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Corte Molon è salva tra polvere e cenere «Protetti dal muro»

Terra bruciata Una parte della distesa d’erba nei pressi di Corte Molon divorata dalle fiamme FOTOSERVIZIO  MARCHIORICenere Paolo Fabretto in uno dei luoghi in cui l’incendio si è diffuso
Terra bruciata Una parte della distesa d’erba nei pressi di Corte Molon divorata dalle fiamme FOTOSERVIZIO MARCHIORICenere Paolo Fabretto in uno dei luoghi in cui l’incendio si è diffuso
Terra bruciata Una parte della distesa d’erba nei pressi di Corte Molon divorata dalle fiamme FOTOSERVIZIO  MARCHIORICenere Paolo Fabretto in uno dei luoghi in cui l’incendio si è diffuso
Terra bruciata Una parte della distesa d’erba nei pressi di Corte Molon divorata dalle fiamme FOTOSERVIZIO MARCHIORICenere Paolo Fabretto in uno dei luoghi in cui l’incendio si è diffuso

Terra bruciata. Odore acre, polvere e ceneri ancora sospese. Un filo di fumo si alza da un cespuglio. «Poi ripasso con un secchio d’acqua e lo spengo», dice Paolo Fabrello, titolare con la moglie Flora Spiazzi della «Horse Valley» in Corte Molon. Indica dal finestrino dell’auto due punti, distanti un paio di centinaia di metri l’uno dall’altro. «Un focolaio è partito da qui», spiega. Accelera, in mezzo al tappeto nero di erba arsa. Ripete il gesto: «L’altro era qui, a ridosso del muro. Strano, no? Due luoghi di innesco diversi. Senza contare come, il giorno prima del rogo, vi fosse stato già, qui vicino, un principio di incendio, domato dai Vigili del Fuoco». Solo un sospetto, senza conferme per ora. I dati di fatto potrebbero emergere da un’eventuale indagine tecnica. Anche se un «jogger» di passaggio, senza nome, lascia cadere una frase al volo: «Due volte in ventiquattr’ore... L’altro ieri (due giorni fa, ndr) le fiamme erano lì». Fa un segno con la mano e sparisce dietro una curva. Tracce «Hanno rovinato i “miei“ campi», sbotta Elisa, impiegata in una vicina ditta di legnami. Distratta dal cellulare, l’ombrello tra le mani per parare una pioggia che neppure bagna asfalto e sterrati, guarda con stupore la distesa nera, «disegnata» dai viottoli che, in qualche misura, hanno rallentato o deviato le fiamme. L’area del Parco dell’Adige non ha sofferto particolarmente. I vigneti a ridosso delle stradine sono intatti, perché il rogo ha trovato alimento soprattutto nell’erba, non alta ma secca. «Una fortuna nella sfortuna», osserva Paolo Fabrello. Corte Molon non è stata toccata. «Tanto spavento, ma i bambini sono tornati tutti», conferma la moglie Flora. Infatti giocano, senza pensieri. Nella corte l’unico segno percepibile dell’incendio resta l’odore d’erba e terra bruciate. Ma ci vorrebbe una vera pioggia per lavarlo via. Deserto. Il giorno dopo «è tutto ok». «Abbiamo solo dovuto spostare un po’ di materiali, tutto è stato bagnato dagli idranti in azione», racconta Paolo Zanetti, titolare di una falegnameria che produce arredi su misura. «Il fronte del rogo veniva da Sud, poi il vento l’ha fatto girare. I Vigili del Fuoco si sono collegati anche con il nostro “manicotto“ antincendio ma, tutto sommato, non abbiamo avuto problemi», aggiunge Luca Biasi, proprietario della Sider Color Veneta in via Preare, azienda specializzata in verniciature industriali. Le fiamme sono state fermate a ridosso di un terrapieno, a poche decine di metri. Se fossero passate oltre per alcune industrie, case e un impianto di rifornimento della zona il rischio sarebbe salito al massimo livello. Nella distesa di (ex) prateria, ora ridotta ad un tappeto nero, resta qualche piantina verde. «Alla fine tutto questo concimerà la terra, la natura alla fine è sempre in grado di riprendersi», osserva Enzo Tommasi, residente nella zona, in sella allo scooter. «Sono passato di qui per verificare la situazione», spiega. Indica le strisce di sterrato non intaccate tra un vigneto e il campo incolto. «Probabilmente», aggiunge, «hanno rallentato le fiamme, aiutato a “tagliare il fuoco“». Deserto Il rogo, l’ultimo almeno, sarebbe partito da due punti differenti. «Quando ho avvistato il fumo mi sono precipitato qui», mostra Paolo Fabretto. «Ma il focolaio era anche da un’altra parte». Il complesso di Corte Molon è stato solamente sfiorato: «Il muro di cinta ci ha protetti». L’acqua per le operazioni di spegnimento è stata attinta anche dalle prese idriche della piscina di una villetta a ridosso dei campi. I nuclei antincendio della Protezione civile di Marano di Valpolicella, Sant’Ambrogio e Fumane hanno lavorato, per «rifinire» l’opera dei Vigili del Fuoco, fino alla tarda nottata di martedì. La piccola auto si fa strada tra i viottoli, seguendo la linea del fuoco in una nuvola di polvere e cenere. L’aria non si muove. «Il vento è stato, in realtà, il grande protagonista nel diffondersi del rogo», confermano all’unanimità i testimoni. Intaccata dalle fiamme anche la «barchessa» di Corte Marini, anneriti i campi intorno. Dove rimane, solitario, uno spaventapasseri, a poca distanza da una vecchia sedia abbandonata. Alberi Erba gialla, ancora polvere. E cipressi segnati dalle fiamme. «Questo è un posto magico, per me. Ma la siccità e l’incendio di ieri (martedì, ndr) l’hanno segnato, lo vivo come un danno personale», racconta Sara Giuliani, 34 anni. Corsa finita, si è appena rinfrescata alla fontanella del Percorso della salute sui Bastioni, a ridosso degli Orti di Spagna: «Cinque chilometri tutti i giorni, nonostante il caldo», sorride. «Ma che tristezza, non pare lo stesso luogo che frequento da anni, che è un po’ “mio“. Questa stagione è balorda. Il guaio? Tutto questo, in parte, ce lo siamo voluto». Polvere e cenere, anche qui, tra sportivi irriducibili ed anziani in passeggiata. Un timido tentativo di pioggia serve solamente per ricordare le stagioni che c’erano una volta.•. © RIPRODUZIONE RISERVATA

Paolo Mozzo

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