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L'emergenza

Caldo e siccità, manca l'acqua ma nessuno la cede. Scontro Zaia-ministro

Caldo a Verona e Adige in secca (foto Marchiori)
Caldo a Verona e Adige in secca (foto Marchiori)
VERONA CALDO GIUGNO 2022 (FOTO MARCHIORI)

Siccità: è polemica aperta fra Regione e Governo. Ieri pomeriggio, parlando al Blue Forum Network di Gaeta, Stefano Patuanelli, il ministro alle Politiche agricole, ha affermato: «Credo sia inevitabile dichiarare uno stato di crisi, visto che abbiamo intere aree del Paese ed europee che non vedono pioggia da mesi».
Immediata la reazione del presidente della Regione Luca Zaia: «Se il Governo ci avesse dato retta, adesso staremmo già risolvendo i problemi. Già il 21 aprile avevo inviato una lettera al Presidente del Consiglio, Mario Draghi, e al Capo dipartimento della Protezione civile, Fabrizio Curcio, nella quale chiedevo di valutare la dichiarazione dello stato di emergenza», spiega Zaia. Aggiungendo che si sarebbe trattato di un passaggio finalizzato a realizzare una gestione sovraregionale della crisi idrica e a ottenere l’erogazione dei fondi necessari per gli interventi urgenti. Secondo il presidente regionale, insomma, «si poteva agire prima». «Speriamo non sia troppo tardi», dice. Intanto, ogni ora che passa senza pioggia rende più seria l’emergenza. La siccità e il grande caldo stanno infatti avvicinando in maniera drammatica il punto di non ritorno e, nel frattempo, si allarga lo spettro delle situazioni conflittuali legate all’utilizzo delle poche risorse idriche esistenti.


Le difficoltà degli acquedotti In tutto il Veronese le falde sotterranee sono le prime sorvegliate speciali di questo periodo. Secondo i dati più recenti, quelli contenuti nel bollettino di Arpav che fotografa la situazione delle risorse idriche al 15 giugno, i “livelli sono pari o inferiori ai valori minimi del periodo”.

Il che significa che essi sono paragonabili a quelli degli anni più siccitosi dell’attuale secolo. In particolare a quelli della stagione eccezionalmente arida del 2003. Questo non significa, comunque, che l’approvvigionamento delle reti pubbliche sia, almeno per ora, a rischio. Non lo sono dove opera Acque Veronesi, in 77 Comuni che vanno dalla Lessinia alla pianura. L’unico municipio in cui si registrano problemi è infatti San Giovanni Ilarione, dove ogni settimana deve essere portata l’acqua con autobotti. E non ci sono problemi ad oggi neanche nei venti Comuni dell’area lacustre serviti da Azienda gardesana servizi.
Dappertutto, però, per cercare di prevenire l’insorgere di criticità i sindaci sono stati invitati ad adottare ordinanze volte a limitare usi impropri dell’acqua che esce dai rubinetti. Quelle stesse ordinanze che negli anni scorsi venivano pubblicate in piena estate e hanno dovuto essere anticipate a causa dell’eccezionalità della situazione.


L’allarme agricoltura Quindici giorni. Secondo chi si occupa della gestione delle acque per l’irrigazione, questo è il termine entro il quale si decideranno le sorti della stagione agricola nel Veronese. Ovvero, o piove, oppure si potrà dire addio ad una parte consistente della produzione. Perché, purtroppo, non c’è alcun piano B al quale poter fare ricorso. Secondo Arpav, in Veneto nella prima metà di giugno è caduto un terzo della pioggia attesa a fine mese, con una particolare penuria d’acqua nel Basso veronese. Fra le conseguenze della mancanza di precipitazioni c’è il basso livello dei fiumi. L’Adige, dal quale dipende l’irrigazione in tutta la nostra provincia, il 15 giugno aveva una portata inferiore di ben il 58% rispetto alla media storica. “La situazione è ben più a rischio di quanto non dicano i numeri ufficiali”, afferma, peraltro, Andrea Crestani, il direttore della sezione veneta dell’Associazione nazionale della bonifica italiana. “Già adesso non viene erogata tutta l’acqua che sarebbe necessaria, ma, se non piove, fra 15 giorni sarà l’irrigazione nel suo complesso che non potrà più essere garantita”, afferma.

Vaporizzatori in piazza Bra (video Perbellini)


Adige e Garda: i possibili conflitti L’Adige è l’oggetto dei desideri di tanti. Le sue acque vengono usate a Nord per alimentare le centrali idroelettriche, nel Veronese per l’agricoltura e nel Polesine per usi idropotabili. Tutto questo va fatto garantendo che ci sia alla foce una portata tale da evitare la risalita dell’acqua salata. Nei momenti di siccità già in passato c’erano state fra veneti e trentini tensioni sull’utilizzo dell’acqua. In pianura l’acqua serve per irrigare campi, in Trentino Alto Adige se la vogliono tenere per le centrali. Tutti la vogliono, per tutti ora non ce n’è. Le tensioni si sono ripetute in queste settimane, col Veneto che ha rimarcato che va data priorità agli usi irrigui e idropotabili. Alcune settimane fa è stato istituito un tavolo tecnico fra la nostra Regione e le Province autonome di Trento e Bolzano per stabilire regole comuni. Sinora, però, non s’è visto alcun risultato concreto.
Altro tema in primo piano è quello del lago di Garda. Anzi, dell’acqua che da esso, tramite la diga di Salionze, viene fatta arrivare nei canali irrigui del Mantovano e nel Po. Attualmente vengono derivati 65 metri cubi al secondo, ma l’autorità di bacino del più grande fiume italiano ne vorrebbe di più, per cercare di compensare, in parte, il drammatico calo di portata in atto. «E’ vero che il Garda è l’unico bacino che abbia acqua, tanto che adesso siamo a 80 centimetri sopra lo zero idrometrico, però aumentare la derivazione significherebbe trovarci presto con gravi problemi, di navigazione, approvvigionamento degli acquedotti e altro, senza risolvere i problemi, visto che il Po necessità di quantità ben più rilevanti d’acqua», afferma Filippo Gavazzoni, il vice-presidente della Comunità del Garda. «Quanto sta accadendo dimostra che è necessario rivedere le concessioni e realizzare un piano volto a evitare gli sprechi, ad esempio con sistemi di irrigazione innovativi», conclude Gavazzoni.

 

 

 

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