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Bullismo, i piani delle scuole «Dialogo con le famiglie»

Pestaggio Un ragazzino preso di mira dai coetaneiDisagio Due giovani seduti sullo schienale di una panchina
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Il bullismo è un fenomeno diffuso da sempre nelle scuole, tuttavia ora se ne parla di più per sensibilizzare e cercare di arginare il fenomeno. La legge che lo contrasta c'è. Ma alcuni ragazzi non se ne rendono conto, prendono tutto come un gioco. E così per un dodicenne della nostra provincia è diventato un dramma andare a scuola, dopo essere stato preso di mira da alcuni compagni che lo hanno offeso e maltrattato a causa del volto deturpato alle ferite riportate in un incidente stradale. Gli «scontri» nell'ambito della convivenza tra ragazzi sono aumentati. Da una recente ricerca dell'Osservatorio nazionale bullismo e disagio giovanile si evince che tra i bersagli preferiti dai bulli ci sono prevalentemente l'aspetto fisico ed eventuali disabilità, l'orientamento sessuale, le origini o l'etnia. I più vessati sono gli adolescenti nella fascia d'età tra gli 11 e i 16 anni. C'è stato in particolare un incremento dei casi che vengono definiti sporadici, cioè non caratterizzati da una continuità degli atteggiamenti aggressivi. Ma il problema rimane. Per prevenirlo la Prefettura e l'Ufficio scolastico provinciale hanno dato vita a un protocollo per accrescere nei giovani la cultura della legalità e la conoscenza e il rispetto delle regole. E qualche mese fa, sempre in seno al Provveditorato, è nata la Rete S.p.p.e. per il supporto psicologico, pedagogico ed educativo che si attiva con consulenze e interventi di vario genere su segnalazione degli istituti. Con l'introduzione della figura – obbligatoria in ogni scuola – del referente per il bullismo e il cyberbullismo, anche singolarmente gli istituti possono mettere in piedi piani di prevenzione e di contrasto al fenomeno. Come quello attivato nell'istituto comprensivo di Borgo Santa Croce, dove un team che si occupa stabilmente di questi aspetti è sceso in campo con iniziative rivolte sia agli alunni sia ai genitori, anche in collaborazione con le forze dell'ordine, dopo aver saputo di alcuni gruppi di minori che giravano per il quartiere e incutevano timore. «Ci siamo attivati a seguito di alcuni episodi che si erano verificati nella nostra zona, organizzando incontri di sensibilizzazione con esperti che spiegassero anche come la scuola e le famiglie possono collaborare per finalizzare i comportamenti dei ragazzi», spiega la dirigente scolastica Margaret Bigardi. «Collaboriamo con Ca' Dotta, una realtà che sviluppa percorsi e laboratori per il benessere psicofisico e la prevenzione del disagio in convenzione con la Regione del Veneto e la Ulss 7 Pedemontana. E la Fondazione San Zeno finanzia nella nostra scuola uno sportello di counselling che funziona per alunni, genitori e insegnanti. Pensiamo che tutto questo sia servito per contrastare l'ingresso nei nostri plessi di quei fenomeni che erano capitati all'esterno». Un'altra buona pratica ci è stata segnalata all'istituto comprensivo di Bosco Chiesanuova, diretto da Alessio Perpolli, che è anche il referente dei dirigenti scolastici del primo ciclo d'istruzione. Qui è stato creato alcuni anni fa un protocollo denominato «Ferma il bullo», con una commissione ad hoc che valuta ogni segnalazione e di cui fa parte anche un legale. «Il protocollo», spiega Perpolli, interpellato, «si rifà alla certificazione Iso 9002 utilizzata dalle aziende private per la certificazione delle procedure di qualità. Abbiamo fatto un percorso di formazione che ci ha permesso di strutturare e istituzionalizzare delle procedure che oggi sono conosciute da tutti i ragazzi, i docenti e le famiglie». Le segnalazioni arrivano, dice il dirigente, ma la stragrande maggioranza si riferisce a difficoltà di relazioni tra i ragazzi. «Spesso si definisce bullismo ciò che in realtà non lo è. A ogni modo, questo protocollo è per noi fondamentale per far emergere eventuali disagi e intervenire nel contesto scolastico». In questo contesto, come spiega Mario Bonini, dirigente dell'educandato Agli Angeli e referente dei presidi del secondo ciclo, si risolve la gran parte delle manifestazioni di aggressività tra ragazzini. «Tra adolescenti capita che scappi una parola di troppo, l'insulto, lo spintone. Alla loro età possono far fatica a gestire l'aggressività, come succede, ahimè, anche a tanti adulti. Nulla di tutto ciò è giustificabile e infatti la scuola interviene sempre, è attrezzata per farlo e il personale è formato per gestire queste situazioni. Di fronte a un caso isolato basta una nota, un rimprovero o un confronto. Se la situazione è reiterata nel tempo, diventa bullismo, che si definisce tale nel momento in cui c'è una persecuzione continua. Allora la scuola si muove coinvolgendo tutte le parti in causa. Le questione riguarda soprattutto le famiglie e le dinamiche sono complesse. C'è chi capisce e collabora, chi non ammette e crea resistenze, chi fa opposizione».•.

Laura Perina

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