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Cucina italiana all’Unesco Anche Verona si fa avanti

Non solo cibo. Ma un insieme di pratiche sociali e abitudini, un rito collettivo di un popolo che concepisce il cibo come elemento culturale identitario. Dalla pizza al pesto, dai tortellini alle lasagne, e perché no, magari anche la pearà. Bologna, ad esempio, propone la sfoglia. La cucina italiana - dopo il riconoscimento della dieta mediterranea - è la candidata ufficiale del governo come patrimonio dell’umanità Unesco su proposta dei ministri dell’Agricoltura e Sovranità alimentare Francesco Lollobrigida e della Cultura Gennaro Sangiuliano, con la regia del veronese Gianmarco Mazzi, sottosegretario alla Cultura e responsabile del governo per quanto riguarda l’Unesco. Il dossier sarà inviato entro il 31 marzo a Parigi e il bureau deciderà se la candidatura ufficiale italiana al riconoscimento «immateriale» Unesco sarà discusso nel 2024 o, più probabilmente, nel 2025. Tra storia e tradizione Mazzi ha firmato la candidatura decidendo di scommettere su una delle realtà iconiche del nostro Paese. «La cucina italiana fa parte della nostra storia ed è un patrimonio per 60 milioni di italiani che vivono nel Paese, per 80 milioni di italiani e loro discendenti che vivono al di fuori dei nostri confini oltre che per tanti stranieri che amano e si ispirano allo stile di vita italiano», commenta Mazzi. «Da gennaio ho preso in mano le varie candidature a patrimonio dell’Unesco, materiale o immateriale, e su questo darò delle linee guida per spingere su quelle realtà che coinvolgono le persone e che fanno davvero parte della nostra tradizione», con la cucina messa subito in primo piano. «Ci ho creduto fin da subito, era una proposta ferma da un po’ e ai margini ma doveva essere sostenuta, per tutto quello che rappresenta per il nostro Paese», prosegue il sottosegretario. «Ora l’obiettivo è fissato al 2025 quando probabilmente verrà esaminata questa candidatura: due anni in cui si potrà e si dovrà parlare della nostra cucina, c’è stato un endorsement pazzesco da parte di tutti gli chef più importanti, da Bottura a tutti gli altri, credo che abbiamo colpito nel segno e adesso tutti insieme dobbiamo spingere al massimo». A promuovere la candidatura sono tre comunità di riferimento come l’Accademia italiana della Cucina, istituzione culturale della Repubblica fondata nel 1953 da Orio Vergani, che vanta oltre 80 sedi all’estero, 220 in Italia e più di 7.500 accademici associati, con la Fondazione Casa Artusi, fondata nel 2007 con il fine di promuovere “la cucina di casa italiana” come declinata da Pellegrino Artusi sin dalla seconda metà dell’Ottocento e infine La Cucina Italiana, fondata nel 1929, la più antica rivista gastronomica al mondo, ancora in edicola. «A volte forse non ci rendiamo conto di quello che abbiamo e di cosa siamo capaci di fare», sottolinea ancora Mazzi, «rischiamo quasi di essere autolesionisti e di non valorizzare abbastanza i nostri prodotti e i nostri talenti, che invece questo governo vuole spingere al massimo». Anche la pearà Si parla di tortellini e di lasagne, di cacio e pepe piuttosto che di pizza. Nel dossier ci sono anche le sfogline di Bologna ma anche Verona punta ad un ruolo da protagonista. E c’è un piatto tipico veronese che potrebbe entrare tra le eccellenze delle cucina italiana? «Io amo molto la pearà», sorride Mazzi, «che davvero potrebbe uscire dai confini locali, magari grazie all’estro degli chef più importanti. Penso a Giancarlo Perbellini, probabilmente il nostro più illustre rappresentante dell’alta cucina, anzi lo invito a proporre un’interpretazione della pearà di un certo livello, gli stessi cuochi hanno un potere enorme di trascinare l’interno comparto culinario, anche in ottica della candidatura a patrimonio dell’Unesco». Dall’Italia all’Europa il concetto non cambia. «Promuovere la cucina italiana significa promuovere la qualità», il pensiero dell’europarlamentare Paolo Borchia. «Questa iniziativa servirà a valorizzare le nostre regioni e la loro tipicità, consolidare l’apprezzamento della nostra cucina a livello mondiale. Solo un governo di centrodestra poteva lanciare questa candidatura che rappresenta il giusto riconoscimento ai nostri prodotti, alle eccellenze locali che nulla hanno a che vedere con l’omologazione che piace all’Unione europea. Come Lega continueremo a batterci contro farine a base di tarme, latte che non deriva dalla mucca, etichette su cibo che mettono in difficoltà il settore agroalimentare. Con prodotti made in Italy, la creatività dei nostri cuochi e le nostre tradizioni non c’è partita: andiamo a vincere». •.

Luca Mazzara

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