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Il dibattito e i dati

Centro per cambiare sesso, a Verona operati già in 70. In cura in 243, anche minorenni

Si può, per legge, con l’autorizzazione del tribunale, dopo cure ormonali e terapia psicologica di supporto, ottenere il cambio dell’identità di genere sui documenti e, se vuole, completare l’iter con l’intervento chirurgico
A sinistra, il prof. Roberto Castello
A sinistra, il prof. Roberto Castello
A sinistra, il prof. Roberto Castello
A sinistra, il prof. Roberto Castello

Se nell’azienda ospedaliera universitaria di Padova la Regione ha individuato la sede per realizzare il Centro di riferimento del Veneto per la cura della disforia di genere, è in Aoui a Verona che da diversi anni opera un team coordinato dal dottor Roberto Castello, endocrinologo, con 243 persone in cura per la «rettificazione di attribuzione del sesso», di cui una settantina già operate.

Il genere, che in grammatica è maschile o femminile, in natura non sempre è una caratteristica così definita e succede che «la persona che ha una persistente identificazione nel sesso opposto a quello biologico, cioè a quello assegnato anagraficamente alla nascita», spiega Castello, «può per legge, con l’autorizzazione del tribunale, dopo cure ormonali e terapia psicologica di supporto, ottenere il cambio dell’identità di genere sui documenti e, se vuole, completare l’iter con l’intervento chirurgico».

Settanta chirugie

Al Confortini In ospedale a Borgo Trento, Castello con la dottoressa Francesca Pellini che si occupa di chirurgia del seno e il professor Valentino Bergamini (ginecologo), ha coordinato una settantina di chirurgie di demolizione di organi sessuali non voluti. «Solo pochi soggetti, una volta presa la decisione di togliere, proseguono con la fase ricostruttiva», spiega il medico, «perchè togliere, per quanto sia sempre un atto medico complicato, è più semplice del ricostruire ciò che manca. Statisticamente sono più le donne che si sottopongono alla transizione chirurgica con l’asportazione di seno, utero e ovaie invece che il contrario. Con le terapie ormonali e in sala operatoria», precisa, «cuciamo un abito su misura addosso a chi, nato uomo, si sente donna e, viceversa, a chi viene al mondo femmina e si ritrova incastrato in un corpo in cui non si riconosce, vivendo la grande sofferenza provocata dalla disforia di genere». 

Amab e Afab, cosa sono

A Verona 243 in cura Castello è dal 2014 che si occupa di soggetti Amab e Afab, «è più corretto chiamarli così», spiega. Sono gli acronimi di Assigned male at birth e Assigned female at birth cioè «assegnato maschio o femmina alla nascita, sulla base degli organi genitali esterni, femminili o maschili. Negli ultimi 10 anni di strada ne è stata fatta tanta», racconta, «anche se culturalmente la società non è ancora pronta a confrontarsi con serenità, senza pregiudizi, sul tema.

Le carriere "alias", per dire, dentro alla scuola sono un percorso faticoso e fonte di tanta sofferenza per i giovani che seguiamo nel nostro centro. Ne abbiamo due di 17 anni sui 243 che seguiamo, sostenuti dai genitori che sono altrettanto supportati dagli psicologi, perchè da soli non ce la possono fare. Quando si tratta di minori, il percorso coinvolge tutta la famiglia», ricorda il medico, «che deve essere supportiva per evitare tragedie dagli esiti drammatici di cui, purtroppo, leggiamo ogni tanto sui giornali». E riflette, Castello: «È inutile far finta che quella della incongruenza di genere non sia una realtà e che, chi nasce in questa condizione, non abbia la necessità di sistemare lo “scherzetto“ che gli ha fatto la natura. Sbagliato farne un tabù o, come sento in giro, dire che è una malattia, peggio una devianza, addirittura qualcuno parla di moda, di vezzo. Evidentemente c’è tanto ignoranza sul punto ma basta informarsi per accorgersi che in natura succede, che non deve far paura e che non rappresenta un pericolo per nessuno, men che meno per la morale comune. Qua non si tratta di essere buoni o cattivi», sospira l’endocrinologo, «ma di una reale urgenza sanitaria, tanto che c’è una legge dello Stato del 1993 che stabilisce che consulenza, accertamenti, assistenza psicologica e trattamento chirurgico siano erogati dal Ssn e che indica l’esigenza di individuare strutture pubbliche in grado di garantirli».

La delibera

La legge che disciplina «la rettificazione dell'attribuzione di sesso» in Veneto è già stata oggetto di un fallimento: nel 2017 la Regione aveva approvato la realizzazione del Centro nel policlinico privato-convenzionato di Abano Terme. Era già tutto pronto, c’erano già anche i soldi stanziati (200mila euro l’anno) ma non se n’è fatto nulla per divisioni interne nella maggioranza del presidente Zaia. Stavolta invece, anche posizioni di netta chiusura come quella dell’assessore Donazzan (Fdi), si sono addolcite e a Palazzo Balbi il documento è passato all’unanimità.

«Il Centro sarà realizzato nella struttura di via Modena», spiega Giuseppe Dal Ben, direttore generale del Policlinico di Padova, «che già ospita la Medicina della Riproduzione. In settimana presenteremo a Venezia il progetto esecutivo: il gruppo di lavoro multidisciplinare è già individuato, perchè non nasce dal nulla, sono una quindicina di specialisti coordinati dal dottor Andrea Garolla che già, da anni, seguono persone da tutta Italia».Camilla Ferro

Camilla Ferro

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