenti che il Pnrr esista e soprattutto in alcuni temi è l’unica possibilità per cambiare davvero le cose, con i finanziamenti ai progetti. Poi citerei la progettazione, costruzione e gestione delle infrastrutture.
Perché?
È un settore che va oltre la dimensione locale, ma che può diventare macchinoso se non gestito da persone con praticità e capacità di muoversi nelle procedure secondo una tempistica di intervento che deve essere efficace. Perché certi interventi esulano dalla politica e traguardano le amministrazioni, quindi vanno affrontati con una visione molto ampia che a livello locale si rischia di non avere.
Quindi lei intende dire che non basta avere maggiori risorse che restano sul territorio, ma che poi bisogna saperle gestire bene, altrimenti non serve averle?
Parliamo di trasporto pubblico locale. Al Tpl arrivano risorse dallo Stato tramite le Regioni. Ebbene, la Regione Lombardia raddoppia, di suo, la somma data dallo Stato, mente la Regione Veneto non mette un euro in più. Chiedo: con l’autonomia cambierà qualcosa, in questo settore strategico? Non lo so. Ripeto: non sono preoccupato dell’autonomia, ma che si festeggi con la bandiera del quartiere o della propria identità. L’autonomia, come dice la Costituzione, deve rinforzare il Paese.
C’è chi, come l’esponente del Pd Stefano Bonaccini, il presidente della Regione Emilia Romagna - che pure aveva chiesto l’autonomia, anche se non con il referendum come il Veneto e la Lombardia - contesta tra l’altro la possibilità che in Italia, con questo ddl, ci siano venti “istruzioni” diverse, tante quante sono le Regioni. Come commenta questa osservazione?
Intanto bisogna considerare se l’istruzione è un costo o un investimento. Anche qui, credo che sarà complicato avere i livelli minimi di prestazione, ma bisognerà arrivarci. Dall’altra parte il Paese deve investire su infrastrutture e insegnanti. Bisognerà rendere efficiente la presenza sul territorio in maniera stabile. Vedremo comunque, in generale, le richieste che faranno le singole regioni.
Teme la fretta, nella riforma? E ci saranno tante Italie?
No, e lo stesso presidente Zaia ha detto che siamo all’inizio del percorso, non alla fine. Temo solo che passi il messaggio sbagliato. E che si arrivi a pensare in maniera individuale e non collettivo..

Enrico Giardini

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